Dal Vangelo secondo Giovanni (6, 51-58)
In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?».
Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda.
Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».
Parole difficili da comprendere d’acchito. Soprattutto quando sono estrapolate da un discorso lungo, impegnativo e per certi aspetti ripetitivo. Intendiamoci: non di quei discorsi degli smemorati che ripetono racconti già ascoltati a prova di batterie dentro giradischi di un tempo andato, ma di quei discorsi ripetuti quando si vuole porre l’accento su qualcosa di profondo e necessario e importante.
C’è un cielo rivolto e piegato verso la terra. Da sempre. Da quando Dio ha creato insieme cielo e terra. Questo è un cielo che non semplicemente – come ci si aspetterebbe – riversa acqua sulla terra, ma un cielo che si squarcia a tal punto da riversare vita e Vita vera e piena, pane vivo, che è Cristo Gesù.
Nei racconti dell’Antico Testamento i segnali anticipatori c’erano stati tutti: angeli portatori di pane; manna data ai padri; pani intoccabili nel sacrario del Tempio di Gerusalemme mangiati per ritrovare energia e forza; un pugno di farina nella giara che nei giorni della carestia diventa dispensa inesauribile…
Ora ecco la presentazione, in tutta la sua grandezza: «Io sono il pane vivo, disceso dal cielo». Gesù è il cielo rivolto e piegato verso la terra. È Lui il Cielo e il Pane per l’umanità.
Del Nuovo Testamento ne conosciamo tutte le anticipazioni e le manifestazioni propedeutiche e profetiche. Gesù, il Cristo, è colui che viene per farsi cibo dell’umanità affamata certamente del pane che placa i crampi dello stomaco, ma ancor più del pane che ha il sapore e il profumo del Cielo e dell’eternità.
Il Cielo rivolto e piegato verso la terra è la trasposizione letteraria del cuore di Dio che si piega sulla miseria dell’uomo. Il Pane vivo disceso dal cielo è la manifestazione visibile e sperimentabile della Misericordia di Dio abbondantemente riversata sul peccato, sul limite, sulla miseria che – per la sua condizione di creatura – appartiene all’uomo.
Questo il miracolo più grande svelato e rivelato da Cristo all’umanità: un Dio che in Cristo Gesù nella potenza dello Spirito Santo si fa cibo e bevanda di vita; un Dio che in Cristo Gesù nella potenza dello Spirito Santo si fa ingrediente segreto e manifesto a un tempo nell’elisir che dona all’uomo la garanzia dell’immortalità, dell’eternità.
Certamente, allora, è un Pane da ad-orare e contemplare e venerare, prima di tutto però è Pane da mangiare. Tutto ciò accade come dono per noi nell’Eucaristia. Ad-orare in latino significa anche portare alla bocca, mangiare. Quest’anno ci mancherà sicuramente la contemplazione, la venerazione – in varie forme tributata nella processione del Corpus – del Santissimo Sacramento che attraversa le strade delle nostre città. Non ci mancherà, tuttavia e grazie a Dio, la possibilità di portare alla bocca, di mangiare il Pane vivo disceso dal Cielo. Lo faremo celebrando l’Eucaristia. Ed anche noi sperimenteremo che se il cielo si è rivolto e piegato verso la terra è perché noi dalla terra possiamo salire verso il cielo che è l’eternità.