2 Giugno, festa della Repubblica: più luci o più ombre?

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Editoriale 2 giugno 2014Il 2 e il 3 giugno 1946 si tenne il referendum istituzionale indetto a suffragio universale con il quale gli italiani venivano chiamati alle urne per esprimersi su quale forma di governo dare al Paese dopo la caduta del fascismo. Dopo 85 anni di regno, con 12.718.641 voti contro la monarchia vigente, l’Italia divenne una Repubblica. Ecco perché il 2 giugno è festa nazionale.

A distanza di 68 anni bisognerebbe interrogarsi sul significato che le donne e gli uomini, che optarono per la Repubblica, avrebbero voluto dare al futuro di questa Nazione.  Cosa significa oggi celebrare quella scelta?  Cosa è diventata oggi la nostra Repubblica? In questo momento storico ogni celebrazione potrebbe sembrare superflua. Lo sarebbe se non servisse a sentirsi parte di qualcosa. Nella realtà attuale, dove la gente è completamente distante da politica ed istituzioni, c’è un bisogno concreto di riscoprire il senso di appartenenza, di riscoprirsi un solo popolo, pur nella diversità dei vari ceppi che compongono la nostra Terra. La nostra è una Repubblica giovane, forse proprio per la sua giovane età o magari anche per la crisi economica e sociale di cui non si vede uscita, sembriamo aver perso  il senso della Res Pubblica, della “cosa pubblica”, dove pubblica non significa di nessuno ma di tutti. Molto semplicemente, quello che dovremmo ricordare nella giornata di oggi, cosa dovrebbe essere? Che l’Italia è nostra, che questo Paese fatto di molti difetti e molti pregi appartiene a tutti noi. Ci appartiene perché l’hanno fatto con il sangue quanti sono venuti prima di noi e perché noi oggi, per continuare a viverci, paghiamo un prezzo piuttosto alto. Non dobbiamo farci sopraffare dalle minacce quotidiane di  scandali politici, processi interminabili, complessità burocratiche, opere incompiute, strade male asfaltate, i soldi che non ci sono, le scuole da ristrutturare, gli insegnanti sfiancati dal proprio lavoro, la sanità senza posti letto. Minacciata questa nostra Italia da quanti usano il populismo per rimanere a galla, da quanti lasciano che le nostre fabbriche chiudano, che i giovani ultratrentenni vengano chiamati stagisti. Basterebbe ricordare quello che recita la Costituzione semplicemente credendoci:

ART. 1 della Costituzione Italiana: l’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.
ART. 5 della Costituzione Italiana: la Repubblica, è una e indivisibile.
Quindi è  un’altra forma di resistenza quella da attuare, da portare avanti tutti insieme, tutti noi che abbiamo deciso di continuare a viverci. Oggi è la festa di quanti non accettano di andare via per poter lavorare, di quelli che non pensano che le cose migliori accadano sempre altrove, che l’Italia non sia solo un paese destinato al fallimento.

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