Lecce – È stato definito da molti il momento più basso della storia recente del calcio leccese, soprattutto per il suo significato emotivo e per l’occasione persa di un importante salto alla vetta. Veder trionfare al “Via del Mare” il Martina Franca, compagine che l’anno scorso registrava sul campo la retrocessione in Serie D, brucia tanto e, anche sul piano del gioco, ridimensiona e non poco le ambizioni-B di un Lecce che, tanto per rigirare il coltello nella piaga, non ha saputo sfruttare i passi falsi di Benevento e Salernitana.
Fa male dirlo, ma questa squadra ancora una volta ha peccato quando c’era da fare quel salto di qualità in più per non rimanere soltanto negli specchietti retrovisori delle battistrada.
Vittoria a scacchi– Il successo della compagine martinese è nato anche da un’interpretazione perfetta del suo allenatore Salvatore Ciullo, salentino di Taurisano, bravo a massimizzare il suo capitale umano disponibile mettendo in difficoltà un Lecce incapace di attaccare in un modo diverso dal solito. I giallorossi, bloccati gli esterni e marcato stretto Moscardelli, elemento capace di giocate geniali in un fazzoletto di terreno, hanno avuto la pericolosità di un dobermann con la museruola a chiusura ermetica. I sussulti del Lecce sono arrivati principalmente da qualche tiro da fuori e dalle palle inattive, dove Romeo Papini ha sprecato un pallone che poteva cambiare l’andamento della partita. Miccoli, in campo per 40’ nella ripresa, ha provato quasi da solo a creare qualcosa, ma senza successo anche per questione di errori (Papini) e centimetri (tiro sul primo palo). Nella ripresa la fase-2 della vittoria di Ciullo: Lecce psicologicamente più allentato nei suoi uomini difensivi, Martina che avanza il raggio d’azione dei suoi quattro uomini d’attacco e gol che arriva al secondo contropiede fulmineo, ad opera di Mirko Carretta, uno che sulla carta d’identità alla voce “luogo di nascita” ha su scritto Gallipoli.
Martina in giallorosso – Il gallipolino Carretta non è stato l’unico grimaldello della vittoria martinese, meritata nonostante i sussulti finali del Lecce che hanno esaltato le abilità di Marco Bleve, svezzato in Valle d’Itria e sicuro in ogni fondamentale fuori e tra i pali. Il portiere, leccese doc del quartiere Casermette, ha negato la gioia del gol a Bogliacino e Miccoli, ma anche un pari sabato sarebbe stato una mezza sconfitta. La diciassettesima giornata di campionato ha poi dato al torneo una nuova struttura, non c’è più il quartetto di vetta, bensì il Foggia ha raggiunto il Lecce, ora al quarto posto con ai Satanelli a quota 31. Dietro, Casertana e Matera, rispettivamente a 30 e 27, occupano gli ultimi posti del convoglio dell’alta classifica. La squadra di De Zerbi, vittoriosa al “Granillo” sulla Reggina, è stata l’unica compagine d’alta classifica a fare bottino pieno insieme alla Juve Stabia, seconda a due punti dalla Salernitana prima dopo la vittoria casalinga sul Melfi.
Quelle fasce in calo – Analizzando la prestazione dei singoli, Il Lecce è mancato nei suoi interpreti laterali, motore e cuore del gioco di Lerda che ha permesso la vittoria nei due campi caldissimi di Benevento e Salerno. Il calo di Lopez ha registrato una netta cesura, nonostante un secondo tempo non arrembante come il primo, ma lo stesso non si può dire per Abdou Doumbia, Alessandro Carrozza e Daniele Mannini. Se il pisano ha la parziale giustificazione dell’essersi calato quest’anno con la casacca giallorossa in un ruolo non suo, quello di terzino destro, non si può dire lo stesso per l’ex Varese e per il franco-maliano. Mannini, ad onor del vero, è solamente alla seconda prestazione sotto la sufficienza dopo un filotto di partite maestose, ma la sua assenza in fase di propulsione e qualche suo errore (da lui è partita la discesa di Carretta) hanno fatto mancare molto al Lecce. Doumbia, autentica freccia nella scorsa stagione, quest’anno sta palesando pesanti limiti, non riuscendo ad accendere quella scintilla che gli permette di tagliare in due le difese avversarie, creando fisiologicamente tutti gli spazi per i compagni al centro. Carrozza viene da un periodo di non perfetta forma, ma il suo stile di gioco non propriamente adatto ad attaccare gli spazi in velocità necessita di interpreti che sappiano un secondo prima dove andrà a finire l’iniziativa del gallipolino, sabato stoppato sia da Memolla sulla sinistra che da De Giorgi sulla destra. In più, l’inversione degli esterni non sembra una carta gradita da Doumbia, ancor meno efficace sull’out destro.
Lerda sì, Lerda no – La costante dopo ogni sconfitta nella tifoseria giallorossa è il dibattito su Franco Lerda, aggravatosi dopo il caso-Miccoli, con il “Romario del Salento” scarsamente impiegato dal tecnico ex Torino. Il piemontese, oltre al mea culpa nel post-gara, non è riuscito a dare una veste diversa al Lecce in corso d’opera anche a causa degli errori nell’undici iniziale. Papini, mediano di sostanza e quantità, non è sembrato a proprio agio nel ruolo di play in una partita come Lecce-Martina, match dove le imbucate di Filipe Gomes, elemento anch’esso non ancora brillante, avrebbero forse dato altre fonti all’attacco giallorosso. È vero che la vittoria è la panacea di tutti i mali, e chi torna con in saccoccia i tre punti ha sempre ragione, ma gli errori di lettura, fatti salvi gli exploit campani, stanno diventando una costante stagionale, proposta anche nelle vittorie casalinghe contro Paganese e Cosenza, raccolte non senza recriminazioni da parte dell’avversario. Il mercato senza dubbio regalerà qualche puntello alla rosa, orfana di un elemento capace di sportellare con i centrali avversari senza molti complimenti giocando “da centroboa”, ma basterà?
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