Vedere e sentire suonare giovani musicisti è come assistere al risveglio della primavera ove l’attesa per il nuovo e per la bellezza è sempre auspicabile. È accaduto la scorsa domenica 5 marzo nel Saloncino del Teatro della Pergola di Firenze davanti ad un numeroso pubblico con una piacevole presenza di giovani. Interpreti due violinisti, pur dotati di temperamento diverso, che per alcuni aspetti si completano: Laura Marzadori e Andrea Obiso. Entrambi vantano un curriculum di tutto rispetto e risultano vincitori di concorso per primo violino di spalla in due importanti istituzioni: Marzadori, a 25 anni, presso l’Orchestra del Teatro alla Scala di Milano e Obiso, a 26 anni, presso l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia di Roma.
Fin dall’inizio i due interpreti si sono imposti al pubblico dimostrando sia una significativa maturità artistica che una padronanza nell’uso del proprio strumento tale da non ravvisare nessuna difficoltà nel saper restituire una chiara lettura delle opere in programma. Curioso il fatto che la maggior parte delle musiche fossero scritte da compositori essi stessi violinisti: dettaglio che non è sfuggito, viste le peculiarità della scrittura. Pur nell’essenzialità dell’organico, sono emersi aspetti in cui entrambi gli interpreti erano chiamati a manifestare una serie di particolarità che esaltassero sia le raffinate possibilità tecniche che polifoniche dello strumento. Se da un lato è emerso equilibrio, collaborazione e intesa, tipico del suonare insieme, dall’altro si è assistito a caratteristiche in cui ognuno, indossato il ruolo di solista, sfoderava una elegante ma anche solida tecnica che traghettava l’ascoltatore nel tanto atteso virtuosismo. Bastava sentirli suonare insieme che l’ “incontro” musicale tra i due musicisti sembrava quasi naturale. Lo si è verificato nel Duo Concertante in re maggiore op. 67 n.2 di Louis Spohr, nella selezione dei Duetti op. 49 di Reinhold Moritzevič Glière, nella Sonata in do maggiore per due violini op. 56 di Sergej Prokof’ev e infine in una selezione della Suite Case di Giovanni Sollima.
Il programma prevedeva anche due pagine importanti (tratte dalle Sei sonate per violino solo op. 27, composte nel luglio 1923) di Eugène Ysaye, musicista belga che ha scritto in prevalenza per il suo strumento. Nelle due composizioni ogni interprete era chiamato a far rivivere e misurarsi con le difficoltà e complessità della musica degli inizi del Novecento, predisponendosi ad affrontare una serie di problematicità: espressione della stessa evoluzione e concezione dello strumento del compositore, scomparso nel 1931.
Nella prima Sonata n. 3 in re minore abbiamo assistito ad un’esecuzione in cui la violinista bolognese ha sfoderato una sicurezza incredibile nel tradurre sonoramente lo spartito sia nelle parti iniziali in cui vengono anticipati motivi più espressivi che nel resto della composizione in cui la cifra predominante è caratterizzata dal virtuosismo tout court. Poi è stato il turno del musicista palermitano con la Sonata n. 6 in mi maggiore. In questa occasione Obiso, suonando rigorosamente a memoria, ha messo in luce la sua bella natura musicale in cui si poteva percepire una significativa espressività, un profondo vibrato, e una certa naturalezza nell’ esplicitare quella straordinaria espansione della tecnica dello strumento nel XX secolo.
Ulteriore nota di merito degli interpreti è stata l’aver fatto conoscere al grande pubblico due autentiche ‘perle’ di un musicista più spesso ricordato come violinista anziché compositore interessante ed audace.
Il concerto si è concluso con un fuori programma, con un duo cameristico ove, ancora una volta, si è ribadito l’importanza nel ripercorrere e rendere sensibili quei processi creativi insiti nelle composizioni, a condizione di sapersi predisporre intelligentemente in quella ‘raffinata conversazione’ di goethiana memoria.
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