“Talento, vocazione e lavoro, al servizio del bene comune” è il titolo del testo presentato all’Unisalento Community Library, localizzata presso il Campus Universitario dell’Ecotekne dell’Università del Salento e gestita dalla Cooperativa Servizi Culturali Ninive, a firma di Annarita Quarta, dottore commercialista, orientatrice di percorsi di formazione e lavoro e laureata in Scienze Religiose presso l’ISSR Don Tonino Bello di Lecce. Inoltre l’autrice del libro è direttrice dell’Ufficio Diocesano di Pastorale Sociale e del Lavoro presso la Diocesi di Lecce.
Il volume, edito da Infinity Books, è stato introdotto da Giovanna Maletesta, sociologa, analista dei fenomeni di devianza e crimine e ha dialogato con Annarita Quarta il direttore di Paisemiu Antonio Soleti.
Aprendo i lavori Giovanna Maletesta ha esordito denunciando i problemi mentali dei giovani fino ai 19 anni, riscontrati visionando un report prodotto dall’UNICEF, relativamente all’effetto post pandemico. In funzione di recupero e in materia di osservazione fenomenologica, secondo l’esperta di problemi sociali, è da leggere il libro di Annarita Quarta, un toccasana che lascia intravedere uno spiraglio per la risoluzione della situazione conseguente alla coabitazione forzata. Per dare rilievo all’esposizione dell’argomento trattato abbiamo posto qualche domanda alla scrittrice.
Come, secondo lei, invogliare alla libroterapia?
Non è facile. Io penso che oggigiorno manchi la “proposta”, perché nella generazione” boomer” diamo per scontato che alcune cose non vadano accettate dai più giovani. Quando invece la proposta è convincente i giovani sono attratti. Io ho fatto questa esperienza non solo con il risultato della lettura del libro ma anche praticando in un certo qual modo la cosiddetta arteterapia, consistente tra l’altro nelle attività precipuamente manuali. Credo che sia fondante instillare nei ragazzi in particolare la voglia della ricerca e poi la scoperta. Parlo dei giovani perché sono essi particolarmente toccati dal tema: lavoro.
Come si colloca tra i valori la meritocrazia?
Devo essere sincera? Non vedo tanta meritocrazia. Incontro molte persone che non vengono “riconosciute” perché attualmente “non è chi lo dice ma come lo si dice “. C’è chi sa “vendersi bene” e chi nel silenzio fa molto di più ma senza successo. All’Università per es. ci sono molti ragazzi che meritano attenzione e dall’altra parte ci sono anche genitori che fanno ricorsi poiché il figlio non ha ricevuto il massimo dei voti. Bisogna poi pure considerare che parimenti la formazione e la post formazione sono indispensabili.
Che ne sarà dei nostri giovani afflitti dalla piaga della disoccupazione nel Terzo Millennio?
I giovani, come scrivo nel mio libro, devono scegliere un indirizzo per il quale sono fortemente motivati, perché la concorrenza è tanta, ma se c’è la passione si può combattere e trovare il proprio spazio. Contrario è se si scelgono percorsi solo per “moda” o si segue l’amico di turno nella sua ricerca, allora la vedo dura. E’ un peccato che molti giovani abbandonino le proprie realtà di vita per fare esperienze più lontano . Mi piacerebbe che questi tornassero qui nel loro territorio per portare : innovazione, inventiva, intraprendenza. Tuttavia vedo che qualcosa si muove, dobbiamo essere anche noi a cambiare atteggiamento verso chi “fa impresa”, chi si propone. Io ho descritto l’idea del consumo, del valore del lavoro proposto per es. da un artigiano, un commerciante, anzicchè risultare ingabbiati nel mondo della globalizzazione.
Come si può colmare il distacco dalla cultura generale?
La presentazione di un libro o qualsivoglia evento culturale in genere non incontra il favore di un numeroso pubblico. Di primo acchito si vivono come perdite di tempo. Si è inghiottiti da ciò che i mass media mettono a disposizione. Nella mia attività di orientamento professionale mi rendo conto che vi è dello scetticismo iniziale poi si riesce a trovare un punto comune di riferimento, inoltre l’empatia fa la sua parte. A mio avviso occorre rispolverare vari ambiti in modo da mostrare il mondo con” occhi nuovi”. Mi spiego: ieri ho fatto un intervento in una scuola superiore, il “C. De Giorgi” a Lecce, il prof. mi diceva che molti alunni quando sentono parlare di “Chiesa” mostrano una chiara reazione negativa.” Però se tu fai loro notare che ci sono attività come il “Progetto Policoro ”cominciano a provare interesse. A mio modesto parere pertanto è l’informazione anche a scuola che deve passare.”
Intervenuta nella conversazione al pubblico l’Ass. alla Cultura del Comune di Monteroni Ramona Visconti aggiunge che riguardo al mondo giovanile si avrebbero più risultati che fanno la differenza se si riscontrassero tra gli stessi sentimenti di speranza e autostima. Contribuisce con una foto della situazione attuale Antonio Soleti, usando il concetto di “parto” come sottolinea la complessità in cui il manoscritto ha visto la luce a tempo di covid, parlando della società mondiale in un alto grado sotto pressione. Centrando il senso di trascendenza platonica, il Mito di Er e l’annessa accezione di daimon correla il significato di vocazione, in senso ampio del vocabolo, che rende liberi e fa sì che chi segue il tratteggio debba godersi la strada seguendo i comandi del cuore. In buona sostanza si tratta della “chiamata” di cui parla la Quarta che insiste poi sul valore intimo del talento innato ma nel contempo da coltivare. E con un occhio rivolto alla società corrente l’autrice fa il punto riguardo al fenomeno del bullismo presentano una tesi singolare che ritiene la vittima di bullismo come una persona originale che sprigiona la paura della verità, presente nell’essenza del bullizzato. In sintesi colui che è destinatario di un’azione di bullismo scopre di avere un talento e si sente diverso. La realtà è dunque controvertibile. E per delineare una sorta di cartina orientativa, posizione da dove si parte per analizzare il trinomio, individuato nel termine algebrico relativo alle realtà : vocazione, talento, lavoro, l’excursus della dott.ssa Quarta indica che per “seguire” la candidatura al lavoro non è più sufficiente il curriculum vitae ma si impone un nuovo strumento di conoscenza il bilancio di competenze utilizzato abbondantemente nel coaching. A tal proposito Giovanna Malatesta ravvisa nell’utilizzo di questo elemento cardine nell’ambito della selezione professionale che proprio le competenze possedute possono già essere spendibili nel lavoro e dunque risolvere il problema ipso facto.
In conclusione Mons. Luigi Pezzuto, già Nunzio Apostolico in Bosnia, Erzegovina e Montenegro, in qualità di esperto diplomatico italiano offre spunti di riflessione mettendo in evidenza il gap tra nuove generazioni e realtà consolidate. Afferma altresì che laicismo e clericalismo risultano un’espressione negativa e sostituibile con la laicità e il cristianesimo che, strictu sensu, non sono così opposti. Inoltre per quanto concerne l’efficacia degli attori sociali, la scuola non dovrebbe privilegiare i moduli, per così dire, proposti dalla burocrazia imperante ma scendere in campo, rivestire il ruolo che le è proprio di agenzia educativa e non ultimo di “fare rete”.