Trepuzzi (Le) – Sembrerebbe quasi di assistere ad un rito esoterico fatto di formule magiche, una manciata di ideali, un pizzico di follia e il sapore ineguagliabile della tradizione. Ed eccolo, poco più tardi delle 22.30, apparire sul palco, pronto per un’altra delle sue magie. Così Vinicio Capossela inizia la sua serata, davanti ad un Largo Margherita incredibilmente gremito di un pubblico entusiasta: bastano poche battute e come d’incanto, citando il suo celebre Ballo di San Vito, “la desolazione che era nella sera, s’è soffiata via col vento”.
Ma a smuovere gli animi Vinicio non è solo, anzi ad accompagnarlo in questo prodigio, in questo crogiolo di stili e folklore, ci pensa uno staff d’eccezione: la Banda della Posta, storico gruppo originario della provincia di Avellino, e la regina della Notte della Taranta, Enza Pagliara, insieme al suo coro Regina Plaza, emblematicamente composto dalla stessa artista, unendo insieme il talento vocale di studenti, insegnanti, contadini e operai. Un incantesimo, questo, unico nel Salento, un esperimento che Trepuzzi ha avuto il privilegio di accogliere in esclusiva. E se è vero che ogni mago che si rispetti nel suo cilindro nasconde sempre una sorpresa, Capossela non ha certo deluso neanche in questo. «Che cos’è questo se non un gran Veglione?» Ironizza l’artista, abile nel passare da uno stile all’altro con la stessa velocità con cui alterna i copricapo. Eppure quel sottile filo rosso che unisce quadriglia e fox trot, mazurche e valzer, tarantelle e capolavori del suo repertorio, non smette mai di aleggiare trionfante sul palco: l’amore per una musica che unisce.
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“Cerchio che chiude, cerchio che apre, cerchio che stringe, cerchio che spinge, cerchio che abbraccia e poi ti scaccia”, così canta Vinicio, che in quel fantomatico cerchio che si chiama mondo, innalza convinto la più forte bandiera di pace: la musica che va oltre ogni confine simbolico e reale. La piazza balla, e nelle vene scorre quel raro ed innocuo veleno che solo il suo spartito è in grado di produrre; e così nell’epidemia si lascia travolgere anche lui: si avvicina al pubblico, si inginocchia per cantare insieme alla gente e poi si concede ad un solitario e ammaliante ballo di un sirtaki che della Grecìa Salentina è l’emblema musicale più travolgente. Intanto “Tarantolati” appaiono visibilmente anche i bar e le rosticcerie intorno al palco, e Trepuzzi sembra tirare un inorgoglito sospiro di sollievo. Certo, come per ogni medaglia, anche di questa il lato oscuro non tarda a manifestarsi già alla vigilia del concerto: così, imperversano sui social network pungenti polemiche su eventi che, come questo, sembrerebbero mettere in luce priorità amministrative tutt’altro che urgenti. Ma lo spettacolo deve andare avanti e una serata di spensieratezza non si nega a nessuno: al grido di no tap e Stop bombe in Palestina, il coro e la splendida voce solista di Enza intrattengono senza mai smettere di impensierire, ricordando abilmente che la voce del popolo è impregnata d’amore e sofferenza, di ideali e amara rassegnazione, in un mix di emozioni che solo un canto come il loro può alleggerire. Fatalità? Furore? Decervellamento? Sono solo alcuni dei suoi titoli che potremmo prendere in prestito per descrivere un concerto come questo, che lascia nel cuore il ricordo di un pugile sentimentale che non smette di affondare i suoi colpi fatti di canto, suoni, e pensieri in libertà; perché in battaglie a suon di chitarra e tamburelli, non ci sono né vinti né vincitori, ma solo una terra che vale la pena di celebrare, proteggere, ricordare ancora una volta in tutto il suo splendore. E allora che cos’è l’amor, coniando un altro celebre titolo, se non il coraggio di trasformare il sentimento in arte?
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