Caro don …

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«Il prete: egli porta con sé il suo contrasto, concilia, a prezzo della sua vita, la fedeltà a Dio e la fedeltà all’uomo. La sua è la figura del povero, dell’uomo senza forza: nulla, in realtà, vi è di più debole del prete. Non è in suo potere usare i mezzi politici, le risorse finanziarie e la forza delle armi di cui molti si servono per conquistare la terra.

La sua forza è quella di essere un uomo disarmato e “di potere tutto in Colui che lo fortifica”». (Card. Suhard)


Prete che sfoglia libroCarissimo Don,
da non poco tempo sto meditando di indirizzarti alcune mie considerazioni, ripensando quasi “ad alta voce” al tuo ruolo a servizio del gregge che ti è stato affidato.
Il tempo stesso, dopotutto, è il metodo di cui si avvale la natura, per evitare che tutto avvenga subito.

Scriveva S. Teresa di Lisieux: “Per amarti, mio Dio, non ho nient’altro che l’oggi”. Mosso da questi sentimenti, dunque, mi permetto di rivolgermi a te, palesandoti quanto, in questi ultimi tempi, mi ha fatto riflettere, costantemente attento agli eventi e consapevole che l’arciere ha un punto di somiglianza con il saggio: quando la sua freccia non arriva al centro dell’obiettivo, egli cerca in se stesso e non accusa nessuno.

Ora, tu lo sai bene: il tanto auspicato confronto con i laici e la loro considerazione da parte tua sono direttamente proporzionali alla condivisione, da parte loro, delle tue idee, del tuo modo di agire e di essere.

Tu ti senti il maestro, il conduttore, il pastore…
Oh capitano, mio capitano: ma ti accorgi di quante pecore stai perdendo? Ti esalti (o ti consoli!) per quello che hai; prova, però, a guardare fuori dal tuo piccolo recinto e vedrai quanto ateismo, quanto rifiuto di te, della tua Chiesa, di Colui al quale hai dedicato la tua esistenza.

Si, è vero: tu fai e dici tante cose, sei costantemente sotto pressione, quasi fossi tu a dover costruire il Regno di Dio. Conosci la Teologia e la Bibbia, costruisci case e chiese, dai da mangiare ai poveri, sai parlare all’assemblea, ti esalti, ti amareggi, ti arrabbi, ti difendi…

Ma, per favore rispondi con franchezza: che posto occupa Dio in questa tua grande azienda? Sei dipendente o autonomo?

Il popolo ti osserva e ti imita. Chiedi ai genitori di essere educatori con lo stile di vita oltre che con le parole. Anche tu sei un genitore spirituale e sei oggetto di tanta osservazione da parte dei tuoi figli: quelli che ti amano stanno zitti, mentre gli altri si allontanano amareggiati.
Tutti assorbono ciò che tu sei, più di quel che dici. Tutti sarebbero migliori se, con le parole e con l’esempio, scoprissero, avvicinandoti, la bellezza di un Gesù sempre presente e di una Chiesa capace di rinascere nello Spirito ogni giorno, senza paura del domani e senza complessi del passato; la bellezza di una Chiesa che non confonde la preghiera con le parole dette d’abitudine, la spiritualità con il sentimentalismo. La bellezza di una Chiesa che ha nostalgia di Dio, nostalgia della gente, nostalgia della povertà di Gesù.

Sei tanto sensibile ai complimenti, quanto sei permaloso ed irritabile per le critiche, anche le più benevoli. Ti irrigidisci, fai la vittima, metti in crisi e fai sentire in colpa anche chi le formula.
La tua cultura e la tua dialettica riescono a mortificare chiunque si permetta di esprimere un’opinione diversa dalla tua. Per questo, forse, le assemblee sono così silenziose ed anonime: si può scegliere, infatti, fra l’essere zittiti o il muto dissentire, onde evitare di essere umiliati, che è l’anticamera dell’allontanamento.

Il grande “miracolo” di oggi, sono le nostre chiese che, ogni domenica, ancora brulicano di uomini e donne, magari dormienti o distratti, ma consapevoli che il percorso dalla propria casa alla chiesa, lo “devono” compiere: è quasi una forza che li tiene legati all’altare per un’ora alla settimana. Non sottovalutare e non mortificare questo sforzo perché, nonostante le distrazioni del mondo, in te noi cerchiamo ancora la sicurezza quando il dubbio e lo sconforto prendono il sopravvento, in te noi cerchiamo la luce e la chiarezza, quando le tenebre sovrastano il nostro cuore malato.

Questo è il tuo carisma, per questo ti sono state imposte le mani e questo la Chiesa intera ha chiesto ed ottenuto per te quando il Vescovo ti ha ordinato Sacerdote in eterno.

Riscopriamo insieme il valore della nobiltà che non è un fatto di stemmi, blasoni, particelle aggiunte ai cognomi; è un programma di vita. In una società in cui il principio della materia impera indiscusso, la nobiltà riconosciuta è solo quella del sangue. L’altra, quella disponibile per tutti, la nobiltà d’animo, è ormai scomparsa dai nostri orizzonti. Neanche la Chiesa osa ormai parlare dell’uomo nobile. Eppure, nell’Antico e nel Nuovo Testamento, l’uomo nobile compare con una certa frequenza. Non cavalca bianchi destrieri e non è seguito da cortei di damigelle, è semplicemente un uomo che ha aperto il suo cuore alla Sapienza, lasciando alle sue spalle gli abiti confusi dell’ego e dei desideri, delle idee e delle volontà. È un essere che non agisce, ma si lascia agire. Che invece di insultare, perdona. Non arraffa ma cede. L’anima nobile crea sconcerto intorno a sé ed è questo il suo grande, involontario compito. Essere lievito, polline. Rompere ciò che era noto, far crescere ciò che era ignoto. (S. Tamaro)

Il mio auspicio è quello di ripartire da Dio, dunque. Tutti quanti, nessuno escluso.

Per tutti noi, tu sei colui che ci svela le orme di Cristo, quando affiorano con fatica dalla sabbia dei nostri pensieri e dei nostri sogni. Possa tu, con l’aiuto dello Spirito, aiutarci a raccogliere l’eco flebile della Parola di Cristo, nel rumore assordante del mondo, ad individuarne il profilo del Suo volto, nella tempesta delle immagini.

Nella reciproca consapevolezza che una comunità è ricca di sapienza spirituale quando sa dare all’amore il primo posto in tutte le sue scelte ed i suoi rapporti; quando, cioè, non esclude nessuno, non rigetta nessuno, non giudica e non misura soltanto sui criteri della propria appartenenza.

Sii tu stesso il cambiamento che vuoi vedere nel mondo.

Ti saluto e ti abbraccio