Stefano Minerva, nuovo presidente della Provincia di Lecce succeduto nell’ottobre scorso ad Antonio Gabellone.
Il sindaco di Gallipoli, candidato col centrosinistra ha raccolto circa il 58 per cento dei voti, battendo il candidato del centrodestra, Gianni Marra, sindaco di Squinzano.
Un bilancio in questo breve periodo di governo e le prospettive che attendono la città nei mesi a venire
Iniziamo ora a raccogliere i frutti di quanto fatto. Quando un Sindaco si insedia per la prima volta, deve prima avere contezza di quanto vi è attorno, definire le strategie e lavorare, investire. Solo con tanto impegno e innata volontà si possono raggiungere i risultati. Chi pensa al “tutto e subito” è chiaro che non ha minimamente idea di quanto sia complessa e farraginosa la macchina amministrativa.
Alla luce delle poche risorse a disposizione dell’Ente Provincia, quali saranno le priorità, le progettualità messe in campo e le criticità da superare?
È fatto noto che la riforma del 2014 abbia prodotto un notevole cambiamento dell’assetto istituzionale dell’Ente. Basti pensare alle competenze trasferite, comportando una riduzione considerevole non solo in termini economici, ma anche di personale e professionalità. In questi primi mesi di mandato, grazie al supporto dei settori e dei consiglieri provinciali, stiamo mappando tutte le criticità presenti, dando soprattutto attenzione a ciò che riguarda l’edilizia scolastica e il patrimonio provinciale. Ma ciò non basta: non possiamo immaginare una Provincia di Lecce che non sia capace di mettersi alla guida dei Comuni anche in ambito culturale, grazie al contributo fondamentale della Regione Puglia, non possiamo immaginare una Provincia che non sappia dotarsi di strumenti di marketing territoriale e turistici efficienti ed efficaci. Ecco, la Provincia che vogliamo è un Ente non solo pronto a fronteggiare le emergenze, ma che sappia gettare le basi per un futuro di riscatto, credendo nelle proprie potenzialità.
Lei è stato da poco con i giovani pugliesi a Cracovia, Auschwitz e Birkenau. Parliamo delle sue impressioni sul Viaggio della Memoria
L’esperienza mi ha colpito particolarmente. A tal proposito, non ho potuto fare a meno di scrivere una lettera ai ragazzi che ci tengo a riportare. Più sincera e spontanea di quella riflessione non vi è nulla. Nei campi di concentramento si provano sentimenti contrastanti, quel che è certo e che si torna più consapevoli, in un posto così disumano, si va alla ricerca di una ferma umanità.
“Visitare i campi di concentramento vuol dire capire fino in fondo di cosa è stato capace l’uomo.
Non un uomo diverso da noi, ma nostri stessi simili. E non secoli fa, ma poche decine di anni addietro.
Lo ha fatto con lucida freddezza e piena consapevolezza.
Ogni adolescente d’Europa dovrebbe venire ad Auschwitz e Birkenau per farsi delle domande ed elaborare delle risposte.
Si piange qui, per la rabbia verso chi è stato capace di ciò.
Ci si commuove a pensare quello che i prigionieri hanno subito.
Si torna da qui amando di più la vita, la democrazia e il prossimo.
Ma non basta: la memoria serve a non dimenticare, perché chi dimentica la storia è condannato a ripeterla.
Si torna più consapevoli, consapevoli del fatto che l’uomo sia stato capace di discriminare e uccidere, di suddividere i suoi simili in ebrei, omosessuali, stranieri, impuri, ma che non s’accorgeva che, semplicemente, si trattava di esseri umani.
E ciò accade anche oggi, quando sentiamo chi punta il dito contro il prossimo con disprezzo, utilizzando le parole “zingari”, “immigrati”, “profughi”, “musulmani”, “neri”.
Anche oggi c’è chi dimentica che il prossimo è, semplicemente, un essere umano.
Auschwitz e Birkenau ci insegnano anche questo, ci fanno capire che il grembo dell’orrore è sempre fervido in una società ignorante e indifferente.
Per questo lo studio serve ad aiutare l’emancipazione e la conoscenza della storia ad evitare altri disastri.
Io ho 32 anni, il doppio di molti ragazzi che visitavano insieme a me quei luoghi di morte ma meno della metà di mio padre.
Ogni volta che mio padre mi racconta qualcosa della sua vita mi sento più ricco e , nonostante le mille esperienze fatte in questi anni, sogno di arrivare all’età di mio padre ed arricchire gli altri con i miei racconti, sogno di sposare la donna che amo, sogno di invecchiare con gli amici di sempre, sogno di lasciare traccia tangibile per la mia città, di contribuire a costruire una società che non condanni un ragazzo per il luogo in cui nasce o per il cognome portato dal padre.
Sogno ancora di lottare per i più deboli e di fare del Salento una terra più ricca. Sogno di gioire e di emozionarmi. Sogno di poter guardare negli occhi i miei figli e dire loro “vedete questo? Si è fatto anche grazie a vostro padre”. Sogno di scrivere più poesie di quelle che ho pubblicato e di godere di albe e tramonti indimenticabili.
Posso farlo, perché ho ancora la vita davanti.
Max Grabowski è nato nel 1910. Dopo 20 giorni di prigionia nel campo, il 26 marzo del 1942 è deceduto. Aveva 32 anni, la mia stessa età.
Max avrà avuto gli stessi miei sogni e forse, anche di più. Ma ci fu chi gli strappò la vita e, con essa, la possibilità di sognare. Per questo ho deciso di gridare il suo nome,
Io ti ricordo Max!
E con questo urlo e questa mia visita ,per quello che posso, proverò a restituirti la dignità, quella che in questo campo di concentramento ti è stata tolta. Da quei luoghi in cui i colori delle passioni lasciano spazio al bianco e al nero della paura e della morte, parta un treno di gioia. Questo vi chiedo, aiutatemi a costruire ponti di gioia e speranza.
Per noi, per il futuro della nostra terra.
Perché la storia ci ha insegnato ciò che in futuro non deve ripetersi.
Spetta a noi vivere e scriverlo!
Da alcuni recenti sondaggi emerge un diffuso disinteresse da parte dei giovani alla politica. Cosa ne pensa a riguardo? Come stimolarli a partecipare alla vita politica?
Io credo fortemente in una politica fatta dai giovani, è un processo che ho vissuto io in prima persona. Sono convinto che ogni ragazzo e ogni ragazza debba automaticamente prendere parte attiva alle dinamiche e alle scelte politiche del proprio Paese. La politica è ovunque, è tutto; ed è vero questo disinteresse diffuso. La verità è che tocca a noi, a chi ci crede, risvegliare le coscienze e muoverci in un abbraccio collettivo.
Da Sindaco di Gallipoli, a più giovane uomo Presidente della Provincia di Lecce. Sognava questo incarico prestigioso oppure è stata una sorpresa anche per lei?
Posso essere sincero? Non era nei miei programmi. O meglio, non era uno step che avevo preso in considerazione nell’immediato. Diventare sindaco di una città importante e complessa come Gallipoli è stato, per me, un passaggio importante. Quando ero ragazzino divenni il primo Sindaco Baby della storia di Gallipoli e ricoprire la carica “vera” era per me un sogno. Un sogno possibile, infatti, come affermavo nel corso della campagna elettorale. Ad oggi, posso dire di essere onorato per la fiducia che i miei concittadini hanno riposto in me e per la stima ricevuta dai colleghi amministratori nel corso delle Provinciali.
In tutta onestà, non è cambiato nulla. Sono sempre rimasto il ragazzo semplice cresciuto in periferia, di certo ora con molte responsabilità in più, ma con una voglia di fare immensa.