Un libro di Cristina Comencini“Mi aspettava tutti i giorni fuori dall’università, andavamo a casa dei suoi a fare l’amore. Si camminava tra i libri, te lo ricordi? Lui voleva venire via da lì, avere una casa sua con me. Io gli ripetevo che volevo viaggiare, che non sapevo cucinare e che mai e poi mai sarei stata una madre. Che ero nata così, e non ci si poteva fare niente. Lui si metteva a ridere, diceva che era per questo che gli piacevo, perchè ero diversa, avevo un difetto di fabbrica. Si, infatti, gli ripetevo, è così.”
Sara è una donna complicata, una madre difficile, ma soprattutto una donna alla ricerca della sua autonomia. Paleoantropologa che ha impiegato tutta la vita a studiare l’evoluzione della specie, il passaggio degli ominidi a homo sapiens, rivede il suo “difetto di fabbrica” in Lucy, sua progenitrice con piedi diversi da quelli delle altre femmine, il suo alluce era allineato con le altre dita. Franco si innamora di Sara e la sceglie proprio perché diversa dalle altre, ma ad un certo punto sarà costretto a lasciarla perché è una donna che non trova pace in nessun posto del mondo.
Il divorzio colpisce entrambi, ma ancora di più i “figli del loro amore”, come ama definirli la scrittrice. Matilde e Alex, già figli trascurati da una madre sempre in viaggio tra l’Italia e la Tanzania per lavoro, vedono la fine del matrimonio tra i loro genitori e l’inizio di una nuova unione del padre, da cui nascerà anche un altro figlio. Dopo diversi anni, Sara, da sola a Roma in agosto, riflette sulla sua vita, sulle scelte che ha avuto il coraggio di prendere e di cui oggi paga le conseguenze. Scopre a questo punto di essere malata di Alzheimer e decide di tirare i conti con sé stessa: con l’aiuto di Milo, un giovane ragazzo, cerca di risolvere le questioni lasciate in sospeso col suo cuore prima di sparire…
Con una scrittura sottile e viva, Cristina Comencini ci dà una lezione su ciò che diventano spesso le famiglie in Italia dopo la fine di un matrimonio: scenari di guerre fredde con intorno solo rovine, ricordi di offese pungenti e frasi mai dette sospese nella memoria. E a subire tutto questo “freddo” restano i figli, frutti meravigliosi di ciò che un tempo brillava come il più eterno tra i sentimenti, l’Amore con l’A maiuscola.
Sara e Franco sono consapevoli di non avere colpe dell’insuccesso della loro unione, ma capiscono forse un po’ tardi che quando tra due persone c’è stato un amore che ha dato dei “frutti”, forse la comunicazione non si dovrebbe interrompere mai.
Un romanzo che si adatta benissimo ai nostri tempi moderni, così veloci come un “Tweet”, in cui sembra che i personaggi comunichino addirittura come in chat su Facebook. Intrigante caratteristica, tra l’altro non nuova alla scrittrice forse a causa delle sue evidenti doti di regista, quella di coinvolgere il lettore nel dialogo con la protagonista: Sara si racconta in maniera intima e si rivolge a noi con un confidenzialisssimo “tu”. Un libro meraviglioso che riesce a farci riflettere sui corsi che la vita spesso prende senza che noi ce ne accorgiamo e che, come protagonisti passivi, accettiamo.
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