Dal Vangelo secondo Giovanni (3, 16-18)
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui.
Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Il Vangelo scelto dalla Chiesa per la messa nella Solennità della Santissima Trinità è un modo tutto originale di presentare il mistero del Dio Uno e Trino. Pochi versetti estrapolati da un lungo discorso che Gesù, all’inizio del Vangelo di Giovanni, intrattiene con un fariseo. Discorso che avviene di notte. Nota temporale particolarmente importante se è vero che il quarto Vangelo usa molto la simbologia della luce contrapposta alle tenebre. Lo stesso Gesù è definito già dall’inizio la luce vera che viene nel mondo per illuminare tutti gli uomini (cfr. Gv 1, 16). È Gesù stesso che mostrerà la verità di questa espressione quando da qui a poco darà il dono della vista, della luce, al cieco nato (cfr. Gv 9). Giuda, di contro, decide di tradire il suo Maestro di notte (cfr. Gv 13, 30). La notte, dunque, come simbolo del peccato, della lontananza da Dio, del male che vince sul bene, del non senso, dell’aridità e della mancanza. Nicodemo, è il fariseo col quale Gesù s’intrattiene, rappresenta tutti quelli uomini e quelle donne che cercano il senso della vita, s’interrogano su come scegliere il bene, riconoscendolo, rispetto al male, hanno interrogativi profondi come cisterne screpolate dall’arsura provocata dalla siccità dell’anima. Nicodemo decide di compiere un viaggio, un cammino: dalle tenebre alla luce. Andare da Gesù di notte, partendo dalla notte del vivere, significa aprirsi alla possibilità di ricevere lo svelamento del Mistero più grande: Dio.
E Gesù rivela non l’idea di Dio, non il concetto di Dio. Gesù decide di far conoscere Dio partendo dal fare stesso di Dio, dal Suo agire, dal Suo modo di essere in relazione.
La prima azione che Dio fa, che compie è amare: Dio ama e ama tanto. Sempre. Tutto e tutti. È nella Creazione del mondo, del cosmo e di ogni essere che in esso esiste che esplode e si manifesta per la prima volta il grande e immenso amore di Dio. Quest’azione è talmente costante e piena che Egli stesso è identificato come Amore: «Dio è amore» (1Gv 7). E «poiché da lui, grazie a lui e per lui sono tutte le cose» (Rm 11, 36) Gesù stesso ci racconta di un Dio che sa solo amare. In Lui non c’è spazio per l’odio, per le condanne, per i giudizi, le vendette e le oppressioni. Egli è «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà» (Es 34, 6). È il Dio che ha a cuore e dentro al Suo cuore l’esistenza di tutti, di ciascuno, la mia, la tua. È il Dio il cui amore, diffondendosi e distribuendosi, non si consuma, anzi si alimenta e contagia.
La seconda azione che Dio fa è la conseguenza logica della prima. Dio non ama a parole, ma coi fatti e nella verità (cfr. 1Gv 3, 18). Il Suo amore si vede e si concretizza nel dono più grande che ha fatto al mondo: Suo Figlio, l’amato. Dio consegna al mondo, a noi, il bene più prezioso che è vita della sua stessa vita. Non solo lo dona al mondo squarciando i Cieli e discendendo nel mistero dell’Incarnazione (cfr. Is 63, 19), lo dona ancor più consegnandolo alla morte in Croce nel mistero della Redenzione. E a questa consegna del Padre si unisce il Figlio consegnando a sua volta se stesso nel sacrificio più alto. Grazie a quest’amore donato e consegnato noi possiamo essere felici: questa è la vita eterna. «Siate gioiosi, tendete alla perfezione» (2Cor 13, 11). Questo è il Dio che Gesù ci rivela: un Dio che ti vuole realizzato, compiuto.
Credere a Dio, così, non è affermare dogmi freddi e sterili. Credere significa aprire gli occhi del cuore e della mente all’irrompere del Suo Amore che travolge e coinvolge la vita.
La terza azione di Dio la porta a compimento lo Spirito Santo. Nell’oggi della nostra storia, infatti, la potenza dello Spirito permette a noi di fare esperienza dell’amore di Dio che dona tutto di sé a me per la mia felicità: è ciò che sacramentalmente si realizza in ogni Eucaristia che celebriamo. È qui che Padre, Figlio e Spirito Santo manifestano nel tempo presente e nello spazio creato l’amore per il mondo e invitano ogni uomo e ogni donna, ogni essere vivente, ogni filo d’erba, ogni costellazione… ad entrare nel circuito d’amore della Santissima Trinità.