Oggi vorremmo parlare non solo del Salento, ma di tutta l’Italia, di tutta quell’Italia che soffre, che prega, che ama, che va verso un sogno non corrisposto chiamato libertà; di tutta quell’Italia che ad oggi cerca di reggere il colpo di più governi poco presenti, dirottati verso un mondo fatto da lobby e governanti non votati, messi lì senza vergogna; di quell’Italia fatta di accordi, di ricatti e di patteggiamenti inutili.
Questa è l’Italia che muore, questo è il Salento che respira a fatica, questo è un Sud alla ricerca di una continua soluzione a problemi importanti dati in pasto a politici radical chic impegnati a gestire e spendere risorse solo a favore di una parte della Puglia.
Parlano di cultura, di religione, di famiglia, forse anche di politica, ma di politica spicciola, fatta di “carboneria”, di accordi presi nei loro “bunker”, all’ombra di quel popolo che crede ancora in una rivincita partitica, di quel popolo che crede imperterrito in una ideologia politica che oramai non esiste più, di quel popolo che non si sente più comunità.
È davvero questo il mondo che auguriamo ai nostri figli? Siamo in caduta libera, siamo un popolo umiliato dal voto di scambio, siamo un popolo che ha ceduto ad un “do ut des” che fa ribrezzo, ma che tutti noi avalliamo per semplice egoismo personale. Siamo il popolo delle bollette pagate, delle spese portate a casa, del “ti do un lavoro, ma per qualche mese”, tutto da chi brama di arrivare al potere per poi far sprofondare nell’oblio ogni nostra realtà. Siamo quel popolo che si accontenta del nulla, di quel nulla momentaneo fatto di favoritismi inutili. Vogliamo questo? Si! Lo vogliamo! Vogliamo la non democrazia del voto, vogliamo quella dittatura economica indiretta, crediamo di essere liberi, “ma liberi da che” citava una canzone, nessuno di noi sarà davvero libero se a scegliere sarà colui che ci costringerà a votare, il costringere inteso come ricatto sociale che spinge il popolo a votare chi in quel momento offre di più, un’asta politica che calpesta ogni ideale per cui i nostri avi sono morti.
Il Salento è questo, la Puglia è questa, l’Italia è questa. Uno stivale già fatto provare a più piedi, troppo grandi per poter camminare bene e mantenersi in equilibrio. Si tenta ancora di farlo calzare bene, continuando a forzare il suo passo, ma oramai è uno stivale esausto e lacero, pieno di toppe, a causa di tutti quei piedi troppo grossi che l’hanno indossato con prepotenza ed egoismo, non sapendo che quel nostro stivale, era uno stivale di cristallo. E noi, tacco d’Italia e non solo, siamo qui, ad aspettare una nuova calzatura, inutilmente, sperando nel piede giusto che ci farà camminare dritti per la nostra strada. Una calzatura fatta di sogni e speranze di chi ha ancora un barlume di fiducia verso un sistema ormai becero. Si! Perché l’Italia è anche questo, il sogno di chi oramai ha smesso di sognare.
L’Italia s’è desta, l’Italia che muore, l’Italia che chiama, l’Italia del calcio, l’Italia del festival, l’Italia della storia, l’Italia dell’Arte, l’Italia del gossip, l’Italia delle tasse, l’Italia dei finti mandati, l’Italia delle non opportunità, l’Italia delle case popolari date senza regole, l’Italia delle tangenti, l’Italia della mafia. L’Italia, la nostra Italia che ha ancora tante scarpe, ma quelle più belle, rimarranno sempre quelle del popolo.