L’Editoriale
Gli Italiani sono un popolo di bastian contrari, non gliene va mai bene una! Eppure della retorica non si stancano mai e si lasciano trasportare dagli eventi quasi senza reagire. Perché? Negli altri Paesi se qualcuno o qualcosa non va ci si ribella, nel nostro no, nessuno lo fa o, meglio, lo fanno tutti ma per tutto!
E allora non è colpa solo della politica se siamo la risa dell’intera Europa, qualche volta la causa siamo proprio noi sciocchi plebei.
La politica ormai ci fa schifo tutta, sempre, comunque e a prescindere. Se uno è corrotto tutta la categoria è corrotta, se uno è criminale lo è tutta la sua famiglia. Siamo diventati il Paese degli stereotipi e dei luoghi comuni, della retorica insomma! Non lamentiamoci se gli stranieri ci associano ancora a “pizza, spaghetti e mandolino”.
È così, hanno ragione e chi è causa del proprio mal pianga se stesso. Ma gli Italiani vogliono la sicurezza del vecchio o l’incertezza del nuovo che avanza?
Ragioniamo. Proviamo a farlo dimenticando i colori politici e le preferenze soggettive di ognuno di noi. Cosa si augura l’Italiano medio per il futuro della politica? Di sputare a destra e a manca facendo sempre di tutta l’erba un fascio? Siamo più intelligenti di così (o forse no).
Mi rendo conto che siamo un popolo conservatore, che ha difficoltà a mollare le proprie abitudini ma, prima o poi, uno sforzo dobbiamo farlo. Dalla vecchia politica sappiamo bene cosa aspettarci, nel bene o nel male, in negativo o in positivo, possiamo sempre prevedere le mosse, così come la stessa politica può farlo. Questo in qualche modo ci rassicura e ci fa comodo ma, d’altro canto ci stufa e ci nausea! Così vorremmo qualcosa di nuovo, di fresco e giovane ma che non sia troppo immaturo, che abbia i capelli neri ma che abbia accumulato un po’ di esperienza, che sia rivoluzionario senza stravolgerci l’esistenza, che abbia una buona cultura ma senza titoli blasonati, che parli con un linguaggio nuovo senza che spari troppe cavolate e, per carità mai e dico mai che sia donna!
Il nuovo Presidente del Consiglio italiano vive, chiaramente, su Marte perché non si può chiedere ad un giovane, ad un giovane di qualsiasi colorazione politica, di avere “esperienza” ma, soprattutto, non puoi chiedere ad un giovane di saper fare a prescindere! Se vuoi una persona nuova, fresca, con idee innovative, devi chiedergli di essere intraprendente, devi chiedergli di usare tutte le sue energie da trentenne per trovare strade nuove, soluzioni alternative, devi chiedergli di studiare nuove strategie per poi applicarle, sperimentarle. Se vuoi incaricare qualcuno che non abbia mai vestito quell’incarico devi, chiudendo gli occhi, dargli fiducia e fare il salto nel buio con lui. Devi dargli il tempo di raccogliere i frutti del suo lavoro e solo dopo giudicarlo. Riflessioni a voce alta che mi sono sorte oggi dopo la vittoria di Renzi su Civati e Cuperlo, tre “giovani” della politica che hanno deciso di mettersi in gioco. Oltre a loro tre, penso poi all’ambizioso progetto del Movimento a Cinque Stelle e ai giovani che si sono tuffati in quella avventura. A torto o a ragione (l’intento non è fare politica ma ragionare sulle situazioni sociologiche che portano a certi risultati) tutti loro ci hanno provato, spesso sono stati sbeffeggiati dagli elettori con epiteti non poco signorili. Perché? Perché chiedere alla politica di svecchiarsi se noi elettori restiamo ancorati agli schemi politici di 60 anni fa? Perché chiedere a gran voce il “partito del fare” se noi elettori guardiamo ancora al rosso o al nero che sta dietro ogni candidato? Questo non è il nuovo che avanza, ma il vecchio che inizia a puzzare di marcio. Forse non solo la “l’eletto” puzza…
Il nuovo che avanza richiede coraggio, richiede l’abbattimento di ideologie decontestualizzate dal tempo, richiede fiducia. Gli Italiani, forse, a questo non sono ancora pronti. Allora ben venga una minestra riscaldata: ce la meritiamo!
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