L’incontinenza verbale

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Vi è mai capitato di dialogare con qualcuno e, dopo svariati minuti di conversazione, di rendervi conto che il vostro interlocutore ancora discute mentre voi da un pezzo con la mente eravate altrove? Oppure di impegnarvi a seguire un discorso ma che pur di comprenderlo vi occorrono le capriole mentali perché manca di nessi e connessi? Alla stregua di ciò vi è anche chi vi catapulta addosso tutti i suoi problemi come quasi a cercare da voi una soluzione che mai potrete dargli, semmai solo annuire per solidarietà, sperando però che tale soliloquio finisca al più presto. Se qualcuna o tutte le vostre risposte sono affermative, certamente vi sarete trovati di fronte ad un caso di “incontinenza verbale”.

Vero è che questo atteggiamento capita tuttavia a molti, anche a noi medesimi, nel senso che, dobbiamo ammetterlo, con un minimo di intellettuale onestà, che alcuni momenti difficili della vita ci inducono ad avere l’irrefrenabile bisogno di sfogarci, di esternare senza tabù ciò che pensiamo, ciò che ci è capitato o di confidare i nostri desideri e progetti. Talvolta lo si fa con chiunque tanto da pentirci quasi nell’immediato.

L’esigenza di parlare molto è palesemente la conferma che si stia vivendo una situazione di disagio interiore.

Intrappolare gli altri nell’ascoltare i propri discorsi interminabili potrebbe essere un modo per cercare di compensare una mancanza interiore, riempire un vuoto, colmare un bisogno, evitare un senso di paura che attanaglia, ottenere dagli altri l’approvazione o l’attenzione che non si da a se stessi, piuttosto inconsciamente soddisfare i propri bisogni interiori che non si riconoscono consapevolmente.

Conseguenza inevitabile del parlare troppo e continuamente diventa anche un modo per “rubare” vitalità dalla persona che sta di fronte succhiandone l’energia e lasciandola esausta.

L’incontinenza verbale è oggetto di studio di tutte quelle funzioni mentali quali l’emotività, la cognizione, e via dicendo, di cui lo psichismo ne è la disciplina, e la causa di questo fenomeno è da ricercarsi nel contesto socio-culturale in cui noi contemporanei cerchiamo di vivere adattandoci.

Il termine adattamento non è casualmente usato, in quanto, la nostra società è in continua evoluzione, che genera disadattamento e richiede all’uomo una continua capacità di ricollocarsi, di riadattarsi sia socialmente che professionalmente in nome del Dio flessibilità, ovvero di aggiornare in maniera quasi estenuante le proprie competenze al fine di sopravvivere.

Le regole di questa sovrastruttura, di cui l’evoluzione ne è il fine, richiedono una forza divina e camaleontiche capacità di adattamento ai fini del successo. Certamente non tutti ne sono dotati, ed il sistema questo lo sa bene. Suo obiettivo infatti è una forte scrematura umana. Naturalmente, ciò non rimane senza effetti, in quanto chi ne resta fuori subisce una profonda frustrazione, che si traduce anche in rabbia.

L’uomo contemporaneo è arrabbiato, per cui il canale di sfogo diviene la loquacità verbale.

A tal riguardo è utile a comprendere il meccanismo sopracitato, per cui le società passate erano semplici ed agricole, non comunicative né relazionali, ovvero i contadini e gli operai non avevano l’occorrenza di comunicare in termini specialistici; da ciò siamo passati ad una società complessa, tecnologica e burocratizzata, che impone continui processi di integrazione e sviluppo, e certamente offre la possibilità di apprendere l’arte della parola che dota l’uomo di una verbalità più spinta.

Si sa, interloquire oggi, tuttavia, porta ancora ad una verbalità disorganizzata ed inefficace, perché non vi è un orientamento umano ed esistenziale che dovrebbe derivare da una conoscenza profonda e corretta della realtà. Il soggetto, infatti, posto sotto pressione da continue e diverse nuove condizioni e sollecitazioni, dal cambiamento appunto, pone la sua attenzione prevalentemente all’apprendimento anziché all’uso dei codici, con la conseguenza che rimane in uno stadio lungo di analfabetismo funzionale, il quale associato ad un contesto sociale fortemente relazionale lo porta a gradi distorsioni comunicative.

Qui, l’incontinenza verbale ne è una, e vede la sua causa nell’uso corretto grammaticalmente delle parole, che tuttavia sotto il profilo concettuale e funzionale si presentano scorrette, perché utilizzate come strumento emotivo ed istintivo, non assistito da adeguate conoscenze di contesto.