Cosa rivela la provocazione

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La prima arma contro la provocazione è nella comprensione della natura istintiva delle proprie reazioni scatenate dalla situazione esterna e nell’impegno ad imparare a controllarle. La risposta ideale è cogliere di sorpresa il “cattivo” interlocutore. L’atteggiamento apparentemente indifferente del provocato/a genera un fermo accompagnato da un’incapacità di controbattere di riflesso nella persona che provoca. Sorprendente risulta che la consapevolezza e accettazione dei propri “punti deboli” permette di trovare strategie alternative per contrastare emotivamente gli attacchi, comprendendo la loro natura meschina e  conseguendo una forma di approvazione sociale.

In alcuni casi, difatti, la critica se abbastanza veritiera, può essere un punto di partenza per migliorarsi e crescere ulteriormente nel rispetto di sé e serbando quella coerenza interna, base sicura su cui poggia l’integrazione del soggetto. Per difendersi da una forma seppur larvata di violenza occorre opporsi e manifestare un atteggiamento assertivo. Bocciate aggressività e  passività, affatto risolutorie ai fini di una sana comunicazione. L’ideale è mettere in atto la capacità di raggiungere il proprio obiettivo senza calpestare gli altri e conseguendo altresì un considerevole consenso sociale. Questo significa essere assertivi. Soddisfatti o rimborsati? Sta a noi salire sulla vetta che porta alla conoscenza non intesa in senso strettamente disciplinare, come quella cercata dagli amanti della filosofia, bensì come i viaggiatori nella direzione del bello, del vero e dell’autostima. Detto in soldoni o a livello” terra-terra “, come si dice volgarmente, il segreto è privilegiare il rapporto con “lo specchio” che dovrebbe rimandare fedelmente la nostra immagine riflessa e non rinfranta.