Il calcio del 2013 è un calcio sempre desideroso di cambiamenti, alla ricerca di una perfezione che mai arriverà perché troppo caratterizzata con una coincidenza con i poteri forti che, si sa, cambiano o cambiano orientamento.
Succede che una nuova norma proposta dai vertici della Lega Pro, capitanata da Mario Macalli, cerchi di costruire un campionato riservato solo a calciatori under 25.
La riforma del calcio semiprofessionistico (come si diceva una volta) segue il disegno generale del fair play finanziario a livello europeo, riforma per carità nobilissima per la sua finalità di livellare le competizioni europee dandogli maggior equilibrio, ma di dubbia realizzazione: con quale strumento giuridico si può porre freno al desiderio di investire di un imprenditore?
Il calcio è si un settore economico, ma atipico. Il successo sportivo non è certamente collegato al successo economico, specialmente nei bassifondi e salvo rare eccezioni.
Il presidente Macalli vorrebbe creare una Lega Pro con squadre che rispettino il criterio dell’età media sotto i 25 anni. Questa norma creerebbe una forbice capace di tagliare miriadi di carriere di calciatori ultra venticinquenni impiegati in Lega Pro, costretti così ad emigrare in Serie D (dove tra l’altro c’è la regola della minima presenza di under in campo) o cercare invano la chiamata dalle isole felici di A e B.
La riforma creerebbe dunque uno squilibrio pazzesco tra i campionati, con squadre costrette a centellinarsi i tesseramenti di calciatori over 25 per non perdere il requisito dell’età media, facendo perdere quindi tutto ciò che è riconducibile al calcio: va in campo chi merita.
L’impoverimento del campionato con la riforma, con una Lega Pro che si ridurrebbe ad uno step successivo del campionato Primavera, porterebbe inevitabilmente ad una perdita di entusiasmo attorno alle squadre, ridotte a serbatoi e laboratori per giovani naturalmente non attaccati alla maglia e che cercano nella Lega Pro il pass tanto ambito per l’università del calcio formata da A e B, un’università del calcio che (come già fatto per questioni extra terreno di gioco) tenta di scopiazzare con pochissimo successo i modelli del calcio inglese e tedesco.
In una nota trasmissione domenicale Francesco Ghirelli, direttore generale della Lega Pro, ha esposto il parere ufficiale dell’istituzione della terza serie nazionale: “un giocatore che a 25 anni gioca ancora in Lega Pro dovrebbe pensare a qualche altra possibilità lavorativa, noi della Lega Pro possiamo quindi incitare questi giocatori a cercarsi un’altra possibilità se non riescono a compiere il salto verso le Serie A e B”.
La riforma, se attuata nel prossimo consiglio di Lega del 21 novembre, porterà ad un abisso tra le squadre di A e B ed il resto della nazione, per di più retrocedere dalla B alla Lega Pro e, dall’altra faccia, salire in B dalla Lega Pro implica per presidenti, aree tecniche e calciatori cambiamenti radicali di rose e programmazioni.
Il problema principale della riforma è il reale effetto che avrà sulla materia prima del gioco del calcio: i calciatori. Macalli & c. hanno disegnato questo diabolico progetto per permettere alle società di Lega Pro di fungere da serbatoi per le serie superiori, ma l’effetto probabilmente sarebbe proprio quello contrario: le società attingono sempre meno dalle serie inferiori e quindi la Lega Pro diventerebbe non il liceo per l’università del calcio nazionale ma l’anticamera di un declassamento: i calciatori che, ovviamente, allo scoccare del 25° anno non vedranno il treno di A e B finiranno con l’essere posti sul mercato della Serie D, una parabola molto simile al leitmotiv dei giovani laureati dei nostri tempi che vedono bruciare le loro ambizioni ed i loro sogni in lavoretti di fortuna (quando va bene).
La Lega Pro segue il filo conduttore dell’intero movimento calcistico italiano: siamo in crisi.
In ogni caso nelle stanze dei bottoni deve entrare una convinzione quasi simile a quella che dovrebbe assieparsi sui banchi del Parlamento Europeo quando si discute del destino economico dell’Unione Europea: la crisi non si risolve con l’austerità.
Davvero l’abbassamento dell’età media porterà ad un abbassamento dei costi? Oppure i pochi giovani di valore diventeranno una merce il cui costo schizzerà alle stelle? E così saremo tutti al punto di partenza, con il gap però di aver intaccato ancor di più il sale del calcio, ciò che lo rende appetitoso alla bocca dei consumatori: la passione, la programmazione, il merito.
Le reazioni da parte degli addetti ai lavori alla proposta di riforma di Macalli non si sono fatte attendere. Sui social network molti calciatori di Lega Pro e non raccolgono i loro dissensi al grido di “va in campo chi merita, no all’età media”. Il dissenso ha visto già nomi illustri come Ighli Vannucchi, Alì Lolli, Pablo Cesar Barrientos, Luciano, Simone Tiribocchi, Clayton Dos Santos, Ledian Memushaj, Omar Torri, Trevor Trevisan e Denis Tonucci.
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