Il premio alla carriera di Francesca Neri, l’attrice di Verdone, di Almodovar, di Bigas Luna, ma soprattutto di Massimo Troisi
Lecce – Sul palco del Festival del Cinema Europeo, due protagonisti indiscussi del cinema italiano, aprono il loro immaginario album dei ricordi, sfogliandolo per tutti noi, tra le domande del direttore del Festival Alberto La Monica e del Presidente dell’SNGCI, Laura Delli Colli.
La prima pagina mostra una giovanissima Francesca Neri nell’assoluto successo Al lupo al lupo, il regista Carlo Verdone spiega la sua scelta, raccontando di aver desiderato un volto che assomigliasse a sua sorella quando era piccola, che avesse la profondità del suo sguardo e la sua leggera oscurità, e di come ritrovò tutto questo in Francesca Neri.
Di tutta risposta l’attrice pluripremiata, racconta un Verdone regista meraviglioso, esattamente come lo vedete, lavorare con lui è così, girare una scena seria è un’impresa. Sono molto legata ad “Al lupo al lupo”, credo sia uno dei più belli di Carlo, è un film con l’anima. Inoltre lui è uno dei pochi registi che dona bellissimi ruoli agli attori con cui lavora.
Poi la cinegiornalista Delli Colli tira fuori una domanda per la Neri, un nome, che nella “Sala 1” del Cinema Massimo, si trasforma subito in applauso: Massimo Troisi.
Tra me e Massimo c’è stata un’intensa amicizia, mi vide nel film di Bigas Luna, scomparso da poco. Non lo chiamo Troisi, per me era Massimo, un puro, un semplice. Mi manca. So che manca al cinema italiano, ma manca a me. Di solito leggeva le proposte lavorative che mi facevano, ed è stato proprio lui con la sua gelosia a farmi dire alcuni “No”, non dirò mai quali sono. Quando Carlo mi chiese di fare “Al lupo al lupo”, Massimo mi disse: “Questo film lo devi fare”.
Dopo questo momento di commozione, la Delli Colli chiede a Verdone di parlare della grande signora Commedia:
Negli anni in cui ho iniziato a fare commedia, c’era la commedia vera, commedia della sceneggiatura, fatta di registi che si stimavano tutti tra di loro. Ora la commedia appartiene alla risata, non più al dialogo tra gli attori, al copione. Molti registi non danno spazio agli attori, non li valorizzano. Mi piacerebbe molto essere ricordato come un regista che esaltava le sue attrici, al massimo del loro potenziale.
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La Presidente dell’SNGCI ha voluto affrontare con Francesca Neri un argomento sicuramente non banale, chiedendole come mai, secondo lei, ci siano così poche sceneggiature per donne della sua età, per personaggi non più giovanissimi.
Penso sia un problema tutto italiano, il nostro cinema soffre a prescindere per quanto riguarda i ruoli femminili, è un cinema un po’ maschilista. Io non sento molto questa mancanza, forse perchè sono stata scoperta prima di questa crisi dei ruoli femminili, ma se mi guardo intorno, sì, la sento.
Il regista Carlo Verdone, prima di consegnare l’Ulivo d’Argento alla splendida Francesca Neri, e di allontanarsi dalla sala, ci lascia con un consiglio finale ai giovani talenti con il sogno del grande schermo, e con una sua personale riflessione sul cinema:
Serve un ricambio generazionale. Abbiamo bisogno di nuovi registi, nuovi sceneggiatori, nuovi attori, e anche nuovi narratori, che possano con le loro storie, ispirare il grande cinema. Una nuova schiera di artisti, insomma, a cui mi sento di dare un solo consiglio: fatevi una grande cultura dal passato senza però copiare mai da nessuno, cercate il vostro stile personale, sarà quello il vostro segno di riconoscimento.
Si parla di crisi del cinema. Se stanno chiudendo un sacco di sale cinematografiche è colpa anche dei registi che fanno i film brutti. Io vorrei dire ai registi italiani che il pubblico è più intelligente di quello che sembra! Che il cinema degli italiani campioni della commedia non può ridursi ad andare a copiare le commedie dai francesi, è roba da pazzi! I registi e i produttori mancano di coraggio. Per convincere Cecchi Gori a fare “Perdiamoci di vista”, film sul tema della disabilità con Asia Argento, ci ho messo un mese intero.
Vorrei dire ancora una cosa sulle nuove tecnologie, anche quelle mettono in ginocchio il cinema, si sa. Ma la sala è condivisione, è un peccato che si perda questa cosa meravigliosa. Nella vita non si condivide più niente con nessuno, i social network, paradossalmente ci isolano facendoci intraprendere la strada della solitudine. Spero che la sala non muoia mai perché è importante dal punto di vista sociale, antropologico, umano.
Non facciamo chiudere i battenti ai cinema storici, per andarci a vedere i film su un display grande quanto un francobollo del Nicaragua.
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