L’opera prima di Benedetta Tomasello è un viaggio della protagonista attraverso la macchina del tempo dei ricordi. Il racconto è scritto con linguaggio semplice e scorrevole intercalato da frasi e battute in dialetto siciliano. Per l’esattezza l’autrice usa un vernacolo tipicamente paesano che si avvicina più al palermitano; per essere precisi usa il dialetto del paese di Santa Flavia.
Questo stile di abbinare l’italiano alla lingua “madre” ha fatto la fortuna di autori del calibro di Camilleri, tanto per citarne uno dei nostri giorni.
È un racconto d’amore, l’amore più vero, l’amore più sincero, quel tipo d’amore che vive attraverso le strozzature del destino e del normale corso della vita, l’amore che vive oltre la morte: l’amore tra genitore e figlio.
Narrato con gli occhi di una bambina che non vuole crescere perché della sua infanzia conserva nella mente, e nel cuore, la figura del padre; una persona umile anche se ricca, una persona che le ha insegnato tutto e tanto.
In modo ironico e quasi fiabesco la protagonista fa riflettere il lettore, regalando di tanto in tanto una bellissima foto della Sicilia: terra di sole, di mare e d’amore.
Scrittura creativa con angoli ancora da smussare, ma penna matura per continuare a scrivere e ad emozionare: questa è Benedetta Tomasello.