In occasione della ricorrenza della nascita di Nicola Arigliano (6 dicembre 1923) si offre un ricordo piuttosto inusuale e “sentimentale” dell’illustre figlio di Squinzano, derivato da una conversazione con suo nipote Franco.
Nicola riceve i primi insegnamenti musicali dalla madre, Cosima Maggio, e ciò rappresenta quasi un fil rouge che si snoda tra alcune tappe dello showman giungendo all’eredità artistica trasmessa al figlio del fratello. Corre l’obbligo sottolineare quanto, pur essendo passati 10 anni dalla sua scomparsa, la sua figura sia ancora presente nella vita del nipote.
Fin da bambino Franco vede lo zio come l’artista e il mito della famiglia; in seguito il rapporto tra i due diventa fraterno ed entrambi, pur vivendo lontani, soprattutto negli ultimi anni, si cercano per telefono ed ogni occasione è buona per incontrarsi. Essi parlano delle reciproche aspirazioni, dei personaggi del cinema e della televisione, ma anche di progetti e di temi sociali. Il loro è un rapporto particolare e significativo: sempre uniti da un profondo affetto e dalla passione per la musica e la cultura, vivono alcune esperienze artistiche quasi di riflesso, mentre lo zio è sempre prodigo a dispensare consigli a Franco che, nel frattempo, è diventato uno stimato docente presso il Conservatorio di Monopoli.
Accennare al grande crooner attraverso i ricordi del nipote musicista, oltre che rappresentare un atto di affetto e di riconoscenza, è anche occasione per parlare di musica.
Per tutti Nicola Arigliano è stato un artista eclettico: cantante, personaggio della televisione, attore, jazzista, ecc. E il nipote come lo definirebbe?
Per me è stato uno zio affettuoso, premuroso e sempre presente nella mia vita. Benché famoso, e orgoglio della nostra famiglia, rimane sempre lo zio Nicola.
Può raccontare un aneddoto sul suo carattere?
Una peculiarità del suo carattere, riconosciuta da tutti, è stata l’ironia accompagnata da una singolare vis scherzosa. Un episodio inedito che mi viene in mente risale al 1964 e si riferisce ad un invito a cena ricevuto da una famiglia di Trepuzzi residente a Roma. Antefatto: Nicola, trovandosi nella capitale, invita gli amici di cui sopra ad un concerto di Duke Ellington che ha conosciuto negli USA. Essi declinano l’invito perché confessano di amare più la musica classica del jazz, in particolare quella di Chopin. L’anno seguente Nicola ritorna a Roma per una registrazione Rai e, pur di incontrare nuovamente gli amici salentini, si autoinvita a cena. Alla gioia dell’evento, egli precisa che porterà un loro beniamino svelando che si tratta del pianista Alfred Cortot, celebre interprete chopiniano. Desiderosi di fare bella figura nell’ospitare due così grandi personaggi, gli amici organizzano la cena affidandola ad un servizio catering e allestendo tutto in pompa magna. Arrivato l’orario della cena, con molto stupore degli amici Nicola si presenta da solo e, alla domanda sull’assenza del pianista francese, risponde: «eccolo», esibendo un suo disco: «come potevo portare il grande pianista francese visto che è morto tre anni fa?», facendo restare allibiti i “grandi esperti” di Chopin.
Quanto e come la figura dello zio ha influito sulla sua decisione di affrontare gli studi musicali?
Direi che è stato determinante. Il tutto risale ai primi anni ’70. Egli, ritiratosi nella casa in campagna a Magliano Sabina, inizia a studiare composizione con il maestro Angelo Corradini. In quegli anni suonavo la chitarra e, pur orientatomi verso il jazz, osservando i primi lavori compositivi realizzati dallo zio, ho deciso che quella sarebbe stata la mia futura professione. Ironia della sorte: lo zio Nicola si orienterà verso il jazz ed io, dedicandomi interamente agli studi musicali classici, conseguirò i diplomi in COMPOSIZIONE, MUSICA CORALE E DIREZIONE DI CORO, unitamente a STRUMENTAZIONE PER BANDA.
A distanza di dieci anni dalla sua scomparsa, cosa le manca dello zio?
Sicuramente la presenza, il colore particolare della voce, caratteristica che per me resta musica, il parlare e il confidarsi, come se fosse un fratello maggiore; inoltre, avendo perduto presto mio padre, anche una guida. Mi manca il suo affetto; mi manca tutto!
Ci auguriamo che, interpretando il desiderio delle persone che gli hanno voluto bene, appena sarà possibile, si possa realizzare nella sua terra un grande evento culturale di alto spessore scientifico a lui dedicato e, nel chiedergli Resta Cu’ mme, ricordarlo ancora una volta.