Imola (Bo) – In viaggio sul treno, aspettando pazientemente, stazione dopo stazione di rientrare a casa, con lo sguardo rivolto verso il finestrino che racconta di sfuggita un pezzo d’Italia fatto di campagne e di mare, risulta quasi naturale come un respiro mettere insieme i pezzi di una giornata lunga, senza pause; nemmeno la stanchezza, quella con la s maiuscola, di chi ha atteso sotto il sole 10 ore può porre un freno, se quei pezzi sono i ricordi di un concerto dei Guns N’ Roses.
Un evento del genere, non è mai solo un concerto, uno show da ridurre a quelle 2 o 3 ore di musica live, ma diventa invece un’esperienza lunga una giornata che racchiude in sé numerosi aspetti.
Bisogna dirlo subito, tutto sembrava remare contro una reunion della band, a dirlo è lo stesso nome del tour scelto dal gruppo californiano: “Not in this life time”, “Mai in questa vita”, si, perché solo alcuni anni fa, Axl Rose, frontman del complesso, pronunciava così la propria sentenza sulle indiscrezioni riguardo una possibile riconciliazione dei Guns N’ Roses.
Oggi, quella stessa frase, figlia di insulti reciproci tra i membri della band e battaglie legali che portarono nella metà degli anni ’90 allo scioglimento della formazione originale, è divenuta un simbolo che vede nuovamente Axl, Slash e Duff sullo stesso palco.
Sabato 10 giugno, quel tour dal nome che richiama inevitabilmente uno scherzo del destino, ha toccato la città di Imola e precisamente l’Autodromo Enzo e Dino Ferrari, già teatro nel 2015 dello storico concerto degli AC/DC, all’interno del quale oltre 90000 persone si sono riversate per poter toccare con mano ed assistere con i propri occhi ad un piccolo miracolo. Senza alcuna paura, in molti erano già assiepati dalle prime luci dell’alba e alle ore 10, dopo diversi accurati controlli dovuti all’allerta terrorismo che purtroppo oramai accompagna ogni grande evento, i cancelli si sono spalancati.
Il sole e il caldo, nelle ore che separano dallo show, più che un ostacolo diventano un motivo di vicinanza perché le necessità si condividono come le passioni, e per quelle interminabili ore si diventa un po’ tutti amici, basta spartirsi un sorso d’acqua o scambiare due parole ingannando l’attesa, mentre allo stesso tempo si lotta gomito a gomito per ritagliarsi un piccolo pezzo di asfalto sul quale posare l’asciugamano per riuscire a riposare qualche ora.
Poi senza rendersene conto ci si ritrova in piedi, ammassati uno di fianco all’altro, mentre una voce dal tono quasi minaccioso annuncia che quei ragazzacci scalmanati stanno per salire sul palco. Così, in un lampo te li ritrovi davanti, senza avere il tempo di pensare, perché nel frattempo attorno a te i ragazzi che fino a poco prima erano distesi in cerca di riposo, hanno lasciato il posto ad una folla che, divenuta un unico grande essere, urla, canta e salta sulle note delle storiche canzoni della band.
Sono lontani, molto lontani i tempi dell’“incidente di St. Luis”, noto sicuramente ai fan della prima guardia, ma disponibile anche su YouTube per i meno accaniti, durante il quale il frontman Axl Rose, interruppe l’esibizione per saltare letteralmente addosso ad un fan che riprendeva senza autorizzazione il concerto. Sabato, invece, il cantante americano ha ammiccato, salutato e stuzzicato verso le numerose camere, amatoriali e non, che si accaparravano un ricordo speciale.
Si parte subito con It’s so easy, da Appetite For Destruction lo storico album del 1987, poi tutto cambia quando Axl al grido di “You know where you are?” scatena i 90000 lanciando Welcome to the jungle, trasformando l’autodromo in una vera e propria giungla. Il resto della scaletta è stata una serie di successi che la band ha incasellato, uno dopo l’altro, negli anni passati di attività, Estranged,
Live and Let Die, Rocket Queen, You Could be mine, Don’t cry, Knockin’ on heaven’s door, solo per citarne alcuni. Tra i momenti più intensi il magico assolo di Sweet Child o’mine da parte di Slash, in grande forma, che con il suo capello e la Gibson sembra essere rimasto anche nel look lo stesso degli anni d’oro. Poi La Cover di Attitude cantante per l’occasione dal un altro storico membro: Duff Mckagan, aria da duro e tanta grinta per il bassista della band, che suonando in maniera impeccabile si è confermato ancora una volta uno dei migliori bassisti rock in circolazione.
Tutti in silenzio invece sulle note di Axl al piano per November Rain, un pezzo, tra i più noti nella storia della musica, che ha saputo far esaltare e commuovere allo stesso tempo. Spazio anche nella ricca scaletta, un totale di 26 canzoni per quasi tre ore di concerto, per una Cover degli Who: The Seeker.
Il finale poi con Paradise City, per energia e carica trasmessa, ha fugato qualsiasi dubbio relativo allo stato di salute della band, confermando che nel 2017 i Guns N’ Roses, hanno ancora molto da dire quando si tratta di rock.
Dopo i saluti della band, in quei momenti immediatamente successivi allo show, durante i quali non si è ancora avuto il tempo di realizzare quanto appena accaduto, mentre l’immane folla lentamente guadagna l’uscita, gli stand iniziano a scomparire con la stessa rapidità con la quale sono spuntati e le luci del palco lasciano spazio al buio della sera, è maturata una certezza, quella di aver assistito con i miei occhi ad un pezzo di storia che fino a quella sera avevo solo letto sui libri.