Il punto di vista
Si è conclusa nel tardo pomeriggio di ieri l’elezione per il 12° Presidente della Repubblica che ha visto, per la prima volta nella storia, rieleggere il presidente uscente Giorgio Napolitano con 738 voti su 1007 disponibili all’interno di un emiciclo parlamentare riunito in seduta plenaria.
Nella stessa giornata di ieri alla ri-elezione di Re Giorgio al Quirinale ha fatto seguito una manifestazione pacifica presso piazza Montecitorio che accusava i partiti politici di inciucio invocando a gran voce il nome di Stefano Rodotà, noto docente universitario di Diritto Civile e promotore del referendum per l’acqua pubblica, candidato al Quirinale dal Movimento 5 Stelle.
Parte del tessuto sociale, di provenienza politica trasversale, ha chiesto, per tutti i giorni che sono seguiti all’elezione di Napolitano, le motivazioni per le quali Rodotà non potesse essere eletto come Presidente della Repubblica.
Se analizziamo bene la situazione politica comprenderemo il perché la sua elezione non sarebbe potuta mai avvenire. Il tutto per una pura questione matematica.
I grandi elettori del Movimento 5 Stelle, insieme con quelli di Sinistra Ecologia e Libertà avrebbero potuto raggiungere quota 211 voti. Per l’elezione di Rodotà dalla quarta votazione in poi, dalla quale per essere eletti è sufficiente raggiungere la maggioranza assoluta, mancavano ben 293 voti. Naturalmente questi voti non sarebbero mai arrivati dalle file del Popolo delle Libertà, tantomeno da Scelta Civica. Quest’ultima, infatti, aveva proposto un loro candidato, l’ex-ministro dell’Interno Anna Maria Cancellieri.
L’unica alternativa possibile sarebbe stata quella in cui tutto il Partito Democratico convergesse sul candidato del Movimento 5 Stelle. Ovviamente una tale scelta sarebbe stata l’ennesima sconfitta interna al partito e per la, ormai, dimissionaria dirigenza di via delle Fratte. Infatti. dopo la prima débâcle con la candidatura di Franco Marini, il Partito Democratico aveva deciso, all’unanimità, di candidare il fondatore dell’Ulivo, Romano Prodi. Ma anche questa scelta si è risolta in una misera sconfitta.
Questa serie infinita di fallimenti ha portato nella mattinata seguente, il Partito Democratico, insieme con le altre forze politiche di Scelta Civica e Popolo delle Libertà, a chiedere, o meglio pregare, Re Giorgio ad accettare un secondo mandato come Presidente della Repubblica. Si intuisce fortemente che la scelta fatta da Napolitano, che ricordiamoci compirà 88 anni il prossimo 29 Giugno, è stata dettata da una crisi politica dei partiti molto forte, incapaci di gestire qualsiasi situazione. Inoltre la sua elezione probabilmente sarà a tempo determinato. Con la sua rielezione, infatti, egli avrà la possibilità di proporre una formazione di governo tale per cui si possano fare le riforme essenziali per la ripresa economica e anche la formulazione di una nuova legge elettorale con la quale volgere a nuove elezioni. Elezioni che molto probabilmente potrebbero avvenire nel prossimo autunno o al massimo la prossima primavera.
Le soluzione che Napolitano potrà proporre non sono tantissime. Sicuramente vi sarà una convergenza pluripartitica, le cosiddette “larghe intese”. Si pensa che possano essere inseriti all’interno della formazione di governo i 10 “saggi” con a capo dell’esecutivo uno tra Giuliano Amato, già presidente del Consiglio durante la crisi della prima Repubblica (1992-1993) e anche nel 2000-2001, oppure Enrico Letta, esponente di spicco del Partito Democratico.
Tra tutte queste ipotesi l’unica certezza è che con ieri da una auspicabile evoluzione politica si è passati ad una certa “involuzione politica”.
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