Porto Cesareo (Le) – Il 18 marzo, alle ore 17.00 presso la sede del museo di Biologia Marina di Porto Cesareo, si è tenuto un interessantissimo convegno sullo squalo elefante. Quella nella marina ionica è stata una delle tappe di un tuor finalizzato alla promozione del progetto “Operazione Squalo Elefante” nato nel 2006. Da circa 8 anni, infatti, l’associazione che si occupa degli squali del mediterraneo, la Medsharks, in collaborazione col CTS, associazione per la difesa di habitat e specie marine in pericolo, con il supporto della Fondazione Principe Alberto II di Monaco, hanno dato vita a questo studio su uno degli squali più grandi del Mediterraneo.
Durante l’incontro, le responsabili nazionali del progetto “Operazione squalo elefante”, Eleonora De Sabata e Simona Clò, hanno raccontato attraverso slides e video le loro ricerche per cercare di conoscere meglio la vita di questo enorme mammifero. I presenti in sala hanno potuto apprendere tantissime nozioni e curiosità su questa specie di squalo: per esempio, che il nome deriva dalla punta del suo muso, che nei primi mesi di vita è allungata e simile ad una proboscide di elefante, oppure che a differenza degli altri squali si muove in maniera molto lenta. Più volte le ricercatrici hanno anche tenuto a precisare che lo squalo elefante, o cetorino, nonostante la mole sia innocuo perché si nutre di plancton. Il convegno si è poi concluso con le testimonianze dei presenti, quest’ultime di fondamentale importanza per il progetto di ricerca: Operazione squalo elefante, infatti, proprio perché studia una specie in via d’estinzione, raccoglie segnalazioni di avvistamenti e catture lungo le coste italiane. Inoltre è stato avviato anche un “censimento” degli squali elefante del mediterraneo per comprendere meglio i loro spostamenti: le pinne dorsali degli squali, infatti, presentano delle caratteristiche come forma, tagli o cicatrici, che le rendono uniche e consentono di individuare un esemplare anche a distanza di tempo. Pertanto, semplici foto delle pinne di squali diventano “carte d’identità” che formano un archivio a cui possono contribuire ricercatori, ma anche chiunque si imbatta in mare in uno squalo elefante.
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Per partecipare a “Operazione squalo elefante” e aiutare i ricercatori a conoscere meglio e salvaguardare questi “giganti buoni”, inviare foto, video o segnalare avvistamenti di squali a info@squaloelefante.it. Potete comunque saperne di più sul sito www.squaloelefante.it.
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