Trepuzzi (Le) – Appuntamento davvero speciale questa sera, 17 agosto, ore 21.30, a Trepuzzi. Nell’ambito della rassegna “Bande a sud” viene proposta una versione particolare, fresca e frizzante, del melodramma giocoso in due atti “Elisir d’Amore” di Gaetano Donizetti, su libretto di Felice Romani, con la partecipazione degli artisti del Coro Lirico “Tito Schipa”, dell’Orchestra da Camera di Lecce e del Salento, direttore Emanuela Di Pietro, regia, ideazione scenica e luci Rosangela Giurgola, costumi Atelier Lory, assistente di regia Marika Urbano, direttore di palcoscenico Tiziana Muraglia, realizzazione elementi di scena Romeo Sicuro.
L’allestimento estivo dell’opera è stato ideato e pensato ad hoc per l’occasione, dai toni marinareschi e in forte linea con lo spirito di Bande a Sud, e studiato per gli spazi di Largo Margherita, per un pubblico di tutte le età, dagli appassionati veterani ai giovani avventori. Si è pensato perciò di snodare la scena su un lungo palcoscenico, ideato come un aggrovigliarsi di passerelle poste a dare l’idea di un molo per le barche, la cui proprietaria imprenditrice è Adina, la bella protagonista dell’opera, della quale l’ormeggiatore Nemorino, timido e goffo, è follemente innamorato. Scenografie e regia dell’opera sono state affidate alla giovane regista Rosangela Giurgola da poco laureatasi con lode in teatro e musicologia.“Gli ultimi anni sono stati davvero pesanti, nel conciliare studio e lavoro in teatro, al fianco di registi di fama nazionale e internazionale, in qualità di assistente di regia. Attività che mi ha permesso di imparare il mestiere di artigiano, cesellatore e mediatore di sentimenti e personalità che è il regista d’opera – ci racconta Rosangela, parlando un po’ di sé – Lo scorso anno ho debuttato come regista presso il Teatro Argentina di Roma, in una straordinaria produzione di Cavalleria Rusticana. Credo che non esista posto in cui possa sentirmi a casa come in teatro, oltre a casa mia ovviamente. Per questo mi auguro che questa avventura, nata come passione, diventi la professione della mia vita. Ci sto mettendo tutto lo studio e la grinta possibile perché ciò avvenga. Le soddisfazioni arrivano pian piano, e spero sia soltanto l’inizio”.
Quando hai capito che la regia era la strada giusta da seguire? “In realtà quello della regia è sempre stato un chiodo fisso. Finito il liceo mi ero iscritta a giurisprudenza, per poi intraprendere la strada del giornalismo. Dopo pochi mesi ho cambiato drasticamente rotta: i libri di diritto non facevano per me. Decisi di iscrivermi a Roma e intraprendere gli studi teatrali. Da allora è stata tutta una scoperta, la mia era una passione innata. Oggi faccio la regista e credo che non avrei potuto fare meglio nient’altro nella mia vita”.
Quanto è importante il lavoro di gruppo? “Il regista mette in campo una grande capacità comunicativa. In produzioni importanti si ha la possibilità di entrare in contatto con un numero di persone pari a quello che, facendo altri mestieri, si incontra nell’arco di una vita lavorativa. È una fortuna, sicuramente, ma anche una grande responsabilità che esige chiarezza, capacità di mediazione, disponibilità. Senza il team che lo circonda, un regista non sarebbe capace di portare in scena il suo spettacolo. Per questo il lavoro di squadra e il rispetto dei ruoli è fondamentale. Ogni personalità, ogni specializzazione in teatro è importante; macchinisti, attrezzisti, sarte, scenografi, artisti, maestranze, concorrono tutti alla grande impresa che è lo spettacolo. Se c’è intesa fra ogni reparto il pubblico se ne accorge. Per questo il lavoro di squadra ripaga sempre di tanta fatica. Per lo stesso motivo cerco sempre l’appoggio dei miei collaboratori e sono aperta a eventuali critiche da parte loro. Quando si partecipa alla stessa impresa e si crede nel fine comune la regola d’oro è ascoltare i diversi punti di vista e farne tesoro. L’arte in fondo, come la bellezza, spesso, è un punto di vista”.
Quali difficoltà hai dovuto affrontare nel mettere in scena lo spettacolo? “Questo spettacolo è l’esempio del buon lavoro di squadra. Non ho incontrato grandi difficoltà nella realizzazione di questo Elisir, anzi mi ha sorpreso l’entusiasmo e la disponibilità delle persone con cui mi sono trovata a lavorare: i cantanti, i musicisti, i miei collaboratori, le decine di comparse, i miei concittadini che hanno aderito a questa iniziativa. Lo spettacolo di questa sera sarà una grande festa per tutti noi. Questo anche grazie al sindaco di Trepuzzi Giuseppe Taurino e il direttore del festival Bande a sud Gioacchino Palma che hanno fortemente voluto che l’Elisir d’amore andasse in scena. Forse il vero ostacolo è stata la pioggia imprevista dell’11 agosto scorso, che ci ha portati a spostare lo spettacolo al 17. Ma non tutti i mali vengono per nuocere: il rinvio ci ha permesso di rifinire lo spettacolo e ora siamo tutti impazienti di divertirci e divertirvi! Inoltre, anche se qualche piccola difficoltà si è presentata, a casa ho la medicina che guarisce ogni mal di testa e ogni ansia: l’appoggio essenziale e costante della mia famiglia”.
Quale la tua chiave interpretativa dell’opera? Ti sei posta come semplice esecutrice di ciò che è scritto o hai cercato delle possibili soluzioni creative per interpretare in modo originale e personale le ambientazioni sceniche? “L’Elisir d’amore è un’opera di una freschezza straordinaria. L’ironia ancora attuale della musica di Donizetti e del libretto di Romani, hanno tanto da comunicare ancora al pubblico di tutte le età. Sono loro stessi a suggerire soluzioni sceniche e novità interpretative. Secondo la volontà del festival questo allestimento doveva essere foriero di novità. Senza allontanarmi dalle intenzioni degli autori ho cambiato l’ambientazione, spostando la vicenda su un molo per le barche di cui Adina è la proprietaria, includendo nella scena la cassarmonica, simbolo di bande a sud, e l’idea della festa popolare, per legare questo allestimento al tema del festival stesso. La storia è quella voluta da Donizetti, non oso modificarne l’essenza. L’idea che si possa morire d’amore come Nemorino per Adina, è troppo bella e universale per essere modificata. Tra marinai, pin-up e bagnanti il divertimento sarà garantito! Non uso l’opera per propinare al pubblico il mio personale punto di vista, preferisco lanciare dei piccoli suggerimenti perché ognuno maturi il proprio. È questa la libertà del teatro, rispettare gli autori per regalare al pubblico l’indipendenza del pensiero e delle riflessioni. Una magia che funziona sempre, meglio delle trovate più assurde e innovative”.
Come la scenografia evolve il suo linguaggio? “Dopo anni di allestimenti improbabili nel teatro d’opera, credo che l’evoluzione vera sia il ritorno alla tradizione. Il pubblico ha voglia di vedere spettacoli “in costume”, ed è saturo di spettacolo “nudi”. Dopo anni di ribalta gli allestimenti di Zeffirelli affascinano ancora anche chi li ha visti e rivisti centinaia di volte. La ricerca dell’estro estremo non è sempre foriera di successo. A volte è stimolante e avvincente ma altre serve solo a deturpare la perfetta bellezza dell’opera, che in sé, non avrebbe bisogno di aggiunte ulteriori per splendere e ammaliare. Verdi diceva “tornate all’antico e sarà un successo”, dovremmo prenderlo come vero suggerimento!”
Quali i tuoi prossimi impegni? “I prossimi impegni saranno di studio, ho intenzione di frequentare il master in regia presso l’Accademia dell’opera di Verona. La formazione e lo studio sono ora le mie priorità. Se arriveranno altre occasioni di lavoro le sceglierò accuratamente e mi troveranno pronta a viverle pienamente oltre che dirigerle! Oggi voglio godermi questa grande festa nel mio paese natale e la soddisfazione di lavorare per i miei concittadini che sempre e da sempre mi sostengono, con gli artisti straordinari e i talenti che sono i miei compagni di viaggio”.