Il viaggio, presente fin dall’inizio della nostra avventura su questa terra come esseri umani, un modo per esplorare ciò che ci circonda, per conoscere nuove culture, nuovi popoli, fare nuove esperienze e conoscere usi, cibi e tradizioni di posti per noi inesplorati. Ogni essere umano è attratto dalla voglia di viaggiare, un modo anche per sfuggire un po’ dalla monotonia, per abbandonare i problemi della vita di ogni giorno o forse per non pensarci.
Uno dei viaggiatori per antonomasia è naturalmente Ulisse, guerriero e forte uomo con un solo “tallone di Achille” (passateci il termine), ovvero quello della nostalgia, una nostalgia verso la propria famiglia, che lo vede intraprendere un viaggio ricco di insidie, in cui conoscerà e si scontrerà con esseri mitologici dai poteri soprannaturali. Questo bellissimo poema in realtà rappresenta proprio il viaggio della vita, un cammino irto di pericoli e sorprese, volto sempre al ritorno verso il nido familiare, quel nido accogliente in cui tutti noi ci sentiamo protetti.
Ma allora quanta importanza ha il viaggio per l’essere umano? Quanto la nostra voglia di sfuggire dalla routine, o dalla vita stessa è realmente un volersi spostare per allontanarsi da casa? Il viaggio è lontananza, il viaggio è cambiare abitudini, il viaggio è adattamento ad un nuovo che può spesso non compiacerci, il viaggio è distacco dagli affetti, è aver paura di volare in alto per poter guardare dall’esterno il nostro operato, la nostra esistenza, ciò che facciamo ogni giorno, perchè potrebbe non piacerci. E allora la domanda sorge spontanea e diventa quasi l’antitesi del viaggio stesso: viaggiamo per ricercare o per perdere noi stessi? Cosa ci spinge ad intraprendere questo percorso se pur di pochi giorni?
Il comune denominatore rimane sempre uno, ovvero “il proprio sé”, infatti, sia che ne andiamo alla ricerca o che vogliamo perderlo, resta il fatto che chi viaggia ha un “sè” ballerino, travolto troppo dalla puerilità incontaminata del mondo che ci circonda, da una società che ci rende insoddisfatti e quindi inconsciamente propensi a viaggiare, allontanandoci ogni volta da quel nido familiare chiamato casa. Vi starete chiedendo: “È così riduttivo il viaggio?” Facciamo un esempio, ammettiamo che il vostro desiderio sia acquistare una TV di ultima generazione, dopo vari sacrifici, riuscite a permettervela, contenti ed entusiasti, per anni vedrete solo quella TV, la usate e la riusate felici di averla con voi. Passa il tempo e questa televisione inizia a dare qualche problema, si vede male, a volte non si accende ecc., creando un certo disagio a voi e alla vostra vita; allora che si fa? Se ne compra un’altra che soddisfi le proprie esigenze. La vecchia TV, in questo caso rappresenta il nostro sé, appagato per un periodo di tempo limitato, fino al prossimo disagio, che lo tramuterà nuovamente in un sè ballerino; la nuova televisione che acquisteremo, invece rappresenta il viaggio, infatti, per poter fare un acquisto valido, noi ci prepariamo ad acquistarla, ci informiamo fino ad andarla a prendere, per avere un nuovo sè che ci faccia continuare a vivere bene.
Tutto questo discorso è utile a farci capire che il viaggiare, non è altro, come detto prima, un modo per ovviare ad un disagio creato dal nostro sé, un po’ come un pagliativo che ci permette di vivere meglio in questo mondo fantastico, ma la sensazione unica di quando si ritorna nella propria Itaca, non ha nessun prezzo…