Dopo il giovane morto in overdose da ecstasy al Cocoricò, un 18enne perde la vita in un locale nel Salento. Il sindaco di Gallipoli dà la colpa alle famiglie e il Codacons chiede un giro di vite. Tutta colpa delle famiglie e della società?
“Se non sai educare non procreare”. Ho dovuto fare non pochi respiri profondi prima di aprire il foglio bianco e cominciare a scrivere. Ho provato, da mamma, ad immaginare il cuore di quei genitori che hanno letto tale bestemmia.
Come se “educare” fosse una disciplina che si insegna a scuola, una scienza perfetta per il quale si riceve un attestato. Ma perché per diventare Sindaco bisogna prima “saper amministrare”? Non credo! Il più delle volte crociamo nomi alla cieca, sperando che, perlomeno, non finiscano in galera.
Se qualcuno garantisse un controllo super partes sulle Amministrazioni Comunali, ci risparmieremmo l’impulso di vomito leggendo certi post su Facebook e Twitter.
Facebook e Twitter! Un atteggiamento da vigliacco di un amministratore che vuole scaricare le colpe su chi oggi è distrutto dal dolore.
Mio caro Sindaco, dall’alto della poltrona sulla quale siedi, giudice di una presunta morale, amministratore della Perla della Jonio devastata ogni estate da bivaccamenti e turismo fuori controllo, capitombola in una rovinosa caduta. Dimettiti, non hai altro modo per chiedere scusa e dare il buon esempio. Chi non sa non faccia. Lo scrivo col cuore di mamma, di una mamma che insegna, che sbaglia e che, anzitutto, impara.
La parola “educare” è frutto di un retaggio culturale, è il baluardo di chi è pronto a puntare il dito ammonendo come hai fatto tu Sindaco.
Il compianto Pertini diceva che i giovani non hanno bisogno di sermoni ma di buoni esempi. La società che siamo e che abbiamo noi adulti costruito, mio caro amministratore perfetto, tutto è fuorché esempio per le future generazioni. La morte di quel ragazzo è sulla mia coscienza come sulla tua. La morte di un diciottenne che si divertiva non è uno slogan per la politica. Le scuse non sono sufficienti.