È sotto gli occhi di tutti, di noi leccesi ovviamente, che Lecce e la sua provincia mai sono state meridionaliste. Nel capoluogo salentino parlare, poi, di meridionalismo pare essere quasi blasfemo. Nessuno soffre del senso di minorità rispetto al Nord eppure va al Nord per comprarsi le scarpe e le borse. Il leccese si autoesalta senza un sistema di comparazione. Poche e sparute le eccezioni e non vanno annoverati nel meridionalismo quei movimenti che combattono contro il baricentrismo. La situazione è migliore fuori Lecce, nella provincia ovvero, dove in ogni caso si presentano degli episodi, ma solo episodi è bene precisare, degni di nota e tra i quali spiccano esempi significativi a Parabita e Galatone, a Martano e Melendugno, mossi da studiosi locali.
Nessun politico azzarda una strategia meridionalistica nei suoi programmi e nel suo incedere. Tutti proiettati in una autoesaltazione senza un metro per un raffronto che rafforzerebbe l’azione e l’identità. Certamente va considerato che i politici leccesi sono l’ultimo anello di cordate nazionali ascrivibili ai grandi partiti e movimenti. Non ultimo il caso TAP, con i tradimento dei Pentastellati, che hanno completamente svenduto il Sud, da Genova questa volta. E sì, perché prima il Sud veniva svenduto da Bologna e da Milano, dove un contributo importante è venuto dalla capitale sabauda.
Intanto il divario Nord-Sud dopo il 2008 ha assunto proporzioni disastrose, perché di disastro si deve parlare quando si inquadra la situazione nazionale, dove un Nord vive alle spalle del Sud. Quanto potrà durare questa dinamica? Il Governo pare insensibile a tali questioni e pensa al deficit e alle spese militari per il rilancio dell’economia, senza considerare che invece basterebbe ribilanciare la politica fiscale nazionale, una politica che non sfavorisca il Sud, per un rilancio più che soddisfacente dell’economia italiana.
Tutto questo a tal punto che il Meridionalismo pare essere un tabù e il Meridione la vacca sacra.
E però qualcosa sta cambiando. Piccoli ma importanti segnali vengono da Lilla, associazione politico-culturale autonoma di Leverano, facente capo all’avvocato Giovanni Biasi, che ha posto al centro della sua politica proprio il riscatto del Sud come condizione per la ripresa economica nazionale.
Al riguardo Biasi afferma che: “Per fare questo occorre un gesto forte, di rottura; una rivendicazione dell’autonomia del Sud, restituendogli l’antica dignità di soggetto del pensiero. È necessario un radicale rovesciamento della prospettiva: il Sud come punto di vista autonomo e centrale e non come un non-ancora nord. Non si tratta di un leghismo del sud, ma di una rivoluzione nazionale che parta dal Sud, dalla fiducia nei propri mezzi, dalla volontà di accettare questa sfida da protagonisti e senza l’aiuto di tutori, con la voglia di rompere una lunga abitudine alla passività.
Non vogliamo essere benevoli nei confronti del Sud realmente esistente, vogliamo prenderne atto e partire da una sua bonifica, fisica, economica e morale, che porti ad una trasformazione dell’intero Paese. L’idea che è alla base di questa azione è rigorosa, conscia della difficoltà della sua realizzazione e della necessità di un immaginario coraggioso, di un orizzonte teorico solido, di un protagonismo della società civile e del rinnovamento delle forze politiche in campo.”
Certamente, il Nostro Biasi è all’inizio di un lungo percorso e però con lui la politica leccese finalmente mostra un’autonomia e un’idea propria, non collegata alle grandi cordate nazionali, dove si tutelano gli interessi particolari di singoli territori, senza avere una visione generale.
Lecce s’è svegliata?