Allarme “Squid Game”anche in Salento. Ma è davvero colpa della serie in TV?

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A poco più di quattro settimane dall’uscita, la serie sudcoreana “Squid game” è una delle più viste su Netflix. Protagonista della storia è Seong Ji-hun, un uomo divorziato e sommerso dai debiti, che insieme ad altre 455 persone a corto di denaro, viene invitato a partecipare ad una competizione estrema. Tutti dovranno competere sostenendo prove che consistono in giochi per bambini( tiro alla fune, “un, due, tre stella”, ritagliare formine da biscotti friabili), ma la posta in gioco è mortale, poiché chi perde viene ucciso, mentre per i vincitori ci sono in palio 45,6 miliardi di won (circa 33 milioni di euro), ai quali si aggiungono altri 100.000.000 won per ogni morto (poco meno di 74 mila euro).

Nonostante la visione della serie sia vietata ai minori di 14 anni, il pubblico di minori del fenomeno sudcoreano è molto vasto. Si tratta di bambini e ragazzi che restano talmente affascinati dalla storia da replicarne le scene, ragion per cui molti genitori hanno firmato una petizione chiedendo l’abolizione della serie e numerosi docenti di scuole primarie hanno denunciato la riproposizione dei giochi violenti da parte dei loro piccoli alunni che puniscono i “perdenti” con la violenza fisica. Le prime preoccupazioni aleggiano anche nelle scuole salentine. In particolare, una suora di un istituto leccese ha confermato che i bambini di una terza elementare stavano facendo il gioco del calamaro. Giocavano poi ad un, due, tre stelle e chi si muoveva veniva picchiato dagli altri. Altri atteggiamenti emulativi e sospetti sono stati notati tra alcuni ragazzini dell’istituto comprensivo “Rina Durante” di Melendugno e Borgagne, tanto da spingere la dirigente scolastica a emanare una circolare in cui si legge “Gli episodi sono tutti costellati da immagini cruente, e la trama è incentrata apparentemente tutta sulla violenza. Purtroppo, il telefilm ha ammaliato anche i bambini più piccoli. Da alcune frasi e dai giochi visti praticare dai ragazzi durante le pause dall’attività didattica, i docenti hanno compreso che anche i nostri alunni si sono lasciati affascinare dalla serie e tentano di imitarla. Con la circolare si intende portare all’attenzione di tutta la comunità educante: docenti, genitori, ma anche catechisti, responsabili delle associazioni sportive e ricreative del territorio, il fenomeno al fine di collaborare tutti insieme per spiegare l’importanza del rispetto della sacralità della vita”.

Il rischio di emulazione è stato lanciato anche dagli psicologi pugliesi. L’imitazione è un procedimento naturale nei bambini, è una forma vera e propria di apprendimento, un processo cognitivo che può agire su due piani, sia conscio che inconscio, al quale si somma anche l’apprendimento per effetto del gruppo e per riflesso ai comportamenti degli altri. Tutti noi nella nostra infanzia abbiamo imitato i personaggi dei cartoni o le azioni compiute da un genitore o da una persona a noi vicina ed è esattamente questo ciò che si sta verificando. Bambini e ragazzini sono totalmente rapiti dal mondo di Netflix e questa continuità e quotidianità fa introiettare loro determinate azioni, in questo caso quelle di “Squid Game”, come “normali”.

Eppure, non è Squid Game il vero problema. Non è il primo capro espiatorio. Nel 2015 è stato il caso di Gomorra. Se 40 anni fa la società e il progresso tecnologico fossero stati quelli dei giorni nostri, sarebbe stato forse Goldrake il problema?

Il vero problema è l’assoluta assenza nel web di filtri efficaci che traducano in realtà i divieti legali di visione di contenuti e fruizione di servizi non adatti a minori. Netflix non dispone di filtri volti alla tutela dei minori, per i quali è quindi possibile usufruire di qualsiasi tipo di contenuto. Non si può pensare di addossare completamente sui genitori la responsabilità di verificare materialmente, a ogni ora del giorno, l’attività online del proprio figlio.

È per questo che le varie piattaforme dovrebbero procedere alla verifica dell’identità e dell’età dell’utente. Nel caso concreto, non sarebbe possibile guardare Squid Game senza aver inserito un codice inviato sul cellulare o sulla mail del genitore intestatario dell’abbonamento, avvisato del fatto che il contenuto di cui si chiede la visione è vietato ai minori (e delle conseguenti responsabilità penali).

Pur agendo in questo modo, esisterebbero dei sotterfugi per ragazzini più scaltri in grado di eludere il sistema, ma ciò non toglie il dovere di ridurre comunque al minimo, già in partenza, gli spazi di queste possibilità per prevenire, in una società già basata sull’esaltazione e l’estremizzazione di tutto, emulazioni che potrebbero finire in tragedia e ledere una delle componenti sociali più fragili.