Il Salento è una “regione storica” sia per i suoi confini geografici ben definiti sia perché fin dalla preistoria ha avuto un suo percorso, diverso dal resto della Puglia, che ha determinato le peculiarità dei suoi caratteri etnici e culturali. Adagiato tra due mari, il Salento è terra magica ed arcana, sublime e fatale; è la terra di Verri e di Comi, di Pagano, di Bodini, di Geremia Re e di Ezechiele Leandro, di Carmelo Bene, di Tito Schipa e di Albano…è terra di contraddizioni, di spiriti liberi ed imbrigliati, di luci e di ombre, di silenzi e di urla, di vita e di morte. La molteplicità dei suoi sentire si rispecchia nel reale, nelle sue infinite marine,
nei suoi campi, nelle sue morbide pietre e nelle svariate scenografie cittadine che punteggiano fitte l’intero territorio.
Il Salento è terra antica…
Le prime testimonianze della presenza dell’uomo nel Salento risalgono al Paleolitico medio
(130.000-35.000 anni fa); ossa umane e manufatti in pietra sono stati ritrovati in vari siti come grotta Romanelli a Castro, grotta del Cavallo a Porto Selvaggio, nel fondo “Cattie” del comune di Maglie ed altri ancora. Risalgono al Paleolitico superiore (35.000-10.000 anni fa) le statuine in osso di cavallo trovate nella grotta detta appunto delle Veneri a Parabita, che rappresentano delle donne gravide, simbolo di fertilità. Durante il Neolitico ( 7500-5000 anni fa) gli uomini, divenuti stanziali, costituirono delle comunità con un’articolazione sociale definita; a questo periodo risale la frequentazione della Grotta dei Cervi di Porto Badisco che presenta il complesso pittorico neolitico più importante d’Europa.
Intorno al X secolo a.C. giunsero nel Salento, provenienti dall’Illiria, i Messapi il cui nome deriva o dall’eroe beota Messapo, l’invulnerabile figlio di Nettuno di cui parla Virgilio nell’Eneide, oppure dal greco mesos (in mezzo) e ap (acqua), ossia “popolo della terra tra i due mari”, Ionio e Adriatico. Dediti alla pastorizia e alla pesca, coltivavano i campi situati attorno alle loro case. Il IV secolo a.C. può essere definito l’età d’oro della Messapia, il tempo in cui sorsero dei veri e propri centri urbani cinti da possenti mura, con abitazioni in pietra con coperture in tegole, strade a raggiera, spazi comuni e cisterne per la raccolta delle acque piovane. Fu introdotta la scrittura e furono incrementati gli scambi commerciali e culturali con le altre popolazioni. Cavallino, il cui nome ricorda l’abilità dei messapi nell’arte equestre, Rudiae, Muro Leccese, Oria, Otranto, Patù, Soleto, Ugento, Vaste, Vereto, Vitigliano, Roca sono alcuni dei più importanti centri messapici. Nel III secolo a.C. la conquista del Salento da parte di Roma segnò la fine della civiltà messapica che si integrò in quella dei dominatori pur mantenendo, almeno fino all’età imperiale, una certa autonomia culturale ed artistica.
La conquista romana del Salento determinò la fioritura di nuovi centri urbani, come Brundisium e Lupiae, l’antica Lecce che superò in importanza la vicina Rudiae; il latino soppiantò il greco ed il messapico, furono costruite imponenti opere pubbliche ed un’efficiente rete stradale. La dominazione romana ebbe fine nel 476 d.C. quando crollò il Sacro Romano Impero ed iniziò un periodo di saccheggi, invasioni e distruzioni da parte dei popoli, come gli Ostrogoti, i Longobardi ed i Bizantini, che si contendevano il territorio.
Nel IX secolo si affermò la dominazione bizantina, pur minacciata dalle incursioni per mare dei Saraceni. Le città si spopolarono e si diffusero i villaggi agricoli, i “choria”; le cappelle rupestri e gli edifici di culto diventarono luoghi di congregazione non solo religiosa ma anche sociale e commerciale.
Nel 1068 i Normanni conquistarono il Salento portando al territorio una certa prosperità. Quando Costanza, l’ultima degli Altavilla, sposò l’imperatore germanico Enrico VI nel 1186 il territorio salentino passò agli Svevi. In questo periodo l’agricoltura si intensificò e si specializzò soprattutto nella coltivazione dell’ulivo da cui derivò la prima industria alimentare ante litteram del Salento con la diffusione di frantoi e trappeti oleari.
Alla morte di Manfredi (1266), figlio naturale dell’imperatore Federico II, il Salento diventò proprietà degli Angioini, quindi dei Brienne e poi dei d’Enghien. Maria, contessa di Lecce, col marito Raimondello Orsini del Balzo, principe di Taranto, dettero grande impulso alle arti e alla cultura del territorio che, alla morte del loro figlio Giovanni Antonio Orsini del Balzo (1463), passò nelle mani degli Aragonesi.
Il periodo aragonese fu funestato dagli assalti dei Turchi e dei corsari provenienti dal mare; per questa ragione l’imperatore di Spagna Carlo V (1500-1558), figlio di Filippo d’Asburgo e di Giovanna d’Aragona, fortificò i centri abitati e munì le coste di un sistema di torri d’avvistamento. Ma fu anche il tempo nel quale, accanto ad una condizione di miseria diffusa nei ceti più bassi, fioriva una nuova agiata borghesia che basava i suoi lauti guadagni sui commerci e sull’agricoltura mentre la nutrita classe ecclesiastica dava vita ad una importante attività artistica e culturale con l’edificazione di chiese e monasteri di impareggiabile bellezza in quasi tutti i centri salentini.
Nel 1707 il regno di Napoli fu occupato dagli Austriaci che nel 1734 furono sconfitti da Carlo III di Borbone il quale l’anno dopo fu incoronato re del regno delle Due Sicilie. Nuove strade e nuovi porti furono realizzati e si ebbe una certa crescita economica seppure le condizioni della popolazione più umile fossero rimaste nella miseria e nell’ignoranza. La parentesi napoleonica (1806-1815), con l’abolizione del feudalesimo e la confisca dei beni del clero, portò ad un miglioramento dell’intera economia salentina. La restaurazione riportò al trono i Borbone fino al 1860, anno in cui il regno delle Due Sicilie fu annesso al regno d’Italia.
Dopo l’unità d’Italia, il Salento, nonostante la realizzazione di grandi opere pubbliche come l’Acquedotto Pugliese, che rimediava all’atavico problema della penuria di acqua, e la rete ferroviaria, non migliorò le condizioni di vita della maggior parte della popolazione che alla fine dell’Ottocento fu protagonista di una considerevole emigrazione. Dopo il primo conflitto mondiale il Salento fu teatro di importanti lotte sociali fra proprietari terrieri e contadini che determinarono scioperi, occupazioni e sollevazioni popolari. Durante il ventennio fascista furono eseguite delle bonifiche che risanarono i terreni malarici e paludosi delle coste ioniche ed adriatiche, sorsero innumerevoli opere pubbliche, infrastrutture e nuovi edifici scolastici, l’economia del territorio ebbe una netta miglioria vanificata però dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Durante i difficili anni del dopoguerra ci fu una recrudescenza delle lotte sociali e una massiccia emigrazione verso il nord d’Italia. Negli anni ’50 il governo mise in atto un progetto concreto di ripresa per tutto il sud della nazione con la Riforma Fondiaria e l’Istituzione della Cassa del Mezzogiorno. Oggi il Salento è tra le mete turistiche più ricercate d’Italia per le sue bellezze naturali ed architettoniche e le sue eccellenze enogastronomiche.
Questa veloce passeggiata nel passato finisce qui; ogni avvenimento, ogni popolo, ogni giorno vissuto dal nostro Salento ha lasciato la sua traccia e la sua eredità nei suoi abitanti, gente di frontiera e di accoglienza.