Fino a pochi mesi fa, chi avesse voluto incontrare Raffaele Sambati, avrebbe potuto farsi un giro in piazza Risorgimento. Quel posto l’aveva visto nascere ed era per lui un luogo sacro da visitare quotidianamente, centro nevralgico culturale, in cui si univano passato e presente. Ci andava ogni giorno e osservava serenamente, forse con orgoglio, lo scorrere del tempo, ciò che era diventata la sua Porto Cesareo. Lui che lo aveva preso per mano, quel borgo marinaro, nel lontano 1975 e lo aveva accompagnato in un viaggio chiamato “autonomia”.
Se non fosse stato per Raffaele Sambati forse, ancora oggi, sarebbe un paesino di pescatori dove la vita scorre lenta e, a tratti, eccessivamente monotona anziché essere una delle località turistiche più cliccate del web, con attività commerciali ed un sempre più crescente numero di strutture ricettive che contribuiscono a mantenere viva l’economia, seppur ancora stagionale.
Una memoria di ferro la sua: ricordava tutto, dalle lotte per l’autonomia, alle elezioni che lo videro il primo sindaco di Porto Cesareo, colui che iniziò a dare forma a quella sorta di pangea divenuta, poi, “la perla dello ionio”.
Ricordi necessari a fare memoria storica di quel che si è stati, senza mai lesinare utili consigli e non risparmiando critiche a quanti, fra i suoi compaesani, sono stati chiamati a succedergli in Municipio, nella gestione ed amministrazione della cosa pubblica.
Sorrideva sempre Raffaele, un gentiluomo umile e disponibile, esempio di educazione e galateo, credeva nei giovani – in cui forse meglio si riconosceva – per la loro voglia di fare e di mettersi in gioco.. Attento bibliofilo e cultore degli archivi e documenti, non perdeva occasione per raccontare aneddoti della sua giovinezza con personaggi noti nel mondo della cultura, tra cui il poeta Vittorio Bodini col quale spesso si fermava a scambiare qualche parola. Anche questo, secondo lui, era un modo per diffondere la cultura, trasferire esperienza.
Altra sua grande opera, la realizzazione della Pro Loco di Porto Cesareo, un luogo in cui incontrarsi, scambiarsi esperienze, promuovere la crescita di un paese che non era più quel borgo di pescatori. Era una persona lungimirante, proiettata verso il futuro, ma intelligente e attenta, che non amava i tentativi di strumentalizzazione, e per questo diventava deciso e chiaro, tanto da sembrare forse un po’ burbero.
Era orgoglioso della sagra del pesce, evento cardine dell’estate cesarina fino ai primi anni ’90, ma ricordata ancora oggi dai turisti di tutta Italia. Non perdeva occasione di raccontare di quel padellone tra i più grandi della Nazione, costruito apposta per quella sagra che è andata perdendosi nella notte dei tempi, in una ricerca disperata di fondi e partner che forse, a quell’evento, non ci hanno creduto mai abbastanza.
Ieri Raffaele Sambati ci ha lasciati, dopo 80 anni di memorabili gesta, a causa di una malattia che se l’è portato via in pochissimi mesi, pur non togliendogli la grinta e la voglia di vivere.
Facile scrivere oggi sui social e rilasciare dichiarazioni alle testate giornalistiche per esaltare il suo curriculum vitae, ma forse avremmo dovuto dare il giusto merito al “padre” di Porto Cesareo in vita e non post mortem.
“Leader galantuomo” viene definito oggi: allora noi ci chiediamo perché tanta indifferenza, perché dimenticare la sagra del pesce e non riuscire a trovare la giusta forza economica per farla crescere, perché risme di istanze puntualmente protocollate e poi, tristemente, rispedite al mittente, ignorate dagli amministratori nel corso degli anni e conservate nel suo ufficio …?!!
Perché attende la dipartita di una persona per tesserne le lodi e stendere un tappeto dove possa transitare il suo feretro fra applausi scroscianti e gonfalone in prima linea?
Meglio pensare che si tratti di scarso tempismo, piuttosto che di becero presenzialismo.