Non eravamo già campioni del mondo dopo la vittoria sull’Inghilterra, non siamo dei brocchi dopo la sconfitta per 0-1 contro la Costa Rica. L’Italia, comunque favorita dal ristretto vantaggio dei due risultati disponibili su tre nell’ultima partita contro l’Uruguay che assume le sembianze di uno spareggio, ha perso meritatamente contro una squadra, quella costaricense, meglio disposta in campo nonostante l’iniziale 5-4-1 del ct Pinto.
Troppa paura della Costa Rica – Cesare Prandelli dal canto suo ha rinnovato il 4-1-4-1 con gli inserimenti di Abate per Paletta (con conseguente spostamento di Chiellini al centro) e Thiago Motta al posto di Verratti. Questo assetto sin troppo abbottonato, schema ottimo nelle sfide contro le parigrado, si è rivelato inadeguato per le partite contro squadre dal tasso tecnico minore. L’Italia doveva fare la partita, ma i fatti hanno dimostrato che il tecnico di Orzinuovi ha avuto fin troppa paura di una Costa Rica bravo a giocare al calcio, ma privo di pericolosissimi sbocchi offensivi. I centroamericani hanno controllato per lunghi tratti di match il possesso palla e Joel Campbell, solitario al centro dell’attacco costaricense, ha tenuto a bada da solo i due centrali juventini Chiellini e Barzagli. Proprio il neo-attaccante dell’Arsenal ha impresso la prima svolta al match, con un rigore (a dir la verità giusto) richiesto dallo stesso per un contatto con Giorgio Chiellini. La Costa Rica ha beneficiato della maggior densità a metà campo ed è arrivato al vantaggio: palla al centro per l’altro giocatore interessante Bryan Ruiz e inserimento perfetto dello stesso centrocampista del PSV, bravo ad incunearsi tra Chiellini e Darmian e splendido nel colpo di testa che ha beffato un Gigi Buffon leggermente indeciso sull’uscire o meno. Prima del vantaggio l’Italia aveva costruito del gioco, seppur con i soliti sprazzi, ma un Mario Balotelli solo a portare la croce dell’attacco azzurro non è riuscito ad andare al di là del tiro da fuori, forse troppo affrettato, parato dal bravo portiere Keylor Navas. Un’altra, sporadica, occasione italiana è partita dai piedi di Darmian, spostato a destra a beneficio dell’inserimento di Ignazio Abate spesso impalpabile: lo spunto del terzino del Torino, purtroppo per l’Italia, si è concluso con un tiro leggermente alto. Nella ripresa Prandelli ha provato a cambiare l’inerzia del match, ma né l’inserimento di Lorenzo Insigne, né la carta Alessio Cerci hanno portato i dovuti benefici ad un Italia troppo intenta ad un giropalla improduttivo al limite della trequarti, con dall’altra parte una Costa Rica efficientissima nel chiudersi a riccio dietro al 5-4-1. I Ticos centroamericani possono festeggiare: la Costa Rica ha già eguagliato lo storico traguardo degli ottavi di finale raggiunti a Italia’90. Per l’Italia, da sempre abituata alle terze partite dei gironi con annessi calcoli, c’è l’ostacolo Uruguay.
Doppio Suarez, “ouch!” England – L’Uruguay alimenta il sogno del Maracanazo e manda all’inferno l’Inghilterra di Roy Hodgson, stremata dopo una partita passata per lunghi tratti a rincorrere i calciatori uruguaiani. Tabarez, orfano di Lugano, schiera il classe 1995 Gimenez e ritrova la sua punta di diamante Luis Suarez dopo l’intervento al menisco di un mese fa che ha fatto tremare l’intero Uruguay calcistico, in apprensione per le sorti del giocatore più talentuoso della Celeste, la cui presenza era in dubbio fino a pochi giorni prima l’inizio del Mondiale. La verve del Pistolero si fa vedere sin dal 1’, con un tentativo beffardo da calcio d’angolo sventato da Joe Hart. L’Inghilterra costruisce di più, ma l’Uruguay si presenta più spesso nell’area inglese a causa della propensione offensiva dei terzini Baines e Johnson. Soprattutto il fluidificante dell’Everton si dimostra uno stantuffo inesauribile sulla corsia di competenza, facendo suonare spesso l’allarme rosso a Caceres, schierato largo in una difesa a quattro dopo una stagione vissuta in una difesa a tre. La maggior capacità di palleggio inglese è sterile e la traversa di Rooney colpita di testa su calcio d’angolo di capitan Gerrard è l’unico episodio favorevole ai Leoni d’Albione che stentano a ruggire con un Wayne Rooney lontanissimo dalla porta avversaria e incapace di sfruttare la sua dote principe: lo scatto nel breve con conclusione di potenza. La fiammata decisiva dell’Uruguay, con complicità di una difesa inglese disastrosa in questo Mondiale, arriva al minuto 38: cross dalla trequarti di Cavani, Jagielka si perde Suarez fissando troppo il pallone e per la punta del Liverpool è facile battere Hart con un tocco morbido di testa. La pausa non aiuta per nulla gli inglesi, annebbiati e imbambolati anche al rientro in campo: Hart salva i sudditi della Regina con una parata sulla linea al 48’ e Stevie G Gerrard s’immola su una conclusione di Lodeiro, simbolo dell’avvio vibrante uruguagio. L’Inghilterra riesce ad uscire dal guscio dopo 10 minuti in apnea ma Wayne Rooney spreca clamorosamente un rigore in movimento da 8 metri sparando un pallone centrale su Muslera. L’Inghilterra sale di tono, Sterling è ancora imprendibile sulla fascia e Sturridge è geniale nei suggerimenti e nelle sponde per i suoi compagni e al 75’ arriva il pareggio: Sturridge fa ballare Arevalo Rios con una serie di finte, passaggio filtrante per Johnson che supera Alvaro Pereira, riesce a mettere dentro dopo un rimpallo vincente con Gonzalez e Rooney, lasciato solo dalla difesa, deve solo spingere in rete. Il pareggio, alimentato anche dagli ingressi di Barkley e Lallana per Sterling e Wellbeck, dà linfa all’Inghilterra e al suo uomo più in forma: Daniel Sturridge. L’attaccante del Liverpool, compagno di squadra del man-of-the-match Luis Suarez, recrimina per un rigore dopo un contatto con Rios e indirizza male un piattone disinnescato da Muslera. L’Inghilterra stacca però colpevolmente la spina del suo attacco e lascia campo all’Uruguay, prima pericoloso con dei cross ben sventati da Cahill, e poi letale con un rinvio lungo di Muslera che imbecca direttamente Luis Suarez, sfuggito al centrale del Chelsea e a Jagielka, implacabile nel battere Hart dal lato destro dell’area di rigore. Il gol tramortisce i Leoni, e le due spalle sprecate da un guru come Gerrard (cross mal calibrato per i compagni in area e tiro da fuori velleitario a poco dalla fine) simboleggiano la resa. L’Inghilterra rimane a quota zero punti, ma paga prima gli errori tattici di Roy Hodgson, colpevole di aver schierato male i suoi uomini limitandone le capacità offensive, e poi le amnesie difensive di una retroguardia che sembra soffrire l’assenza di un leader totale alla John Terry o Rio Ferdinand.
Ma che bella Colombia – La Colombia non teme nessun avversario e batte la Costa d’Avorio in una sfida tra due squadre dalla natura sicuramente anarchica. I colombiani, trascinati da un centrocampo fenomenale per quantità e qualità, battono per 2-1 gli africani, puniti fin troppo da una serie di errori individuali. Pekerman preferisce ancora Ibarbo e Teofilo Gutierrez a Jackson Martinez e Ramos e lancia Carlos Sanchez al posto di Guarin, ma il primo tempo, seppur bello per intensità agonistica vista in campo, regala ai Cafeteros soltanto un grande sussulto al 32’: James Rodriguez, giovane centrocampista capace di abbinare la qualità alla quantità, percorre la fascia sinistra e serve Teofilo Gutierrez che però spreca da buona posizione colpendo male la sfera. La risposta della Costa d’Avorio è più disordinata e le folate di Gervinho producono soltanto un tiro da fuori di Gradel murato dalla retroguardia colombiana. Le squadre giocano bene, ma manca l’ultimo passaggio sia alla Colombia sia alla Costa d’Avorio. Gli Elefanti producono gioco con la rivelazione Aurier, fonte inesauribile di palle al centro per Bony, ma la contraerea colombiana, di matrice italiana, Yepes-Zapata sventa tutte le minacce. Nella ripresa la partita diventa bellissima: Yaya Tourè, non al meglio, regge l’intero centrocampo ivoriano, ma le occasioni sono quasi sempre di marca colombiana, con un Cuadrado finalmente strabiliante anche con tutte le telecamere mondiali puntate su di lui. Al 59’ L’esterno della Fiorentina dribbla per l’ennesima volta Boka con un gioco di gambe ubriacante e disegna un arcobaleno che Barry devia sulla traversa. Il vantaggio, partorito sempre da un’intuizione di Juan Cuadrado, è ritardato di soli 5 minuti: corner dell’ex Lecce e colpo di testa di James Rodriguez che realizza il secondo gol del mondiale con un colpo di testa, sfuggendo a Zokora, che non è di certo il suo fondamentale preferito: la difesa ivoriana, concentrata sulla marcatura ai colossi Yepes, Zapata e Teofilo Gutierrez, perde le tracce del brevilineo centrocampista del Monaco. La reazione d’orgoglio africana è affidata sempre a Yaya Toure e a Didier Drogba, inserito in campo dal ct Lamouchi al 60’ al posto di Bony, ma il centrocampista dei Citizen pecca di eccessivo spirito da condottiero e calcia male delle punizioni forse di competenza di Drogba. Un errore del mediano ivoriano Serey Diè, autore di una sanguinosa palla persa con la sua squadra tutta protratta in avanti alla ricerca del pari, apre la via al raddoppio colombiano: discesa di Teofilo Gutierrez e palla perfetta per Juan Quintero che controlla bene il perfetto suggerimento e batte Barry in uscita. Partita chiusa? Nemmeno per sogno. Nel delirio dei calciatori militanti (ed ex) nel campionato italiano (partita maiuscola anche di Armero sull’out sinitro arretrato colombiano) non poteva mancare il sigillo di Gervinho, freccia offensiva della Roma di Rudi Garcia: al 73’ una serpentina fulminante fa fare una brutta figura alla difesa colombiana e al portiere Ospina, trafitto da un tocco intelligente sul suo palo. Il gol di Gervinho ridà vigore al match ma la Colombia resiste: al minuto 85 Kalou non si accorge di essere solo in area e tenta una conclusione affrettata che non va a segno e nei minuti di recupero Ospina, con un intervento da libero vecchio stampo, ovvia ad un “buco” difensivo di Yepes che aveva messo in movimento Didier Drogba. La Colombia fa 6 su 6 in grande stile, continua a sfoderare bel calcio con ottimi risultati. Nell’altra partita del girone Giappone e Grecia si vedono ridotte le loro ambizioni di qualificazione con uno 0-0 che non fa comodo a nessuna delle due. Zaccheroni lascia in panchina Kagawa, optando per il trio Okazaki-Honda-Okubo dietro ad Osako. La Grecia lascia il solito assetto ultradifensivo per un 4-3-3 che, oltre alla punta Mitroglou, vede il genoano Fetfatzidis e Samaras. L’inedita disposizione tattica messa in campo da Fernando Santos però non dura neanche un tempo. Alla mezz’ora Kostas Mitroglou, sfortunatissimo in questa kermesse, s’infortuna e lascia il campo per Gekas, e al 38’ il 37enne Katsouranis si fa espellere per doppia ammonizione: la scelta ovvia del ct portoghese è il sacrificio di Fetfatzidis per far posto al centrocampista totale, senatore della “nave pirata” Karagounis. Il primo tempo però scorre tranquillo sul piano delle occasioni: il Giappone mette alla prova Karnezis con due tiri ambiziosi di Osako e con una punizione di Honda. Dall’altra parte la Grecia, prima dei cambi forzati, punge con Konè da fuori e registra la super parata di Kawashima sul tentativo di Torosidis. Gli ellenici provano a cercare il guizzo giusto con dei contropiedi che cercano di sorprendere la difesa giapponese, troppo fissata sul pallone e poco attenta ai tagli centrali operati dai greci. Katsouranis, uomo d’esperienza della Grecia, cade nell’errore del fallo in più a centrocampo e si guadagna un’espulsione che costringe la squadra di Fernando Santos a sessanta minuti in inferiorità, intervallo nel quale il Giappone di Zac non riesce però a trovare la via del gol, salutando di fatto molte chance di rimonta per il secondo posto.
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