Nostra intervista al consigliere Giovanni De Luca, delegato al marketing territoriale per il Comune di Novoli
Nell’approsimarsi dei solenni festeggiamenti in onore ed a devozione di Maria Ss. del Pane, previsti nei prossimi 20, 21 e 22 luglio, Paisemiu.com propone all’attenzione dei suoi lettori, alcuni contributi offerti da chi, in questa circostanza, si adopera per la buona riuscita della festa: dall’Amministrazione Comunale, al Comitato Festa, al Parroco.
Questo percorso di approfondimento, culminerà nel Workshop in programma a Novoli il prossimo 19 luglio sul tema: “NOVOLI, realtà attuale e futura identità nel solco della Tradizione”, di cui daremo ampia ed opportuna visibilità a tempo debito.
Intervistiamo il consigliere Giovanni De Luca, che ringraziamo per la cortese disponibilità ed al quale rendiamo il giusto merito per l’impegno profuso in questo periodo relativamente alla buona riuscita degli eventi civili e culturali previsti nel calendario delle celebrazioni mariane.
Consigliere De Luca, abbiamo sul nostro tavolo di confronto le linee politiche di un percorso cominciato quasi dieci anni fa quando Lei era Assessore alla Cultura. In questo carteggio tanto lavoro, tante esperienze, un nuovo modello di concepire il territorio e le sue radici culturali e sociali. Ce ne parli.
L’anno prossimo possiamo tracciare le conclusioni di un decennio di lavoro, che è stato mio in quella esperienza amministrativa che andò dal 2001 al 2004, carica di nuovi e non pochi contenuti, e poi di altri quando quell’esperienza si interruppe. Nei primi anni del duemila pensai che bisognava passare dalla festa all’evento per favorire nuovi flussi turistici. A tal fine saranno importantissime le prossime due feste Patronali, ossia la “Madonna del Pane” e, a gennaio, S.Antonio Abate, per chiudere un cerchio durato 10 anni. Ad aprile 2004 mi convinsi che bisognava ridisegnare il ruolo di un intero Comune che aveva l’obbligo di interrogarsi sulla sua vocazione, quella che è stata Novoli in passato, quella che è nel presente, cosa sarà nel futuro. Lo dobbiamo alle prossime generazioni. Per far questo pensai che bisognava “studiare” lo stato di salute del nostro paese, e riflettere su cosa “festeggia” nei momenti di massimo incontro di una intera comunità. Le due feste Patronali appunto.
Lei scriveva: “si ha bisogno di una nuova forma di sviluppo del territorio che parta dalla rimodulazione delle feste patronali e dei riti popolari ad esse collegate, che parta dalla salvaguardia delle tradizioni e delle risorse umane e che sia da sintesi al lavoro quotidiano di una comunità cittadina”. Allora si parlò di atto amministrativo inedito perché?
È così. Si partì dall’ideazione di linee guida intorno alle quali si sarebbe dovuto formare uno staff tecnico, sulla base di uno schema prestabilito, l’anticamera della “Fondazione Focara”. Si diede vita all’analisi del vissuto delle due manifestazioni e del recupero della loro memoria storica, alla salvaguardia e valorizzazione delle stesse, alla costruzione di un rapporto costante e di sostegno reciproco con le realtà produttive locali, allo sviluppo più armonico e qualificato. Una fitta rete quindi, che avrebbe dovuto interagire in campi diversi in materia di politiche culturali, folkloristiche e turistiche, che allora era il mio campo d’azione Istituzionale ma che interagiva con altri assessorati, le attività produttive: commercio, artigianato e agricoltura. Allora si parlo di atto inedito perché si mirava a rivedere il ruolo del comitato festa, si ribadiva la necessità di avere un nuovo strumento, poi individuato nella Fondazione; di capire il senso di una festa Patronale e del messaggio di simboli e riti in essa contenuti.
Ci sono voluti quasi dieci anni?
Ci sono voluti quasi dieci anni perché a guidare questo processo amministrativo è stato l’attuale Sindaco Oscar Marzo Vetrugno, che è una persona dotata di cultura, intelligenza e capacità. Ci fosse stato qualcun altro a mio parere ne sarebbero serviti di più. I tempi di riscatto di una comunità, quando la stessa entra in crisi sono lunghi, ciclici ed epocali.
Quale dovrebbe essere il significato delle feste in particolare quella che ci accingiamo a vivere in questo prossimo fine settimana.
Innanzi tutto capire il messaggio inquadrandolo in un disegno “divino”. Il “pane ed il vino”, in quello mariano. sembra la canzone di Sergio Cammariere “il pane, il vino e la visione”; noi abbiamo anche il credo nella visione che è Maria che appare alla giovane Giovanna, ragazza di poca cultura e porgendole il pane, uno dei simboli maggiori nella cultura dei popoli e della nostra religiosa, salva con il Corpo di Cristo, Novoli dalla pestilenza. Il vino, il Sangue che, attraverso i grappoli d’uva, Novoli eleva a stemma di una intera comunità. Non ci dobbiamo inventare nulla. La nostra missione futura è nel nostro passato. l’agricoltura, è il destino di questa terra. Pensando poi di dover riconvertire il commercio.
Ciò significa che dobbiamo fare cosa?
Ciò significa che dobbiamo pensare solo a “difenderci” dai processi di globalizzazione. Dobbiamo difendere il “glocale”, comprare prodotti a Km zero e comprare nell’arco di Km zero. Ecco perché portiamo in piazza Coldiretti. I soldi, i pochi che ci sono, devono girare in loco. Se non facciamo questo siamo destinati a perire, all’emigrazione di giovani ed intere famiglie poiché c’è un quarto e quinto mondo che spinge verso l’occidente apparentemente evoluto.
Ma questo non isola? Non ci fa chiudere in lembo di terra già isolato di per sé che confina solo con il mare?
Basta ed avanza. I popoli da che mondo e mondo vivono e sopravvivono con quello che hanno; in alternativa partono verso nuove conquiste o vengono conquistati. Noi dobbiamo conquistare. Con la nostra missione culturale che è il nostro retroterra di gente pacifica e laboriosa. Il frutto del nostro lavoro, in agricoltura, nel commercio, nell’artigianato che va salvaguardato e sostenuto, devono essere inseriti in senso “glocale”, nei più ampi processi della globalizzazione. Devono guardare al mondo. All’interesse che altri popoli ed altre culture possono avere nel conoscerci, nell’interessargli, nel portarli anche ad immaginare che qui possono venire e trovarsi bene, in un territorio abbastanza incontaminato. Qui serve la politica e su questo ho perplessità, non sul resto del mio impianto progettuale, del NOSTRO impianto progettuale e quando dico nostro mi riferisco a questa amministrazione ed alle forze politiche che la compongono.
Quindi commercio, agricoltura, artigianato?
Ed enogastronomia, inseriti in percorsi di turismo anche religioso trecentosessantacinque giorni l’anno. Se a luglio parliamo di centralità dell’estate, con la nostra festa, i non pochi servizi ricettivi di qualità B&B, che vanno potenziati e sostenuti, finanziati, aggiornati e inquadrati, a gennaio con la Focara parliamo di destagionalizzazione dei flussi turistici. Ma il nostro turismo deve esistere anche ad aprile e fino ad ottobre. Le masserie fortificate delle nostre campagne esistono perché da sempre nei secoli, ricchi possidenti venivano qui, da Firenze, dal Regno di Napoli per soggiornare e fare cure grazie all’aria salubre. Allora non avevamo pensato ancora a Cerano e all’Ilva !!!!
Ecco appunto: e l’Industria? La zona Industriale non rientra nei piani di sviluppo di Novoli?
La nostra non è una terra vocata alla grande industria, io credo nelle zone artigianali, nel piccolo e medio commercio, nel turismo, le industrie le vadano a fare nel cuore dell’Europa dove il trasporto delle merci è più rapido e costa meno. Volevano fare industria nel Salento e non abbiamo né porti né aereoporti. Come le trasferiamo le merci? Sulle spalle?
Cosa potrebbe offrire Novoli?
Le sue competenze e le sue specificità. Io sostengo e non da oggi, che si deve riprendere a vinificare e farlo di qualità come fanno le aziende già esistenti a Novoli. con un occhio di riguardo ai vini rossi, soprattutto ai primitivi, ai rosati, al moscato e non solo al moscato passito, perché abbiamo un terroir d’eccezione. Il nostro terroir, nella Valle della Cupa è interessante. Non lo possiamo abbandonare. Per il commercio e l’artigianato il discorso è certamente più complesso. C’è una intera economia ed il tessuto sociale di Novoli da riconvertire e da ricostruire. Non ce la possiamo fare da soli, dobbiamo avere l’umiltà di chiedere una mano all’Università di Lecce ed alla Camera di Commercio. Ecco perché il work shop di venerdi prossimo. Per cominciare a riempire di contenuti le scatole che abbiamo ristrutturato, sia quelle strutturali che quelle ideali.
Lei parlava di ricezione: dov’è l’accoglienza degli eventuali turisti?
A casa mia, a casa sua se ne abbiamo piacere. E non scherzo, chi vuole “conoscere” il Salento, le radici storiche e le culture delle sue genti deve venire nelle nostre case, i B&B, per vivere con noi. Solo così gli possiamo spiegare che qui la nostra gastronomia non è specializzata nella ricerca come i brindisini ed i baresi, per citare degli esempi. Lei lo sa che nel Salento abbiamo zero stelle Michelin? La nostra è una cultura gastronomica povera, de “ciciri e tria”, de friseddhe spunzate e condite con olio delle nostre piante, sale e prummitori te corda; cose semplici, povere, ma allo stesso tempo genuine. La nostra dieta mediterranea viene studiata in tutto il mondo. Sono forte del mio passato e lo devo preservare. Di questo dobbiamo raccontare a chi, dall’altra parte del mondo, ha sentito parlare di un lembo di terra meravigliosa che si chiama Salento, che è entroterra, che è costa … che è mare.
Novoli che cosa ha più degli altri?
L’umiltà di dire che ci dobbiamo rimboccare le maniche perché veniamo da decenni difficili, durante i quali il mondo è cambiato e le sue dinamiche sono cambiate. Il commercio tradizionale non esiste più, gli sbocchi occupazionali delle professioni sono intasati. Bisogna fare quello che forse a molti in teoria non piace, ma nella pratica è meraviglioso, riscoprire i mestieri dell’arte. Vero patrimonio per l’umanità. Questa è la nostra missione, la Festa è il punto d’arrivo. Non c’è gioia d’incontrasi se non riprendiamo a viverci.
Lei ci crede davvero Consigliere?
Io vivo di passioni, non di calcoli, io amo questa terra ed il mio paese e credo nel suo riscatto. Se avessi fatto calcoli nella mia vita, oggi forse anche io sarei partito all’avventura. Girano pochi soldi dalle nostri parti, ma l’umanità delle nostre genti vale di più. La mia avventura è qui, la mia vita è qui. La vita di un individuo che crede nella sua realtà circostante e contribuisce, o almeno si augura di contribuire, a migliorarla.
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