Se l’imprenditoria in provincia di Lecce si mostra particolarmente pigra, non così, invece nella sua componente femminile, che sicuramente si pone, quanto a sviluppo, da battistrada nel Sud Italia. In altre parole, sotto il profilo produttivo ed economico il mondo femminile in provincia di Lecce evidenzia dinamiche anticipatore rispetto alle altre aree del Mezzogiorno cui si associano performance di grande rilievo.
Oggi, nel leccese le imprese in rosa rappresentano il 17% e in termini assoluti sono circa 12.000. Un’impresa su cinque è dunque targata al femminile. Un dato di tutto rilievo e di primaria rilevanza, soprattutto in ambito regionale. Ma c’è di più. L’oscillazione del numero delle imprese condotte da donne ha fatto registrare nell’ultimo decennio, e cioè a partire dal 2001, andamenti meno marcati (2-3%) rispetto a quelli complessivi della provincia, che si aggirano intorno all’8%. Ciò, mette in evidenza la loro maggiore stabilità ed equilibrio nella gestione, rispetto all’operato dell’universo maschile, che pare sia caratterizzato da maggiore precarietà e discontinuità. Tale circostanza è di grande rilievo perché argina le critiche che vengono apposte al loro reale sviluppo. Molto spesso, il luogo comune è che l’imprenditoria femminile sia cresciuta in parte sotto la spinta della legge n.215/92, che è stata strumentalizzata al fine di ottenere finanziamenti da soggetti non qualificati, in parte dal fatto che questa venga utilizzata spesso come “copertura” di attività maschili. La buona gestione delle imprese femminili, invece, deve far pensare ad un avanzamento sociale concreto da parte del “sesso debole”, che sotto molti aspetti contribuisce in maniera di non poco rilievo alla stabilizzazione del sistema economico provinciale. Certamente, eccezioni ve ne sono tante e i dati vanno osservati con prudenza, ma complessivamente il fenomeno dell’imprenditoria femminile nel leccese appare connotato da concretezza nella sua portata e nell’aspetto messo in luce e così non sarebbe se le sue dinamiche fossero più disarticolate. Cosa che, come accennato, non è.
Nel leccese i settori produttivi interessati dalla conduzione delle donne sono quasi tutti, ma quelli in cui costoro si focalizzano sono il commercio al dettaglio, con il 35%, le attività di servizi alla persona, con il 9%, e, in forte crescita, anche nella ristorazione, con l’8%.
Sicuramente sin qui esposto mette in luce una realtà di rilievo. E tuttavia, si sta considerando solo la punta di un iceberg, e cioè quella che emerge in maniera netta e chiara. Moltissime tuttavia sono le donne implicate nel mondo economico da protagoniste, ovvero come socie di capitali, come amministratrici di società, come socie nelle cooperative. Considerando tale universo, questo conta di ben 34.788 unità, nel 2015, pari circa ad oltre il 4% della popolazione provinciale. Un dato in forte incremento dal 2007, quando ammontava a 28.400 unità circa, registrandosi infatti, un’espansione nel periodo considerato (2007-2010), di oltre 6.000 unità. Una figura, quella femminile, dunque, in netta ascesa nel panorama economico della provincia di Lecce. Qui le donne con incarichi di rilievo nella gestione d’impresa, ovvero in qualità di amministratore di società, sono poco meno di 8.000.
Al di là di questo scenario, che illustra, sia pur in termini sintetici, la posizione preminente dell’imprenditoria femminile, sia a livello provinciale sia in un ambito più ampio, quale quello regionale e meridionale, ci si chiede il perché di questa sua caratteristica, di questo suo porsi alla guida del processo di emancipazione economica della donna del Sud.
A riguardo tale processo lo possiamo osservare sotto due aspetti: uno orizzontale e l’altro verticale. Il primo attiene ai settori produttivi, dove l’emancipazione si sostanzia nel passaggio dai settori meno evoluti e quelli più evoluti. Il secondo, invece, alle mansioni e quindi, al passaggio da attività strettamente operative a quelle eminentemente strategiche e direttive.
Ora l’emancipazione economica della donna leccese si è compiuta più rapidamente rispetto altrove, molto probabilmente perché l’emancipazione orizzontale è avvenuta molto prima rispetto ad altre aree meridionali e che è stata, a sua volta, la spinta determinante e ovvia per il successivo passo verso l’emancipazione verticale. Va ricordato riguardo a ciò che le donne leccesi sono entrate in fabbrica, ovvero nei tabacchifici, già negli anni ’20 del secolo scorso. Un distacco dall’agricoltura tout cour che è avvenuto più di novanta anni fa, facendole entrare quindi, nel mondo dell’industria, e dunque dell’organizzazione razionale dei processi produttivi, consentendole sicché, di acquisire dimestichezza col mondo economico più evoluto rispetto a quello rurale.
In conclusione, l’odierna imprenditoria femminile ha dietro di sé una storia coerente, che ne fa del suo attuale assetto una risultante naturale, che risente poco delle spinte estranee al suo mondo e alle sue dinamiche. Uno sviluppo dunque che tutto sommato si presenta interno e in linea con la più generale cultura locale.