Tim Krul fissa l’orizzonte e guarda le tribune piene di argentini festanti. Questa volta non è toccato a lui l’arduo compito di difendere la porta olandese ai calci di rigore, raggiunti ancora una volta dagli oranje dopo una partita dai bassi toni tecnici. Su quelle tribune i tifosi dell’Albiceleste ballano e saltano per una finale raggiunta dopo 24 anni, finale che si rivelerà la rivincita di Italia’90, con l’Argentina opposta alla Germania. La partita, tattica e brutta sul piano del gioco, ha riflettuto l’andamento delle due squadre in questo mondiale, guidate dai prodigi dei due tecnici in fase difensiva che, nelle partite importanti ad eliminazione diretta, non hanno impressionato in attacco nonostante le stelle di calibro mondiale a disposizione di van Gaal e Sabella.
“Perché sei tu Romero” – L’eroe della vittoria argentina è Sergio Romero, portiere con un passato “italiano” poco glorioso (due stagioni tra A e B con la Sampdoria, dove tra l’altro spesso ha fatto la staffetta con Da Costa anche in cadetteria) e un presente poco entusiasmante (solo 3 presenze in campionato con il Monaco dove ha fatto da dodicesimo al croato Subasic). Il braccio che rimane basso e respinge il piatto poco più che centrale di Vlaar e il volo d’angelo con il quale smanaccia via il rigore di Sneijder sono il picco più alto, in attesa della finale, di una carriera fatta sempre di stagioni a singhiozzo che gli sono valse il soprannome di El Chiquito (il ragazzino) pronto massimo a fare il dodicesimo. Il ragazzino in questo mondiale, oltre i rigori parati ai tulipani, ha dimostrato di essere uomo, comandando bene la difesa dell’Argentina: le due parate contro l’Iran hanno salvato l’Albiceleste da una figuraccia planetaria e le parate contro la Svizzera hanno mantenuto a galla la squadra di Sabella negli ottavi di finale. Ora Romero non ha paura ed è pronto ad affrontare Mueller, Klose e Ozil senza paura.
Difese sugli scudi – La partita, preceduta dal minuto di silenzio per la scomparsa di Alfredo Di Stefano, è stata condizionata dall’atteggiamento ultra-difensivo dell’Olanda, schierata da van Gaal con il solito 5-3-2 a baricentro basso. La marcatura a uomo disposta dal prossimo allenatore del Manchester United imbriglia il trio d’attacco argentino Messi-Higuaìn-Lavezzi e le occasioni arrivano solamente da palla inattiva: prima Cillesen blocca una punizione di Messi e poi Garay sfiora la rete su azione di calcio d’angolo. Chi si attendeva una sfida a colpi di dribbling tra Messi e Robben rimane deluso: la Pulce è chiusa dalla gabbia costruita da De Vrij, Vlaar e da Kuyt reinventatosi terzino in maglia arancione e Robben paga l’eccessivo atteggiamento rinunciatario dei suoi. La partita si trascina così, sui binari di un agonismo che dà più l’idea di una partita dove in palio c’è la salvezza e non l’accesso al supremo atto del gioco del calcio che ogni calciatore sogna fin dai primi calci alla sfera di cuoio: la finale della Coppa del Mondo. Anche l’Argentina brilla di più in difesa. Demichelis e Garay hanno vita facile con un van Persie in giornata no e Mascherano si dimostra l’uomo totale della mediana Albiceleste: avesse anche il piede per mettere in porta Higuaìn sarebbe utile, ma fin troppo fantasticamente perfetto.
Occasioni ai supplementari – I sussulti, se così si possono chiamare delle mezze occasioni da rete, arrivano soltanto nel finale, dopo che van Gaal spende il cambio “obbligato” di De Jong con Clasie e Sabella opta per il più mobile Aguero (al rientro dopo l’infortunio con la Nigeria) al posto di Higuaìn, insieme a Palacio per Enzo Perez. Al 91’ Robben sfiora il colpaccio dopo uno slalom perfetto dove si libera di tre maglie Albicelesti, ma ritarda il tiro e trova la scivolata perfetta di Mascherano, uomo-partita per l’Argentina. L’occasione dell’esterno del Bayern rinvigorisce l’Olanda, padrona del possesso palla nel primo supplementare, con Huntelaar in campo per van Persie. Il secondo extra-time, invece, con l’Olanda ritornata ad arroccarsi nella propria trequarti, regala qualche palla buona all’Albiceleste: Palacio di testa al 115’ non imprime la giusta forza alla sfera tutto solo contro Cillesen e al 117’ il neoentrato Maxi Rodriguez colpisce la palla in modo sporco dopo un guizzo di Messi che semina Vlaar e Clasie, favorendo la facile parata dell’estremo difensore dell’Ajax. Calci di rigore prevedibili.
Apoteosi Argentina – Vlaar, generale della difesa olandese, tira male e Romero respinge. Messi spiazza Cillesen con la sua solta freddezza. I primi due penalty prevedono già l’esito finale, privilegiando quella teoria che premia chi opta subito per i migliori battitori. Robben e Garay non sbagliano, ma Sneijder incassa il balzo felino di Romero, in visibilio dopo la parata sul trequartista del Galatasaray. Aguero non sbaglia, regalando il doppio vantaggio all’Argentina, Kuyt mantiene a galla i suoi e Maxi Rodriguez, il più esperto della truppa di Sabella, segna piegando le mani a Cillesen che intuisce e vede il suo braccio trafitto dalla sfera calciata dal 33enne ora in forza al Newell’s Old Boys che già altre volte ha fatto sognare l’Argentina. Lo sguardo di Tim Krul, uomo della provvidenza olandese nei rigori contro il Costa Rica, si sposta verso quella porta dove corrono e saltano Messi e compagni: l’amaro in bocca per non aver potuto provare a neutralizzare i rigori argentini è tanto, ma la ruota del calcio corre veloce e non sempre ti dà la possibilità di spendere un cambio prima della serie dei calci di rigore.
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