Lecce – La città è città tutta, ma c’è chi combatte per vedersi riconoscere i diritti basilari, relativi ad una maggiore mobilità, sicurezza, mancanza di una quiete pubblica, smaltimento dei rifiuti, per non parlare poi del diritto alla casa. La città ha bisogno di sentirsi unita, ascoltata e interpellata. Sono stati questi i maggiori temi-guida della campagna elettorale del candidato del centro sinistra a Sindaco di Lecce, Carlo Salvemini.
Lo abbiamo intervistato …
Quali i punti principali dell’“agenda del cambiamento”?
L’agenda del cambiamento è un programma di governo che mette al centro l’innalzamento della qualità della vita dei cittadini attraverso il miglioramento dei servizi pubblici comunali. La cura dello spazio pubblico, il rafforzamento dei trasporti, le politiche di inclusione sociale e di lotta alla povertà, le politiche dello sport, le politiche culturali, sono tutti strumenti che un’amministrazione ha a disposizione per raggiungere un obiettivo fondamentale: garantire i diritti di cittadinanza a chi la abita, fare in modo che tutti, dal centro ai quartieri periferici, ai borghi, si sentano pienamente inclusi e partecipi della comunità che abitano.
Lecce è una bellissima città, ma una città che si dica realmente bella non deve soltanto essere abbellita, ma deve anche essere funzionale. A Lecce mancano i servizi, ma anche la sicurezza. Zone come la stazione ferroviaria, alcune strade del Rione San Pio, sono diventate terra di nessuno e i residenti vivono nella paura e nel disordine totale; le marine completamente abbandonate. La città inoltre è sporca e manca la manutenzione. Di chi è la colpa e quali i primi obiettivi da raggiungere per le periferie e le marine?
La periferia non è semplicemente un luogo geografico, non può essere circoscritta in alcune zone piuttosto che in altre. La periferia si trova ovunque si verificano condizioni di marginalità che coinvolgono fasce più o meno larghe di cittadini. Questa condizione può verificarsi nei dintorni della stazione in maniera più visibile ma anche al centro. Alla marginalità si risponde con politiche di inclusione che agiscano su due livelli. Il primo, con il quale daremo risposte ai bisogni primari di chi non ha casa o un pasto caldo al giorno, consiste nella realizzazione di infrastrutture come la Casa delle Genti, nella quale fornire un ricovero per i senzatetto e avviare progetti di inclusione sociale, e nel rafforzamento dell’offerta di pasti, della quale finora si è occupata in città solo la Caritas. Il secondo livello interviene su soggetti e famiglie a rischio di marginalità, cioè coloro che sono alle soglie della povertà. Bisogna progettare interventi per farli uscire dall’esclusione: ai bambini in difficoltà bisogna dare il sostegno scolastico, l’educativa domiciliare, i voucher per l’asilo nido, i buoni per il centro diurno e la ludoteca, la possibilità di fare sport, alle loro famiglie un sostegno all’affitto. È urgente utilizzare tutti gli strumenti a disposizione, perché una vita dignitosa consiste oltre che nel fare la spesa, nel sentirsi pienamente parte della comunità in cui si vive.
Sulle marine dico che se fossi un amministratore di centrodestra non avrei il coraggio di presentarmi nelle marine a parlare di rilancio. In vent’anni non sono riusciti a garantire neanche la rete idrica e la fognatura. Per quanto mi riguarda ripartirò dalle infrastrutture di base, che rappresentano la base sulla quale costruire ogni ipotesi di rilancio. Poi metteremo al punto il Piano delle Coste, che è uno strumento di programmazione che consente di pianificare lo sviluppo prendendo in considerazione obiettivi come la lotta all’erosione costiera, la necessità di garantire un accesso al mare per tutti ogni 150 metri, la possibilità di attrezzare le coste con un piano di parcheggi sostenibili e la realizzazione di percorsi ciclopedonali che ci consentano di valorizzare i nostri 22 chilometri di costa, posti in un’area naturalistica di grande pregio.
Un bravo Sindaco deve conoscere i propri cittadini e assecondare i loro bisogni. Nessuno avrebbe mai utilizzato il filobus e ciò si sapeva. Cosa pensa in merito?
Penso che il filobus vada rimosso perché rappresenta un “danno permanente per la città”, come scritto nero su bianco dalla giunta Perrone nella delibera con la quale si costituiva parte civile nel processo su quell’opera. Far girare a vuoto il filobus ci costa 1,2 milioni di euro all’anno, per rimuoverlo ne servono circa 4. Il filobus, inoltre, non ha aggiunto nulla all’offerta di trasporto pubblico precedente, dato che gira su percorsi che prima della entrata in funzione erano coperti da semplici bus urbani. Noi lo rimuoveremo per potenziare l’offerta: vogliamo reinvestire i proventi della sosta tariffata nel potenziamento del trasporto pubblico e lo faremo pubblicizzando la Sgm. Un’operazione necessaria che darà stabilità lavorativa ai dipendenti dell’azienda e che consentirà ai ricavi dei parcheggi a pagamento di essere reinvestiti e non di trasformarsi in utili per socio privato come avviene ora per parte di essi.
In merito all’assegnazione degli alloggi popolari, quali sono le soluzioni?
La casa è un bisogno che in città non è soddisfatto, per questo siamo un comune ad alta vulnerabilità abitativa. Il mio Piano Urbanistico Generale, unito al Piano Casa, utilizzerà due forti leve per rispondere all’emergenza abitativa: un forte impulso per nuovi importanti interventi edilizi di recupero urbano che dovranno prevedere una quota fissa di volumi destinati ad edilizia residenziale sociale. Laddove a Lecce, in aree di determinate dimensioni, si demolirà per ricostruire, o nell’ambito di grandi ristrutturazioni di iniziativa sia privata che pubblica, con cambi di destinazione d’uso (da qualunque destinazione) in residenziale privata, una soglia percentuale dovrà necessariamente essere destinata ad edilizia residenziale sociale. Sosterremo questa scelta attraendo gli investimenti privati con forti incentivi: premialità volumetriche, assegnazioni di aree, (agevolazioni urbanistiche), esenzioni fiscali e fondi di garanzia; dobbiamo poi guardare ad una parte dei grandi spazi vuoti di proprietà pubblica che oggi non hanno una funzione, sono sovradimensionati e terre di nessuno, come una riserva importante per aumentare la dotazione residenziale sociale della città. Possiamo densificare piccole porzioni di queste aree, con la costruzione di edifici di edilizia residenziale sociale, garantendo sempre la presenza di aree per servizi pubblici di quartiere, mettendo a bando la costruzione di nuovi alloggi a prezzi calmierati per attrarre investimenti privati.
Inoltre all’Ex Galateo, nel quartiere Leuca, pensiamo di realizzare il più innovativo progetto di housing sociale in Puglia: un progetto per edilizia residenziale sociale di nuova generazione con residenze miste, a prezzi calmierati per l’affitto, alloggi popolari, residenze per la vendita e spazi commerciali, dando così vita a forme di coabitazione tra fasce sociali e di età diverse, giovani coppie, anziani e studenti. Dobbiamo disegnare un progetto che assicuri l’integrazione tra spazi collettivi per attività multifunzionali condivisi e aperti alla città: spazi ricreativi, sale hobby, sale studio, laboratori, palestre, asili di vicinato e assistenza agli anziani.
Il piccolo commercio e l’artigianato sono l’essenza della città di Lecce, eppure mai come negli ultimi anni abbiamo assistito ad un forte collasso. I mercati cittadini sono un lontano ricordo e molte attività commerciali hanno chiuso le saracinesche. Ci sono speranze per la piccola e media impresa, per i mercati e cos’è il Micro Credito Comunale?
Diremo stop a nuovi ipermercati, che hanno soffocato i negozi di vicinato. Il centrodestra in questi vent’anni ha autorizzato troppi centri commerciali di grandi e medie dimensioni in città, io lavorerò per la tutela delle piccole attività commerciali, in centro come in periferia, perché rappresentano l’anima dei quartieri, presidi di socialità, spazi di vitalità.
Le Università, in particolare il “Codacci-Pisanelli” vige in uno stato di abbandono. Nulla fa pensare che esso possa essere un palazzo della cultura, mancano i servizi all’interno dell’Università e tra Università e Città. Sembra che le due più importanti istituzioni civiche abbiano smesso di comunicare. Nella sua “agenda del cambiamento” si parla anche del tema delle Università. Quale la sua proposta in merito?
Le due più importanti istituzioni civiche della città hanno il dovere di instaurare tra loro forme di collaborazione formalizzate e continuative, affinché la programmazione strategica di ciascuno sia conosciuta e condivisa dall’altro. Al Rettore Zara ho già proposto un protocollo d’intesa che, muovendo dalle premesse e dalle finalità del Protocollo siglato a Pavia nel 2015 dall’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) e dalla Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI), definisce la cornice delle azioni comuni da porre in essere al fine di rafforzare una relazione di reciprocità fra la città e l’Ateneo e di garantire una piena integrazione tra la comunità nativa, residente e universitaria. I principali obiettivi del protocollo d’intesa sono la produzione di innovazione sociale, l’attivazione congiunta di dinamiche di governance locale, l’inclusione sociale, il benessere e la sicurezza, una migliore integrazione della comunità studentesca, la sostenibilità ambientale, la valorizzazione dei rispettivi patrimoni architettonici e culturali, lo sviluppo economico sostenibile, la creazione di nuove opportunità di lavoro, la promozione e la diffusione dell’offerta culturale, sportiva e ricreativa.
Ultimamente i cittadini a fronte dei recenti episodi internazionali si chiedono se i Sindaci si siano posti il quesito se sia o meno necessaria un’azione decisiva in materia antiterroristica. Se ci ha pensato, come intenderà agire in merito?
Penso che lavorando con buon senso, insieme alle istituzioni preposte alla tutela della sicurezza e dell’ordine pubblico, un sindaco possa riuscire a garantire lo svolgimento di manifestazioni pubbliche senza necessariamente ridurre gli spazi di libertà dei suoi concittadini.