Il punto di vista
Ho sempre creduto nell’inutilità degli esami cosiddetti di maturità.
Un enorme spreco di denaro pubblico che non aggiunge nulla alla cultura, alla preparazione degli studenti dell’ultimo anno di scuola superiore.
Un incontro con docenti presi qua e là che si annoieranno a morte correggendo pile di compiti spesso scopiazzati e ascoltando parole sudate di alunni intontiti dall’ansia. Professori investiti dalle maledizioni spedite dai ragazzi con generosità, verso un sistema insulso che li ha tolti al divertimento delle spiagge per tenerli chiusi in bollenti simulacri.
Ma forse c’è un elemento da non sottovalutare in questo cimitero di pochezza. Ed è l’attesa.
L’attesa che diventa poesia, che un giorno farà parte dei ricordi più belli di molte esistenze, comunque andranno le prove d’esame. L’attesa che unisce e forma.
Gli incontri con gli amici, quell’ultimo sguardo al percorso, un patetico immedesimarsi con Leopardi, l’amore infelice per Silvia, così uguale al mio per “lei”, l’equazione di matematica che risolvo sempre ma forse domani no ( fatemi fare gli scongiuri ), il male di vivere di Baudelaire, Hitler e la sua follia, Anna Frank che nei campi di sterminio di notte guardava la luna, la stessa che io “porterò” in scienze. Ed io che, al paragone, mi sento miserabile. Oddio, Victor Hugo! I miserabili!
A questo punto il caos è totale, confondi programmi, mischi improbabili nomi a cognomi noti; e così Ariosto lo battezziamo Federico, Petrarca lo chiamiamo Luigi e Boccaccio Filippo.
Il programma di terzo diventa quello di quinto e tu somigli a uno scienziato pazzo. E con la consapevolezza della confusione scatta il panico. Ed è per tutti così.
Milioni di esistenze che si intrecciano in fili invisibili, migliaia di preghiere più o meno serie si incontrano negli angoli delle strade, in quell’ultima boccata d’aria prima del grande giorno.
E scommesse assurde, del tipo: se al semaforo mi precederà un’automobile scura, andrà tutto bene.
Se LEI mi sorriderà, farò un figurone; se mia madre ha preparato il minestrone andrà tutto a rotoli.
Se in radio passeranno Biagio Antonacci, sarà tutto ok. E magari pure LEI mi dirà di sì. Già, un eccesso di ottimismo, quando ogni cosa sembra debba andare a meraviglia. Dove non c’è spazio per le cose brutte.
Notte prima degli esami. Notte di sudore e batticuore. Notte di poche ore dormite tra gli incubi, notte di camomille materne e libri infilati sul letto, sotto il letto, nelle federe dei cuscini, sul pavimento.
Notte di sigarette accese di nascosto sul balcone di casa e spente sulla pelle delicata del palmo della mano libera, non appena vedi spuntare un fantasma in vestaglia che somiglia alla tua preoccupatissima mamma, che non dorme per solidarietà; e che invece dovrebbe capire il momento e lasciare che tutto vada come deve andare.
Notte che diventa alba. E poi vuoto allo stomaco.
Notte che porterà un nuovo giorno. O forse un giorno nuovo.
Di incontri coi tuoi professori che non sembreranno più nemici, ma zattere a cui aggrapparsi durante la bufera dell’incontro con commissari esterni arcigni e distanti, sorrisi dei compagni che saranno con te in quest’avventura strana, fogli protocollo firmati e timbrati, un vocabolario, una penna, una gomma, una matita.
Un ultimo tonfo al cuore prima dell’apertura della busta con le tracce dei temi.
Tutto uguale da decenni. Potrebbe essere il 18 giugno di un qualsiasi anno del passato prossimo o remoto. Forse inutile follia. Forse fotogrammi di gioventù da ricordare per sempre.
In bocca al lupo, ragazzi. E non dimenticate di lasciare i cellulari sulla scrivania.
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