È sempre più chiaro il disorientamento “strategico” non solo dell’uomo comune, ma anche della politica. Quest’ultima ha perso la proiezione futura, la prospettiva, attardandosi in un quotidiano più che per necessità, per mancanza di un lume, d’idee, che solleverebbero in maniera importante l’umore e la soddisfazione del popolo italiano. E tutti invocano in maniera rassegnata e con sbigottimento, la liquidità di Bauman. Qui e lì, qualcuno tuttavia invoca un nuovo corso sociale: voci sparse e non connesse tra loro. E anche in provincia di Lecce qualcuno, uscendo dallo stupore per i tempi correnti che non riesce a qualificare, cerca di puntare il dito verso nuovi e rinnovati scenari (Alessandra Peluso da Affaritaliani.it).
Ma è partendo dalla storia, quella recente, ovviamente, che si riesce ad intravedere un percorso sociale, quello italiano, che presenta sue logiche e peculiarità. E perché no, anche una certa coerenza.
Nel secondo dopoguerra e fino a metà degli anni ’60 la preoccupazione nazionale, che permeò tutte le politiche, animando intellettuali e statisti, vide come tema centrale l’industrializzazione del Paese e l’affrancamento dal mondo contadino, reputato povero e precario. Sicché l’Italia liberale si industrializzò. E costruite fabbriche e strade, ferrovie e ponti, mentre la popolazione cominciava a focalizzarsi nelle città, il tema si spostò negli anni ’70 e fino alla fine degli anni ’80 sulle questioni legate al welfare, in cui la sinistra mise in campo tutte le sue forze. Raggiunto un certo benessere, l’interesse sociale si centrò sulle problematiche riguardanti la tutela e la sicurezza sul lavoro, la previdenza, l’assistenza sanitaria, che traboccarono letteralmente in ogni casa italiana. In questi frangenti, preoccupanti ed anticipatorie si posero le politiche della Lega Nord, il cui fulcro era la corruzione e lo spreco dello Stato italiano, che tuttavia non mostrarono, se non in maniera limitata, connotazioni preoccupanti.
Con il crollo del muro di Berlino, nel 1989, sparì il centro destra, la Democrazia Cristiana e il partito socialista e sia i comunisti sia l’estrema destra, ovvero i missini, rinnegarono i loro principi rivoluzionari, i primi, reazionari, i secondi. Un orientamento che fu alimentato, se non indirizzato, dai promotori della faccenda Mani Pulite. Nacque così la seconda Repubblica, il bipolarismo, che ebbe una vita non definita sino alla metà degli anni ’90 quando nelle case italiane entrarono le tematiche legate all’Europa e all’Euro, in cui la sinistra mostrò la stessa determinazione degli anni ’70, nel promuovere l’integrazione italiana. Più in sordina, ma altrettanto importante fu lo smantellamento dell’industria di Stato, controllata dall’IRI, a cui la sinistra diede un contributo determinante. Il nuovo corso si accompagnò ad una instancabile azione denigratoria di Berlusconi. È questa la novità: denigrare il capo del Governo. Una prassi che pare sia diventata tradizione in Italia. Atmosfere queste che coinvolsero tutti e che durarono fino a qualche anno dopo l’introduzione della nuova moneta, quando, nel 2008, si innescò la grande crisi mondiale.
A partire dal 2009, infatti, tema centrale della società e della politica italiana fu lo spreco e una marcata attività dello Stato in senso redistributivo verso l’alto e verso i burocrati. In tale quadro prende forma il Movimento 5 stelle e l’imposizione dall’alto del Capo del Governo. I primi interessati all’efficientamento della Stato, i premier, a partire da Monti, invece interessati allo smantellamento del welfare e dello statuto dei lavoratori. Nel frattempo, l’attacco alla classe politica, da parte dei Media, è frontale, portando così alla perdita di tutti i punti di riferimento sociale. Il risultato di un ventennio è uno Stato che operativamente s’è ridotto, ma ha aumentato in maniera vieppiù crescente le sue entrate. Così, se da un lato il cittadino vede ridotto di giorno in giorno le profusioni di uno Stato, che invece chiede sempre di più. Uno Stato che sta creando una ristretta classe agiata, soprattutto di burocrati -che costituiscono la vera novità- attraverso una politica a svantaggio del popolo: in sostanza toglie al popolo e dà ai ricchi.
Anni questi in cui il divario Nord-Sud mostra note preoccupanti e dinamiche mai registrate in precedenza. Anche qui lo Stato assorbe velocemente risorse finanziarie dal Sud più povero e le orienta a tutela delle popolazioni più ricche del Nord. Intanto, però, archiviata da Prodi negli anni ‘90, la Questione Meridionale riemerge nuovamente e con forza. Questa volta però non alimentata dagli intellettuali organici di sinistra. Il fenomeno è spontaneo e -perdurando la politica redistributiva verso i ricchi da parte dello Stato- non potrà che trasformarsi nel nuovo tema socio-politico di grande portata per i prossimi lustri. È sotto gli occhi di tutti oramai che la storia del Sud è stata falsificata, come sotto gli occhi di tutti sarà nei prossimi anni la dissennata politica dello Stato a danno delle popolazioni meridionali, attraverso un’ingiusta politica fiscale e sociale. E ciò a maggior ragione se la paventata ripresa economica non lenirà le ferite inferte al Sud dopo la crisi del 2008.