La recente scomparsa (6 dicembre) di Mario Rossi, novolese doc, classe 1941, lascia un vuoto incolmabile in chi lo ha conosciuto. Per molti era lu Mariu nuesciu. Da anni, tormentato da problemi di salute, aveva individuato nella cultura e nella ricerca un antidoto. Nutriva molte aspettative nei giovani talentuosi e non di rado assumeva il ruolo di talent scout offrendo loro un coinvolgimento nei suoi molteplici progetti. Con affetto, in alcuni casi, si auto-attribuiva l’onore e l’onere di aver contribuito alla loro crescita, ripetendo la consueta espressione l’aggiu crisciuti.
Possedeva un grande intuito nell’individuare le persone cui affidare collaborazioni di vario genere (scrivere un volume, un saggio, un’introduzione, risultare co-curatore di un catalogo, ecc.) oppure chiedere pareri alle persone curiose.
Espletato il quotidiano, si dedicava all’otium poiché le ore della giornata scandivano momenti riservati allo studio, ai ragionamenti ma anche alle passeggiate e agli incontri con gli amici. Talmente sui generis e innamorato della sua terra, amava definirsi «salentinologo» dichiarandosene studioso e cultore. Che dire poi del considerarsi ‘maestro di se stesso’ sottolineando di essere autodidatta? Se alcuni detrattori cercavano di ‘scoprire’ le sue debolezze tecniche, altri, che sapevano cogliere in Mario il desiderio di avvicinarsi all’eredità delle grandi menti artistiche, anziché subirne l’accettazione lo stimavano ponendogli una fiducia incondizionata. Conosceva molte persone, non solo del Salento, ma un numero maggiore conosceva lui per il suo collezionismo (vantava ca. 3500 santini), possedeva opere di artisti salentini, oltre che disporre di rarità librarie e documenti originali.
Preferiva vivere la cultura da protagonista attraverso il personale coinvolgimento piuttosto che ‘subirne’ la trasmissione dei saperi da fruitore e/o spettatore. Per circa un anno (tra il 1989 e l’inizio del 1990) vive nella ‘dotta’ Bologna. In questa città non cerca un livello superiore di istruzione che poteva offrirgli l’ambiente dell’Alma Mater Studiorum bensì preferisce frequentare la Fiera internazionale d’arte contemporanea (ARTE FIERA) ove conosce galleristi, critici d’arte e personaggi come Wladimiro Tulli o Giorgio Celli. Tuttavia dalla città emiliana assorbe vitalità prolifica tanto che, rientrato al paese di origine, non nasconde una certa nostalgia.
Pur in situazioni difficili per la promozione della cultura in Salento il suo entusiasmo, congiuntamente alla ricchezza di idee, spesso convince molti studiosi tanto da coinvolgerne alcuni a dare vita al Parametro Editore, una casa editrice (anche associazione culturale) che realizzerà mostre e diverse pubblicazioni, ben inserendosi all’interno dei meccanismi della comunicazione.
Vista la feconda produzione rimando al sito de “Il Parametro Editore” https://ilparametro.altervista.org/it/mario-rossi/?doing_wp_cron=1670697366.3593530654907226562500
Altro tassello significativo per comprendere il ‘personaggio’ Mario Rossi è la sua adesione, insieme ad altri studiosi, alla nascita della Sezione di Novoli della Società di Storia Patria per le Puglie “O. Parlangeli” ove molti suoi amici ma anche giovani aderiscono ed alcuni diventeranno collaboratori e/o autori di volumi pubblicati da Il Parametro.
Ogni mostra si trasformava in un evento particolare: non era solo occasione di incontro con Mario, ma condivisione tra amici, cultori d’arte e di tradizioni salentine di un momento di festa tra luci e colori che si poteva concludere con qualche foto. Luogo ove esporre i lavori era lo spazio (ex mercato coperto di Novoli) che per la vitalità generata e le narrazioni che produceva corrispondeva ad un ‘teatro di immagini e di colori’ capace di donare emozioni e sensazioni eternate anche attraverso la pubblicazione del catalogo. In tali occasioni emergeva il suo mondo con i personaggi, le passioni, la religiosità, l’umiltà e il frutto delle ricerche. Anche grazie al patrocinio della Fondazione Fòcara e/o dell’Amministrazione Municipale di Novoli, Mario riusciva a sviluppare negli anni temi a lui cari, in particolare il ciclo mariano dedicato a Maria SS.ma del pane e l’altro su Sant’Antonio Abate, protettore della cittadina salentina.
La ricerca intorno al sacro, nel 2019, trova spazio anche per narrazioni come Sant’Andrea Apostolo: una storia di immagini. Mostra di incisioni dal XV al XVIII secolo; La Passione e la resurrezione di Gesù. Conosce personalità come Antonio Verri, Remo Brindisi, Jannis Kounellis, Hidetoshi Nagasawa, Gianni Berengo Gardin, Vittorio Sgarbi e tanti altri.
Particolarmente interessanti risultano le iniziative nel segno del ricordo di alcuni novolesi: Omaggio a Duilio Natale – mostra di dipinti e il volume Gioele Manca, Fuori ruolo.
Pur con il peggioramento della malattia trova la forza di lavorare ad un nuovo progetto: La santità nella sanità. In una delle sue ultime telefonate mi aveva raccontato, con una certa fierezza, molti dettagli della ricerca alla quale si stava dedicando da due anni e mezzo. A tal proposito amava ribadire: «Questa volta devo superare tutti i lavori realizzati fino ad ora» augurandosi di vedere pubblicato il volume (catalogo) per la Festa di Sant’Antonio Abate 2023. Partendo dal 1300, era riuscito ad individuare immagini, soprattutto di provenienza tedesca, francese e spagnola (poche italiane), di figure singolari (ca.500): medici, soldati, vescovi, monache, et alii che assurgono alla santità, ove ognuno diventa protettore di una malattia tra le 160 individuate.
Viene spontaneo chiedersi: «siamo ancora di fronte all’ennesima opera incompiuta»? Secondo un’anticipazione del figlio Massimo, sembrerebbe di no. Il prossimo 12 gennaio a Novoli, presso il Teatro Comunale e l’ex Mercato coperto, finalmente vedranno la luce sia il catalogo che la mostra, chiudendo così un’altra pagina della storia di Novoli e del Salento.
Soprattutto negli ultimi tempi, più che interessarsi ai principi della medicina per la cura del corpo Rossi era diventato più sensibile alla cura dell’anima, consapevole che la santità possa essere raggiunta da tutti.
Rivolgendomi soprattutto a chi lo ha conosciuto e frequentato penso che si possa condividere che, se da un lato la dedizione all’arte e alla cultura lo ha aiutato a sopportare la sofferenza, la dedizione stessa può considerarsi un tentativo incessante di avvicinarsi il più possibile al sacro.
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