L’Editoriale
Giorgio Napolitano è il 12° Presidente della Repubblica. Non era mai successo nella storia della repubblica di avere un Presidente al secondo mandato. Napolitano batte ogni record, era stato il primo ex comunista a varcare la soglia di quella suprema stanza e, a 88 anni, si carica sulle spalle le sorti di una Torre di Babele che rischia il crollo da un secondo all’altro.
Pd, Pdl, Lega e Scelta Civica hanno ripiegato su di lui dopo due giorni di teatro politico degno dei gialli della signora Jessica Fletcher.
Tre giorni di guerra partitica in cui il vero sconfitto è il PD che è imploso su se stesso decretando la morte della vecchia classe politica che di riformatrice non ha avuto un bel niente; Rosy Bindi e Pier Luigi Bersani si dimettono. Molto presto ci sarà un congresso del partito per capire se continuare con un nuovo segretario che, con tutta probabilità, potrebbe essere Matteo Renzi o chissà; è inutile fare previsioni.
Ci sorge spontanea una riflessione: perché Marini no, Rodotà no, Prodi no, Cancellieri no e Napolitano sì?
Quale problema rappresentava Marini per il PD se poi si è ritrovato con il votare Napolitano? Perché hanno denigrato così tanto Rodotà se poi hanno richiamato Napolitano? Nulla abbiamo contro l’elevato tasso umano del nostro Presidente della Repubblica, nulla di nulla, l’unica cosa che ci lascia perplessi è l’età; compirà 88 anni il 29 giugno.
Una domanda sorge spontanea: quanto durerà il mandato di Giorgio Napolitano? La Costituzione prevede il secondo mandato, è ovvio, ma potrà mai un signore che va verso i 95 anni ottemperare agli impegni che saranno sempre più gravosi in una nazione che naviga nell’assurdo mare dell’incertezza?
Danzando su tutti questi “perché”, rimaniamo in ansia, e curiosi, di fronte alla formazione di quel Governo che all’Italia ormai manca da due mesi. Sarà un Monti bis? Oppure le voci che corrono su un possibile Governo di larghe intese con Amato a mediare troveranno terreno fertile?
Cala dunque il sipario tra tanti punti interrogativi, e per finire l’ultima domanda: perché votare per il governo se poi i politici non riescono a formarlo? Perché votare per il Presidente della Repubblica se poi deve essere riconfermato quello “vecchio”?
Intanto Grillo inneggia alla marcia su Roma. Corsi e ricorsi storici in una nazione che politicamente in questi giorni ha raschiato il fondo del barile.
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