In tempo di COVID il Teatro alla Scala, simbolo della cultura musicale italiana, con il Concerto del 7 dicembre, ha avvolto gli spettatori con tanta bellezza da rimanere abbagliati sotto un cielo di stelle. Si è trattato di un concerto senza pubblico in sala (l’orchestra posizionata in platea e i cantanti sul palco) che ha tenuto incollati dalle ore 17 ben 2,6 milioni di telespettatori in streaming mondiale per quasi tre ore di spettacolo. Ho seguito l’evento su Rai 1 ma era possibile anche su Rai play e altri canali stranieri oppure ascoltare su Rai Radio3.
Possiamo veramente dire con Dante: «E quindi uscimmo [idealmente] a riveder le stelle» (Inf. XXXIV, 139), omaggiandolo e anticipando il VII centenario dalla sua morte (2021). Per il direttore d’orchestra Riccardo Chailly, quasi Giano bifronte, che molto abilmente ha coordinato anche gli stessi cantanti alle sue spalle, si è trattato di un “unicum”, mentre il regista Davide Livermore, nel ricordare che il teatro è di tutti, ha sottolineato: «È dall’arte che dobbiamo ripartire per scoprire di essere i migliori». In questa occasione la forma dialogica tra le varie arti, interpretando le parole del regista, tra: «Lirica e poesia, prosa e cinema per un omaggio al mondo dello spettacolo che tanto ha sofferto in questi mesi di chiusura forzata» si è rivelata la formula vincente.
Per raggiungere tali risultati c’è stato bisogno della partecipazione di grandi artisti tanto da lasciar soddisfatto anche il sovrintendente del Teatro scaligero Dominique Meyer. Presi per mano da Bruno Vespa e Milly Carlucci siamo entrati nell’Olimpo della lirica accolti da un ascolto della voce sublime di Mirella Freni nella romanza Io son l’umile ancella da Adriana Lecouvreur di Cilea, un omaggio per ricordare la sua recente scomparsa (febbraio 2020) ma anche riferimento al vien la chiarissima ancella / del sol più oltre (Paradiso, XXX,7-8), ovvero l’aurora. Ricordo le stelle della lirica che hanno partecipato a questo Gala:
Ildar Abdrazakov, Roberto Alagna, Carlos Álvarez, Piotr Beczal, Benjamin Bernheim, Eleonora Buratto, Marianne Crebassa, Plácido Domingo, Rosa Feola, Diego Flórez, Elīna Garanča, Vittorio Grigolo, Jonas Kaufmann, Aleksandra Kurzak, Francesco Meli, Camilla Nylund, Kristine Opolais, Lisette Oropesa, George Petean, Marina Rebeka, Luca Salsi, Andreas Schager, Ludovic Tézier, Sonya Yoncheva.
A turno e in grande sintonia con il maestro Chailly i vari interpreti si sono avvicendati nella carrellata (un’autentica tavolozza di sentimenti) di alcune tra le pagine più celebri tratte da opere di Verdi, Rossini, Donizetti, Puccini, Giordano, Bizet, Wagner e Massenet.
Nella parte centrale abbiamo assistito a numeri coreografici su musiche di Čajkovskij, Dileo, Satie e Verdi con la singolare interpretazione di Roberto Bolle in una sorta di bicinium con un fascio di luce laser, ma a unire il tutto sono state le parole recitate da attori tratte da testi di Verdi, Hugo, oltre a poesie di Montale e Pavese e di altri che hanno contestualizzato il tutto.
Poi i riferimenti a Fellini (La strada) e Dino Risi (Il sorpasso), tanti effetti speciali come l’acqua sul palco, le piume durante l’ascolto de La donna è mobile, ecc.
Per la molteplicità dei linguaggi artistici non è difficile immaginare un’ispirazione al Gesamtkunstwerk (opera d’arte totale) wagneriano. Infatti, l’unico rammarico è che, nella versione italiana, è mancato proprio Wagner pur avendolo annunciato attraverso Winterstürme da Die Walküre nell’interpretazione di Camilla Nylund e Andreas Schager. Anche per noi sarebbe stata l’occasione per assistere al dialogo tra il trionfo delle passioni e dei sentimenti umani con le grandi saghe nordiche avvicinandoci così verso l’immortalità dei miti.
A chiudere il tutto il finale del rossiniano Guglielmo Tell con il testo Tutto cangia, il ciel s’abbella eseguito da alcune stelle del belcanto, in un evidente anelito ad un cambiamento che sia per tutti un’autentica rinascita.