Tempi duri per le “favoritissime” Brasile e Spagna, seppur con umori diametralmente diversi. I padroni di casa non riescono a bissare la vittoria della gara inaugurale con la Croazia ed impattano a reti bianche contro il Messico, conservando il primo posto insieme alla Tricolòr. I campioni uscenti lasciano vacante il trono mondiale già alla seconda gara: la Spagna esce sconfitta per 0-2 dal Maracanà di Rio nella partita con il Cile e abbandona il sogno di bissare il titolo mondiale del 2010.
Il muro Ochoa – Lo 0-0 con il quale il Brasile ha raffreddato un po’ il suo caldissimo pubblico ha un solo artefice: Guillermo Ochoa. Il portiere messicano, ora svincolato dopo l’esperienza all’Ajaccio di Fabrizio Ravanelli, ha letteralmente abbassato la saracinesca al Brasile: almeno cinque interventi decisivi del brevilineo estremo difensore nato a Guadalajara hanno negato la gioia della vittoria alla Selecao. La prima parata di Ochoa, al minuto 25 su un colpo di testa di Neymar staccato bene in area, ha ricordato per tempismo e per bellezza la famosa parata di Gordon Banks su Pelè a Messico’70, con la differenza che l’intervento di Ochoa è stato importante per il risultato, in quanto il Brasile non è riuscito ad imporsi sulla selezione messicana, a differenza dello 0-1 allora raggiunto contro gli inglesi. Oltre alle parate di Ochoa, il Brasile ha palesato quel punto debole che molti prevedevano alla vigilia del Mondiale casalingo: la qualità di Fred, centravanti verdeoro, non si è ancora dimostrata consona alla tradizione delle punte brasiliane, seppur sia sorretto da trequartisti di prim’ordine come Neymar, stella del torneo, Oscar, Ramires e Bernard. Scolari ha provato anche la carta Jo, inserito al posto della punta della Fluminense al 68’, ma neanche la punta dell’Atletico Mineiro è riuscito a scavalcare il muro eretto da Ochoa, pazzesco anche su Dani Alves al 44’, su Neymar al 68’ e su Thiago Silva a tre minuti dalla fine. La Tricolòr ha costruito il suo punto sulle parate di Ochoa, ma c’è da dire che il Messico ha anche provato qualche soluzione offensiva da fuori, soprattutto con il mastino di centrocampo Herrera e con Vazquez, murato da Julio Cesar, bravo anche a sventare il tentativo di Jimenez al 91’. Il Brasile non riesce a scacciare le critiche seguite alla vittoria con la Croazia segnata dall’abbaglio dell’arbitro Nishimura, ma conserva la prima piazza del Gruppo A, seppur in coabitazione con il Messico. La Selecao di Scolari non riesce ad impressionare ancora il mondo: solo Neymar sembra in forma Mondiale, Dani Alves e Marcelo hanno visto la propria propulsione sulle fasce limitata dai terzini messicani Layun e Aguilar (aiutati nel raddoppio da Guardado ed Herrera) e al centro il folletto Oscar non è riuscito a sbucare nel reparto difensivo centroamericano guidato dall’eterno Rafa Marquez. I segnali negativi sul piano del gioco potranno essere però aggiustati a dovere da Felipao Scolari, poiché la Selecao sarà impegnata nell’ultimo match contro il già eliminato Camerun, mentre Messico e Croazia si giocheranno il secondo posto disponibile per gli ottavi. La Croazia manda a casa un Camerun ancora spocchioso, poco coeso tatticamente e orfano di Samuel Eto’o, bloccato da problemi al ginocchio dopo l’esordio deludente contro il Messico. I Leoni Indomabili resistono solo undici minuti ad una Croazia al completo rispetto all’esordio con Mario Mandzukic al centro dell’attacco. Il vantaggio è pero un prodigio d’esperienza di Ivica Olic, calciatore dalle mille risorse capace di prevedere perfettamente la direzione del passaggio di Perisic prima di girare la sfera in rete. Il vantaggio croato abbatte ancor di più i camerunensi, incapaci di costruire trame offensive senza Samuel Eto’o. L’orgoglio dei Leoni Indomabili è tutto racchiuso nelle conclusioni da fuori, senza molte pretese, di M’Bia. Per il resto, è un monologo a scacchi biancorossi: Rakitic e Modric, calciatori pronti a battagliare a centrocampo nei clasicos tra Barcellona e Real Madrid, dominano la scena del centrocampo, Assou-Ekotto è tenuto lontano dalla trequarti balcanica da Srna e Alex Song al 40’ complica ancor di più la vita dei suoi con un’espulsione causata da un pugno a Mandzukic a palla lontana. In dieci la squadra di Volker Finke può solo assistere al monologo croato: Perisic al 48’ semina il panico nella retroguardia africana, brucia in velocità N’Kolou e beffa sul suo palo Itandje per il 2-0. Alla festa del gol croata non poteva mancare Mario Mandzukic, presente all’occasione con una doppietta: colpo di testa su corner di Modric al 52’ e tap-in facile facile al 74’ dopo una respinta di Itandje. Nel finale Rakitic manca il pokerissimo e Moukandjo e M’Bia falliscono ancora il gol della bandiera camerunense. La Croazia c’è ed è pronta a giocarsi le proprie chance mondiali nello scontro finale con il Messico che ha già il sapore di uno spareggio.
Adios Espana – Come l’Invincibile Armada. La Spagna, campione uscente e squadra da battere dopo il titolo iridato di Sudafrica 2010, segue la triste storia della flotta spagnola che alla fine del sedicesimo secolo cercava di mettere paura all’Europa intera e all’Inghilterra, allora prima potenza marinara mondiale. Le Furie Rosse non riescono a recuperare dopo lo schiaffo dell’1-5 nell’esordio incassato dall’Olanda e lasciano il Mondiale cedendo il passo al Cile, bravo a imporsi con uno 0-2 mai messo in discussione dagli iberici. Vicente Del Bosque ha provato a mischiare le carte del suo tiki-taka, ma la partita di ieri sera ha palesato la dipartita del ciclo di successi spagnolo, capace di monopolizzare il globo pallonaro dal 2008 al 2012. Il ct di Salamanca ha rinunciato dall’inizio a Xavi e Piquè, mettendo il mediano Javi Martinez al centro della difesa con Sergio Ramos, e rafforzando la mediana con la presenza contestuale di Xabi Alonso, Busquets e Silva sotto l’ala di “Don Andrès” Iniesta. Il Cile, guidato dall’argentino Sampaoli, ha risposto a tono al gioco spagnolo, basato sulla rete di passaggi all’altezza della trequarti, ed ha costruito un centrocampo denso e guerriero, aiutato dai ripiegamenti delle punte Sanchez e Edu Vargas, che ha imballato sin da subito la Spagna. Diego Costa si è spesso trovato isolato, Pedro e Silva non hanno superato i frequenti raddoppi sulle fasce e Vidal ha corso per tre uomini nella zona nevralgica del campo. Lo spirito guerriero del Cile, arrembante e veloce con la palla tra i piedi, ha portato al vantaggio al 20’: scompiglio a centrocampo causato da “King Arthur” Vidal, palla per Aranguiz, cross basso al centro per Edu Vargas e gol facile per la punta di proprietà del Napoli. La fascia destra cilena è una fontana inesauribile di occasioni per La Roja sudamericana: Jordi Alba fa acqua da tutte le parti quando è attaccato da Sanchez e Aranguiz e il tiki-taka iberico non trova sbocchi nel traffico della retroguardia cilena. Le uniche occasioni spagnole sono affidate a qualche sortita di Diego Costa (fischiatissimo dai tifosi brasiliani per la sua rinuncia alla Selecao), costretto però sempre alla conclusione da posizione proibitiva. Il pressing incessante del Cile, ben improntato da Sampaoli, è fenomenale e gli errori in fase d’appoggio di un dio del centrocampo come Iniesta sono il simbolo del capolavoro del tecnico argentino, prodigio capace di far arretrare ancor di più una Spagna che in conclusione di primo tempo incassa anche lo 0-2 al 43’: punizione respinta malissimo da Casillas (flop di questo mondiale) e tap-in vincente di Aranguiz, centrocampista tuttofare dell’Internacional, migliore in campo della partita. Non è giornata per la Spagna, e lo si capisce anche dagli episodi: al 52’ Busquets di piatto manda fuori un imponente assist su rovesciata di Diego Costa, ma l’occasione buttata al vento da Isla al 68’ pareggia anche il conto dei rimpianti, riducendo a zero le recriminazioni spagnole. I Campioni del mondo uscenti salutano il Mondiale, e lo fanno nel modo peggiore: i 7 gol presi nelle due partite contro Olanda e Cile simboleggiano la fine del ciclo di Vicente Del Bosque e della sua Spagna, almeno in chiave mondiale. Gli iberici, contenuti e annientati da due squadre capaci di fare di fisicità e corsa la propria forza, hanno pagato anche i frequenti annebbiamenti difensivi: Iker Casillas, capitano della Spagna campione del Mondo 2010 e d’Europa 2008 e 2012, è stato l’uomo in meno della difesa, sia all’esordio sia ieri sera, poichè la punizione che ha portato allo 0-2 cileno poteva essere neutralizzata in un modo migliore.
Oranje agli ottavi – Per una Spagna che abdica dal trono mondiale come il suo re Juan Carlos, uscito di scena ufficialmente alla mezzanotte di ieri, c’è un’Olanda che continua a dimostrarsi il mix giusto per il successo: gli arancioni battono una bellissima Australia con un 2-3 in rimonta e conquistano il pass per gli ottavi, rendendo la sfida nell’ultimo turno con il Cile uno spareggio per il primo posto. A onor del vero, nel successo olandese c’è un pizzico di fortuna che ha sorriso a Louis van Gaal: l’infortunio del difensore Bruno Martins Indi ha indotto il ct olandese all’inserimento in campo di Memphis Depay, punta esterna del PSV che ha costretto il santone della panchina oranje a passare da un 3-5-2 difensivo a un 4-3-3 tipico del calcio totale olandese. Il modulo usato all’esordio, accorto dietro e poco denso davanti, si è rivelato utile soprattutto nelle sfide contro le parigrado: la piccola Australia ha cercato di fare il gioco dell’Olanda all’esordio ed ha pressato alto i palleggiatori olandesi, costringendoli spesso a delle soluzioni azzardate. La differenza tra Olanda e Australia sta però nei talenti offensivi sulle fasce: da una parte c’è Arjen Robben e dall’altra, con tutto il rispetto possibile, c’è Matthew Leckie, giocatore offensivo incapace di capitalizzare una buona occasione sul 2-1 per i suoi. Un’accelerazione improvvisa dell’esterno del Bayern porta a spasso la difesa dei Socceroos e regala il vantaggio all’Olanda. Altra goleada oranje? Tim Cahill dice no. Dopo 60 secondi dal gol di Robben è proprio l’eterno Cahill, icona del calcio australiano, a regalare un’altra perla all’antologia delle reti di Brasile 2014: scucchiaiata in avanti e bordata al volo dell’ex centrocampista dell’Everton, ora punta dei New York Red Bulls, che incenerisce Cillesen e lascia a bocca aperta tutti. Il gol di Cahill rinvigorisce le ambizioni australiane, con il ct Postecoglou che cerca di far calcio senza timori reverenziali nei confronti del maestro van Gaal: Bresciano, ancora una volta dopo la partita d’esordio, sfiora il gol personale e poi Jedinak trasforma un rigore decretato dall’arbitro per un mani di Blind su cross di Bozanic: 2-1 Australia. Sembra un inferno anche per l’Olanda ma Memphis Depay, lanciato in campo al 68’, prima imbecca perfettamente Robin van Persie a centro area facendo fare una brutta figura alla retroguardia australiana per il pareggio e poi scaglia una sassata da fuori che, complice una traiettoria strana, beffa il portiere australiano Ryan, lento nel tuffarsi, e regala gli ottavi di finale agli oranje sotto il sole di Porto Alegre.
GRUPPO A
Brasile – Messico 0-0
Croazia – Camerun 4-0
Classifica
Brasile 4
Messico 4
Croazia 3
Camerun 0
GRUPPO B
Australia – Olanda 2-3
Spagna – Cile 0-2
Classifica
Olanda 6
Cile 6
Australia 0
Spagna 0
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