Novoli, un popolo che si incontra e si racconta, intorno a Sant’Antonio Abate

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S. Antonio A.Novoli (Le) – Al via le celebrazioni preparatorie ai solenni festeggiamenti che culmineranno nei prossimi 16, 17 e 18 gennaio 2014 e che, ogni anno, a Novoli, fanno da “apripista” alle altre festività patronali che si snodano nell’ampia provincia di Lecce, nel corso dell’intero anno.

Alle 18.30, nel Santuario eretto in onore ed a devozione del Santo della Tebaide, ha avuto luogo la solenne celebrazione eucaristica presieduta dal parroco, don Giuseppe Spedicato, per l’intronizzazione del simulacro ligneo raffigurante il Patrono e Protettore dei novolesi, Antonio Abate.

Da oggi, e per nove giorni, la comunità cristiana godrà del suo kairòs, del suo momento di grazia. Da secoli si perpetra nella piccola cittadina del nord Salento, una tradizione che accoglie e raccoglie fedeli accorsi da ogni dove per ascoltare la Parola di Dio e rendere grazie al suo Signore, mediante il Sacramento Eucaristico, “segno certo di salvezza al popolo convocato in assemblea santa”.

Come lo stesso don Giuseppe ha voluto sottolineare nella sua omelia, la festa dell’Epifania è la continuazione del mistero di Natale; ma si presenta, sul Ciclo cristiano, con una sua propria grandezza. Il nome che significa Manifestazione, indica abbastanza chiaramente che essa è destinata ad onorare l’apparizione di Dio in mezzo agli uomini. Dopo il canto del Vangelo si è dato l’annuncio del giorno della prossima festa di Pasqua. È dalla risurrezione, infatti, che scaturiscono le feste della Madonna, degli Apostoli e dei Santi. L’Eucaristia è centro e fulcro di tutta la vita cristiana, perché “memoriale”: dunque, non semplice ricordo, ma presenza salvifica e vita nuova.

Questo percorso di rigenerazione e rinnovamento che ogni anno è offerto ai fedeli, sapientemente guidato da un Padre Predicatore (quest’anno il compito è affidato a Fra’ Paolo Quaranta, dei Frati Minori di S. Antonio a Fulgenzio, in Lecce) deve servire a diventare segno per quanti incrociano i nostri occhi e percorrono con noi la stessa via che conduce alla santità. Perché la fede non ammette di essere raccontata, deve essere vissuta. Allora si diffonde da sé. 

«Mi viene da pensare alla tentazione, che forse possiamo avere noi e che tanti hanno, di collegare l’annunzio del Vangelo con bastonate inquisitorie, di condanna. No, il Vangelo si annunzia con dolcezza, con fraternità, con amore!», ha detto Papa Francesco recentemente in una sua omelia in una parrocchia romana.

Bisogna essere “segni”, non “cicatrici”, ci ha ricordato il parroco, perché le nostre feste siano sempre più scevre da orpelli superflui e spettacolari e consentano ad un popolo di incontrarsi e raccontarsi. È questo, in definitiva, il senso ultimo delle nostre feste: far vivere alla comunità che si raduna un alto momento di contemplazione autentica e non cedano il passo ad espressioni folkloristiche che si riducono, spesso, a semplici manifestazioni culturali, disancorate da un’autentica adesione di fede. Le feste che la tradizione cristiana ha conservato e tramandato fino ai nostri giorni devono contenere un patrimonio prezioso di valori che non vanno dissipati, ma rilanciati e rivitalizzati nel moderno contesto sociale e culturale con una adeguata opera di evangelizzazione. A questo servono i novenari. Questo ci sollecita la stessa liturgia che altro non è se non una “opera comune e pubblica, luogo di comunione di fratelli e sorelle tra loro e con Dio”. (E. Bianchi)

Così noi speriamo, così avvenga.

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