Negli ultimi tempi, uno dei termini più usati e abusati in politica è populismo. Tuttavia, circa il suo significato non vi è una visione condivisa ed unanime. Molti, al riguardo, gli articoli e i saggi che tentano di spiegare nel dettaglio il fenomeno politico cui sottintende. Non è azzardato affermare che vi sia una vera e propria confusione, quasi babelica, in mancanza di studi che ne sintetizino il significato. Ciò nonostante, è possibile intercettare in linea massima una perimetrazione del termine. Qui, pare che siano tre le caratteristiche fondanti del termine populismo. La prima attiene al rapporto diretto del leader politico con il popolo. La seconda riguarda l’assenza di una struttura organizzativa costruita in maniera definita, con delle regole precise e condivise. La terza attiene alla politica tout court, e cioè al fatto che il leader si fa portavoce delle istanze popolari. Quest’ultima si contrappone al partitismo che invece si compone di élite che interpretano e guidano il popolo, in una sorta di incedere alla Mosè con i suoi sacerdoti, che conducono il popolo alla Terra Promessa.
A ciò va aggiunto che, in Italia il termine populismo ha una connotazione fortemente negativa, perché richiama ed evoca l’esperienza mussoliniana, quella dei tempi dell’avvento del fascismo, nonostante il noto dittatore abbia mutuato il suo populismo da formule russe e del primo comunismo, che si sviluppò tra la fine dell’Ottocento e primi del Novecento. Altrove, il termine e la pratica politica paiono meno minacciose.
Il vero nodo attorno al quale si articola la questione sul populismo pare essere l’impostazione politica di fondo. Il vero contendere tra i populisti e gli antipopulisti pare che stia nella concezione di intendere il popolo. Mentre nel primo caso questo e il suo sentire sono la forza del leader e il suo gruppo, nel secondo caso il popolo viene inteso come soggetto passivo, pilotato e diretto da una ristretta élite organizzata in partito, che, invece, lo interpreta e ne definisce gli obiettivi. E per questi ultimi, il populismo, sia esso di destra sia esso di sinistra, appare il vero nemico, perché elide completamente la formula gerarchica in cui si struttura la società. La loro appare una soluzione democratica che si arresta al voto, mentre nell’ipotesi populista il cittadino oltre ad essere portatore di consenso popolare è anche laboratorio dei contenuti della politica.
E in Italia la questione come si pone? Negli ultimi trent’anni il populismo, dopo Mani Pulite, è stato ben interpretato fino al 1998 da Di Pietro e da Berlusconi. E se il primo si faceva porta voce della voglia di giustizia e onestà, il secondo faceva leva sulla mancanza di lavoro, sull’eccessiva pressione fiscale e su un’amministrazione statale invasiva. I due populisti diventano innocui intorno al 2000 perché il primo si eclissa, mentre il secondo si cristallizza in una soluzione partitica fortemente strutturata, organizzata e verticistica, alla quale il popolo lentamente si disaffeziona. Solo dieci anni dopo emerge un nuovo populismo, quello di Grillo. Un populismo di sinistra, antielitista, antiglobal, spinto contro il potere politico ed economico. E’ un populismo decisamente di sinistra, anche se agli inizi il popolo è disorientato circa la sua natura politica. Ma anche questo pare che sia alle battute finali, come il grillismo. Il Movimento Cinque Stelle infatti oramai è fortemente organizzato, in una struttura di tipo religioso e monacale, dove si accede per cooptazione. Apparentemente tutte le decisioni dei Cinque Stelle vengono prese dalla base, ma la carriera all’interno avviene per chiamata, come nella Chiesa e la sua organizzazione è molto simile a quella massonica, per cerchi concentrici, con una cupola. Un’indicatore del grande mutamento dei Cinque Stelle può intravedersi nel look e nella verbalità di Di Maio, molto dalemiano, dei primi anni Novanta: un vero e proprio manager.
L’astro nascente in Italia invece, pare Salvini, col suo populismo di destra, basato sulle necessità della gente di ordine e sicurezza nonché di rivalutazione del popolo italiano, nei confronti degli immigrati e dell’Europa stessa. Il suo look esprime l’italiano medio e la sua organizzazione politica molto approssimativa. Ma fino a quando?
Movimenti tutti questi, in ogni caso, che hanno messo in crisi la partitocrazia tradizionale, che non riesce a trovare nuove soluzioni per una sua riqualificazione e che, al momento, pare solo agire in un rapporto di mera forza.