Lecce – Il Salento è in ginocchio. A dirlo sono i dati, incontrovertibili e indiscutibili. La produzione olivicola nel Salento è crollata del 90%. Negli ultimi sei anni si è registrata la chiusura di oltre 100 frantoi. Ed il fronte dell’emergenza continua ad avanzare verso nord in maniera incessante.
Di fronte a questi dati, impietosi, anche il santone più ottimista e meno catastrofista deve abbassare i toni da propaganda e constatare la realtà dei fatti. Lo deve a quella moltitudine di uomini e donne ora in difficoltà. Lo deve a quegli imprenditori che hanno dovuto chiudere le proprie aziende e svendere i macchinari nel nord Africa. Lo deve a sé stesso, poiché seppur amante della propria terra, della terra dei propri avi, non può più nascondersi questa terribile realtà.
Che si tratti di Xylella o di disseccamento rapido importa poco, sono gli scheletri che costeggiano le strade salentine a gridare vendetta per uno scempio che probabilmente si sarebbe potuto prevenire o certamente ridimensionare.
«Incontrovertibile lo scenario della filiera olivicola a Lecce, dove si stima nella campagna olearia 2019-2020 il crollo del 90% di olio rispetto alle medie storiche, perché la produzione di olive Cellina e Ogliarola è azzerata e risultano produttive solo le piante di Leccino, con il prevedibile effetto a catena su oltre 100 frantoi che lasceranno i battenti serrati». È la denuncia di Coldiretti Puglia rispetto alla previsione della stagione olivicola più disastrosa che si ricordi a memoria d’uomo nella provincia di Lecce.
Il presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia, ha denunciato la situazione di 5mila posti di lavoro persi nella filiera dell’olio extravergine di oliva «con un trend che rischia di diventare irreversibile se non si interviene con strumenti adeguati per affrontare dopo anni di tempo perduto inutilmente il “disastro colposo” nel Salento».
I dati riportati da Coldiretti sono presto rimbalzati alla cronaca nazionale e c’è chi commentando i vari articoli attribuisce le colpe al Presidente della regione, Michele Emiliano, ed ai Cinque Stelle. C’è chi attribuisce della corresponsabilità ad artisti e personaggi più o meno noti che in nome di un fine più romantico che scientifico hanno aizzato le folle. E c’è chi ancora ha suggerito alle regioni produttrici di olio «il bombardamento del Salento».
Molti secoli addietro qualcuno, in Salento, ha fatto un patto con questi giganti. Il patto prevedeva aiuto reciproco, oro verde in cambio del sudore della fronte, e così è stato. Per molto tempo gli abitanti della penisola salentina hanno prosperato ed esportato in tutto il mondo il frutto di questo arbusto.
L’olivo è diventato il simbolo di una terra arida che sa essere anche generosa. La contorsione lignea protesa verso il cielo ha forgiato la tempra degli antichi abitanti, fino a divenire il simbolo di una resistenza orgogliosa.
Ad oggi questo patto sembra incrinato, spetta a ciascuno nel limite delle proprie possibilità far sentire la propria testimonianza affinché la storia e la cultura del Salento tutto possa tornare a specchiarsi nelle chiome argentate e fluenti di queste piante.