A Lecce, presso la Fondazione Biscozzi/Rimbaud, dal 16 luglio 2023 al 7 gennaio 2024, sono esposte le opere di Yuval Avital. Il complesso progetto artistico dal titolo “Lusus” è stato curato dal docente di Storia dell’Arte Contemporanea dell’Università del Salento, prof. Massimo Guastella.
Il Lucus, nella sua traduzione latina, è il bosco sacro, deriva da “non lucere”, perché il bosco non ha luce. Presso i Romani il lucus era il bosco dedicato alle divinità, un luogo prezioso, perché ricco di erbe e frutti da mangiare ma anche misterioso, perché irto di pericoli, come gli animali. Catone riferisce che il lucus fosse la radura, quella parte del bosco riservata al culto. Lo frequentavano le sacerdotesse per i loro rituali ed ogni albero o arbusto era sacro. Col tempo e col cristianesimo il “bosco sacro” iniziò a non essere più rispettato perché privato della sua primordiale anima.
L’artista Avital ha distribuito le sue novanta opere, su piani e sale diverse. Al piano terra le sale sono tre, nella prima, quella dedicata ai “Bagnanti”, il visitatore è catturato dalle quattordici statuine bianche di gesso, che si ergono su alti steli metallici, uomini e donne, bambini, figure umane, spesso appena abbozzate. Alle pareti piccoli quadri con figure filiformi, dai colori che richiamano il mare e la spiaggia, realizzati in china e acquarello su carta. La voce che rallegra lo “spettatore” è quella di Mina, che canta “Tintarella di luna”, brano scritto da Franco Migliacci e composto da Bruno De Filippi, pubblicato nel 1959. Ma già nella seconda sala tutto inizia ad assumere un alone di mistero, da ciascuna delle dodici maschere si odono suoni, ognuna emette il suo e insieme, come un coro polifonico a cappella, creano uno stato emotivo angosciante.
Le maschere sono state realizzate nel 2019 su indicazione dell’artista da differenti esperti artigiani e sono di diverso materiale: dalla scagliola marmorizzata alla lana, al cuoio, ecc. Infine, la terza sala il luogo forse del rituale, sulla parete la gigantografia di una foto scattata a Taiwan dove Avital ha assistito al rituale del fuoco e restituito questa suggestiva immagine, catturando il momento del suo scoppiettare e cristallizzandone le scintille luminose. Nella sala, da visitare al buio e assistiti dalla sola torcia del cellulare, vi sono alloggiati cinque totem, che riprendono i Menhir di Vardare (Diso), Staurotomea (Carpignano Salentino), Madonna di Costantinopoli (Morciano Di Leuca) e di Miggiano (Muro Leccese), realizzati in cartapesta dagli artigiani Dante Vincenti e Cosimo Quaranta. Entrambi i lati del menhir sono stati disegnati e dipinti da Avital con tecnica mista, si tratta di figure umane, inserite nel contesto della foresta forse a rappresentare il momento del rituale, tanto che in una di queste appare un’aureola dorata come a voler richiamare il passaggio al cristianesimo. Appeso al muro, in basso, un piccolo quadretto che raffigura un uomo e un albero, l’unico di questo lucus immaginario. Anche in questa sala ad accompagnare il visitatore è il suono del vento misto a voci. Ricordiamo che Yuval Avital è un artista multimediale che si esprime attraverso diverse forme, dalle installazioni, alla pittura, alla fotografia etc. ma anche un chitarrista e un compositore e che le “forme sonore” presenti sono da lui elaborate.
Avital nasce nel’77 a Gerusalemme, vive a Milano, e da qualche tempo frequenta il Salento, in particolare i laghi Alimini e Muro Leccese. Nelle tre sale al piano superiore del Museo, vi sono tre opere sonore “Singing Tubes” letteralmente tubi che cantano, realizzati con tubi di diverso diametro e formato. “L’ alta giraffa respirante”, “Il ragno blu tremolante” e “il verme dal tono grave”. Il nome “tubo” non è solo in riferimento del termine italiano per il materiale utilizzato, ma nel suo significato ebraico, infatti, “Tubo” sta a rappresentare il collegamento tra “l’uomo e il divino, l’invisibile e il mondo materiale. Ecco il mondo fiabesco e magico di Avital che, come ogni artista, permette all’arte di svolgere la sua funzione sociale e politica. Egli solleva questioni, come quella ecologica, del dilagante inquinamento, del disboscamento, riproducendo “luoghi”, un tempo paradisi naturali di straordinaria bellezza, perché affidati al lento e certosino lavoro della natura e rispettati dagli uomini, poiché ritenuti sacri.