Lecce – Ci risiamo. Questo Lecce 2014-15 è una squadra che, nei suoi insuccessi frutto dell’incapacità di avere continuità di rendimento, mette sul piano calcistico le caratteristiche di una tifoseria, di una città e di un movimento sportivo lontano anni luce dall’approccio giusto, in campo e fuori, per uscire dalle sabbie mobili di una categoria dove, ben prima di guardarsi allo specchio, sono il cuore ed i polmoni a far la differenza.
Senza dubbio, la contestazione a tutte le componenti di un progetto che rischia seriamente di fallire per la terza volta sono sacrosante, ma nelle partite che vengono la piazza ha la buona occasione per manifestare il proprio orgoglio, il proprio unitario punto di vista che servirebbe almeno a compattare una delle componenti di un macchinario che sembra perder pezzi. Non è la categoria che “fa la piazza“, e di “franchi tiratori” intenti a cavalcare quella o quell’altra onda Lecce e il Lecce non ne ha bisogno. Al netto dei famigerati episodi che decidono ogni partita di calcio, a volte per questione di centimetri, la ferita aperta nel cuore del tifo leccese ha un fil rouge che unisce le due recenti gestioni societarie, apparentemente lontane per risultati e modus operandi: quella progettualità che manca, e che quando evidenziata porta a scelte deleterie e quantomeno azzardate. Quella capacità di guardare al futuro un po’ più lontano del proprio orticello, per riuscire a guardare al football nostrano con un entusiasmo capace di ridare orgoglio e tranquillità.
Mancanza di vigore – Il particolare più evidente della sconfitta di ieri, oltre agli errori individuabili però trascurabili in una situazione drammatica come quella di ieri, è stato l’evidente disparità fisica sul piano fisico tra il Lecce e la Reggina. I giallorossi, raggiunto il “golletto” del vantaggio, si sono affidati esclusivamente alla propria capacità di gestire il possesso palla optando per il fioretto in più di un’occasione, non riuscendo a chiudere la partita. Smaltita la botta per la rete di Moscardelli, la squadra di Alberti ha riordinato le proprie idee e, complice la “spocchia” del Lecce, ha ribaltato il match grazie al suo vibrante asse destro (che prestazione Gallozzi!) capace di regalare il primo passaggio a vuoto in giallorosso a Gianluca di Chiara. Per tutta la durata della partita, la Reggina ha letteralmente martellato le caviglie dei palleggiatori di Pagliari, arrivando puntualmente prima su ogni seconda palla e intimorendo l’undici in maglia bianca specialmente dopo il fischio d’inizio della ripresa, quando il tecnico ex Bari ha avanzato i suoi cursori laterali Masini e Gallozzi.
Errori tecnici e di programmazione – Un concorso di colpa merita anche l’analisi del cambio che ha portato all’arretramento di Lepore, l’unico a mettere in pericolo la difesa reggina nella ripresa, a seguito dei guai fisici occorsi a Kevin Vinetot. L’inserimento di Walter Lopez, schierato largo a sinistra inizialmente sulla linea offensiva, non ha portato i benefici attesi, diminuendo ancor di più il tasso di pericolosità del Lecce a seguito dello spostamento dell’ex Nocerina in difesa. Le scelte trascendono l’aspetto del rettangolo verde. Dino Pagliari ha preferito cambiare le pedine del suo scacchiere invece di schierare Beduschi, reduce da 15 presenze con buon profitto proprio nel ruolo di terzino destro. Le scelte incrociano le politiche societarie proprio perché il divorzio di Martinez, accasatosi al Monza, riduce, in attesa del gong finale del calciomercato, il roster dei difensori centrali a tre unità, di cui due (Diniz e Vinetot) alle prese con infortuni da tempo.
Dopo i 90′ – I due giorni di riposo concessi alla squadra prima della preparazione all’impegno casalingo contro il Savoia lanciano, insieme alle voci che rimbalzano in giornata, i primi segnali d’incertezza per Dino Pagliari, già in discussione per il suo rendimento altalenante dopo la prima sconfitta della sua gestione, maturata dopo due vittorie e due pari: un curriculum non certo da piani altissimi della classifica. Riprendendo il discorso del caso-Martinez, un esonero del tecnico maceratese risalterebbe ancora una volta la confusione del “progetto” Lecce, con tanti disperati tentativi di cambiare gli addendi per una somma che, per ora, stenta a cambiare. La passione sarà lunga, e non resta che vivere le vicende giorno per giorno, partita per partita, sperando, con le forze che restano, in un salto da raggiungere anche mediante il calvario dei playoff. Provarci è un obbligo.
{loadposition addthis}