Il 5 marzo 1922 nasceva a Bologna Pier Paolo Pasolini: personaggio, ancora oggi, non abbastanza conosciuto per la sua versatilità. Accostandolo ad altre figure significative di intellettuali del secolo scorso, mi limito a ricordare solo due personalità, nate pochi anni prima, ma accomunate dal fatto che, pur mantenendo la propria attività principale, hanno svolto anche quella di giornalista e scrittore. Mi riferisco a Riccardo Malipiero (1914) e a Gianni Rodari (1920). Se il primo, un compositore della cosiddetta “Generazione dell’Ottanta”, è stato giornalista, scrittore e critico musicale, Rodari è ricordato, oltre che come scrittore (in particolare per l’infanzia), anche come poeta, pedagogista e giornalista con un’attenzione particolare per la musica, tanto da affermare che: «Un uomo senza musica […] ha un senso in meno, e forse una vita più silenziosa».
Venendo a Pasolini scrittore e giornalista, sorvolando sul suo ruolo di autore e regista teatrale e cinematografico, colpisce ancora oggi l’intreccio tra scrittura e giornalismo come si evince dalle colonne de «Il Tempo» (20 dicembre, 1969): «Noi scrittori, noi giornalisti siamo uno specchio, tanto più nitido e rivelatore, quanto più ci spendiamo e quanto più gettiamo il nostro corpo nella lotta. Questo specchio si chiama diritto alla libertà di opinione e di espressione». Quasi riavvolgendo il filo della matassa, ricordo che la sua passione per il giornalismo è molto precedente in quanto, trentaduenne, si iscrive all’Ordine Interregionale dei giornalisti (Pubblicisti) del Lazio, Umbria, Abruzzo e Molise (dal 5-10-1954) confermando inoltre sia il binomio tra letteratura-giornalismo che una certa fusione tra i due tipi di scrittura.
Quasi a volo d’uccello, vale la pena segnalare il suo interesse e attivismo in varie riviste. Già prima della laurea in Lettere presso l’Università degli Studi di Bologna (26 novembre 1945) con una tesi su Giovanni Pascoli, Pasolini, tra il novembre 1942 e il maggio 1943, è tra i fondatori e redattori della Rivista bolognese «Il Setaccio». Nel 1955 fa parte del gruppo che dà vita a «Officina» scrivendo anche saggi su Pascoli ed ospitando, tra gli altri, scritti di Gadda, Luzi, Ungaretti e Calvino.
Non deve stupire se alcuni suoi volumi raccolgono recensioni apparse prima su giornali come, per esempio, nel con la raccolta postuma Descrizioni di descrizioni, pubblicate sul settimanale «Tempo» (1972-‘74) e dal 7 gennaio 1973 scrivendo per il «Corriere della Sera» un primo articolo Contro i capelli lunghi cui ne seguono altri toccando svariati argomenti: di costume, politici, ecc., convogliandoli successivamente (1973-‘75) sia nella raccolta Scritti corsari che, l’anno seguente, in Lettere luterane.
L’attività giornalistica di Pasolini assume talvolta carattere di inchiesta: per il mensile «Successo» nel 1959 percorre in macchina il nostro Paese, da nord a sud e viceversa, spingendosi anche nel profondo Salento, pubblicando così La lunga strada di sabbia. Tanti anche gli articoli ove affronta diversi temi sociali non sottraendosi a posizioni ben precise, suscitando accese polemiche, come accade con Gli italiani non sono più quelli («Corriere della sera», 10 giugno 1974) a seguito del referendum sul divorzio o con Sono contro l’aborto (19 gennaio 1975) sempre sullo stesso quotidiano e altri, di argomento più politico, su diverse testate giornalistiche.
A fare da trait d’union nelle varie attività di Pasolini c’è la musica. Non alludo, sic et simpliciter, alla regia cinematografia di Medea, dall’omonima tragedia di Euripide, interpretata magistralmente dalla divina Callas, ma a qualcosa di più intimo della personalità dell’intellettuale.
Al termine di Poeta delle ceneri egli si lascia sfuggire: «io vorrei essere scrittore di musica,
vivere con degli strumenti dentro la torre di Viterbo che non riesco a comprare […] e lì comporre musica l’unica azione espressiva forse, alta, e indefinibile come le azioni della realtà.».
A tal proposito non si può non citare Luigi Nono, allievo anche di Riccardo Malipiero, poiché compone nel 1976 le musiche di scena per I turcs tal Friúl su testi di Pasolini. Il lavoro, presentato il 13 novembre dello stesso anno a Venezia, assume l’aspetto di un omaggio in memoriam del tragico omicidio (2 novembre 1975) di uno dei più importanti poeti, scrittori, registi ed intellettuali del Novecento.
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