Ormai, con l’ultimo DPCM, siamo in una fase in cui le istituzioni musicali diffondono concerti e opere in streaming attraverso varie piattaforme. Per chi fosse impossibilitato a seguire in diretta può ugualmente vedere e sentire gli spettacoli attraverso Facebook o il canale YouTube. Trattasi di modalità con l’obiettivo di continuare a far vivere l’esperienza di assistere ai concerti evitando i rischi del contagio e restando nella propria abitazione. Un ascolto di questo tipo è ugualmente efficace nella trasmissione delle emozioni rispetto ad un concerto dal vivo?
Certo che no! Se si pensa al Jazz, fino a spingersi alla grande varietà di sottogeneri ascrivibili alla musica rock, è inconcepibile sottrarsi alla fruizione e condivisione di momenti a cui hanno partecipato migliaia di persone. Anche in altri generi ove si “partecipa” al concerto solo in silenzio, quasi in atteggiamento estatico, dando l’impressione che manchi rapporto di interazione tra l’opera e il fruitore, il pubblico si emoziona e si diverte come quando assiste ad una commedia o alla proiezione di un film. Il sostantivo partecipazione, nel suo significato di presenza significativa, manifestazione con vivo interesse a ciò che accade, può tradursi con altre parole in condivisione e/o adesione.
Se per il pubblico che frequenta poco i concerti sinfonici, o l’opera lirica, ecc., la presenza può rappresentare un momento di scoperta, per gli habitués accade di poter ascoltare anche con gli occhi, andando oltre quanto è restituito dai suoni.
In sostanza non partecipare ai concerti dal vivo significa dover rinunciare a molte cose che, detto con altre parole, può trasformarsi in qualcosa di riduttivo rispetto alle potenzialità intrinseche.
Considerando che ogni musica ha un suono diverso in base al luogo ove si riproduce, viene a mancare la condivisione di quelle vibrazioni prodotte all’interno di uno spazio architettonico concepito ad hoc, piuttosto che un altro (come le opere di Wagner per il Festspielhaus di Bayreuth), senza addentrarsi in rapporti tra composizione musicale ed architettura come ad esempio in Nuper Rosarum Flores (1436) di Guillaume Dufay, scritto per l’inaugurazione della cupola di Santa Maria del Fiore, o la musica di Iannis Xenakis.
Non assistendo all’esecuzione, manca il respiro della musica che diventa respiro di ognuno di noi, mentre le pause, in assenza del silenzio dello spettatore, sembrano “fuori tempo” e “fuori luogo”. Per alcuni aspetti ascoltando la musica dal vivo, pur nella molteplicità e diversità dei fruitori, è come se si realizzasse un unico battito cardiaco all’unisono con i suoni trasmessi dall’interprete. Pertanto l’azione attiva e consapevole che permette di percepire il caleidoscopio di una partitura rischia di appiattirsi, perdendo le necessarie sfumature. Ne consegue che tutta quella serie di effetti sull’ascoltatore dichiarati da Johannes de Muris (XIV secolo) come: Rallegrare Dio (Deum delectare); Scacciare la tristezza (Tristitiam repellere); Mandare in estasi (Extasim causare); Elevare la mente terrena (Terrenam mentem elevare); Allietare gli uomini (Homines laetificare); Risanare i malati (Aegrotos sanare); Attirare amore (Amorem allicere) ecc., rischia di essere compromessa.
In tal senso, aspettando di ritornare a frequentare i nostri teatri e i tanti luoghi ove partecipare ai concerti, sarebbe molto bello ascoltare musica dal vivo immaginando la bellezza delle nostre città inondate da suoni. Penso all’effetto, passando vicino alle case, di sentir suonare uno strumento, oppure vicino ad una chiesa percepire il suono delle campane. A tal proposito, sarebbe incantevole passare davanti a luoghi sacri e udire il suono dell’organo. E quando non accade ciò ricordiamo che, anche nell’apparente silenzio, all’interno sono presenti angeli musicanti che suonano o addirittura cori angelici che in questo momento buio e di sofferenza, pregano cantando, sintesi di «qui cantat, bis orat» (Sant’Agostino), affinché possa terminare questa orribile pandemia.
A Firenze, l’Orchestra Regionale Toscana ha trasmesso in streaming il concerto del 27 novembre u.s. dal Teatro Verdi, con la sovrapposizione di immagini, curate da Marco Borrelli, di una città in zona rossa, spaventosamente deserta e silente, ove la musica può rappresentare la rinascita per ognuno di noi.