Partiamo dal fotogramma finale.
I Måneskin vincono la 71^ edizione del Festival di Sanremo con il brano “Zitti e buoni”.
Sul podio, al secondo posto Fedez e Francesca Michielin con “Chiamami per nome”, al terzo posto Ermal Meta con “Un milione di cose da dirti”.
Lecito gridare allo scandalo?
Credo proprio di sì. Soprattutto per chi, come me, ha seguito tutto il Festival minuto per minuto.
Breve riassunto di tutto il film: Ermal Meta in testa dopo il voto della giuria demoscopica, dopo il voto dell’orchestra, dopo il voto della giuria tecnica, quindi in finale insieme agli altri pretendenti di cui sopra.
Ore 2.00 della serata finale.
Si riapre il televoto, si riparte da zero.
Il “tesoretto” accumulato dal cantautore di origine albanese non conta più. A quell’ora inoltrata, però, i televotanti sono in grande prevalenza giovani e giovanissimi, moltissimi dei quali fans, devoti, adepti e seguaci dei Måneskin (un milione) e soprattutto di Chiara Ferragni (la moglie di Fedez che vanta 23 milioni di followers!).
La signora Ferragni, non a caso, si spertica con post e stories sulle sue pagine social invitando il suo esercito a televotare il marito.
I social media managers della giovane band romana fanno altrettanto.
Risultato? Ermal Meta, che era riuscito nella difficile impresa di mettere d’accordo tre giurie, viene fagocitato dall’ottundimento del popolo del web/social e scivola inevitabilmente al terzo posto
Morale della favola?
Trenta minuti di delirio millennial possono spazzare via una settimana di plebiscito anagraficamente e culturalmente trasversale.
Sia ben chiaro: i Måneskin sono una band talentuosa e musicalmente molto valida, ma il loro brano, banale e stucchevolmente ripetitivo, non meritava certo la vittoria finale.
Così come il brano del duo Fedez-Michielin, sonoramente bocciato da quasi tutte le giurie intermedie, non avrebbe certo potuto svettare sul secondo gradino del podio, se non grazie alla “manus” della holding Ferragnez.
Il mio non vuole essere lo sfogo piccato di un “pasdaran” di Ermal Meta, sia ben chiaro. Lui è un apprezzabilissimo cantautore e il suo brano in gara, pur intenso e sincero, non è stato tanto dirompente da imporsi di per sè a livello di pubblico e di critica.
Di sicuro, questo inaspettato esito al fotofinish lascia sbigottiti molti spettatori e getta pesanti ombre sulla trasparenza, correttezza e garanzia della par condicio delle operazioni di televoto.
Potrei dilungarmi oltre, avrei “un milione di cose da dirvi” ma piuttosto che “chiamare per nome” gli artefici di questo ribaltone, per far contenti i vincitori, resterò “zitto e buono”.
Prima, però, menzioni d’onore per Colapesce e Dimartino (“Musica leggerissima”), premio “Lucio Dalla” della sala stampa, e Willie Peyote (“Mai dire mai – La locura”), premio della critica “Mia Martini”.
Due brani che di sicuro trionferanno in radio e negli store musicali.