Sono passata da via sant’Antonio, oggi. Ci passo spesso, ci passiamo tutti. E chissà se ci accorgiamo di quanto sia diversa dalla strada di un tempo: quando brulicava di attività commerciali, passeggio e vita!
Lo sguardo è caduto distrattamente su un manifesto di morte. Ne vedo sempre di più, ormai, e paradossalmente quasi non ci faccio caso. Un manifesto su un muro dove, al tempo della mia gioventù, abitava la nonna Berta.
La nonna Berta era una grande madre che allargava le braccia e il cuore, e accoglieva con una dolcezza straordinaria gli amici di figli e di nipoti.
Quella casa, protetta da un portone che inganna, era perfetta cornice di sogni. Ai lati delle scale, piante rampicanti accompagnavano i passi ed i pensieri di chi saliva su quel castello. Il taglio di luce era così intenso che lo ricordo nitido ancora adesso, a distanza di quarant’anni. Claudio Baglioni a quei tempi cantava passerotto non andare via …
E i ragazzini si mischiavano con i giovani, con le zie, con la nonna Berta. Era una fucina di cose belle, quella casa. Era fermento.
Lì conobbi Vito. Gentile, garbato, umile.
Lì l’ho ritrovato tante volte, lui giovane e noi bambinetti. E con lui ho recitato nel lontano 1979, in una sua commedia dialettale: Nzirraja ecchia nu chiute chiui. Racchiudeva in sé un mix di interessi, era uno scopritore di talenti, un artista, ma sopratutto un amico. Preciso e brillante, regista delle sue commedie e anche del giornale che ha tenuto per anni con la cura di un padre verso un figlio. Proprio su quel giornale – Le Fasciddre te la Fòcara – per molti anni ho continuato a collaborare con lui.
Non ci vedevamo da tanto ma quel nostro appuntamento di inizio di novembre era il suggello silenzioso ad un rapporto di stima e affetto che è durato tutta la vita.
“Maria Rosaria, scrivi il pezzo per Le fasciddre, mi raccomando”. Un invito unico, a cui non ho mai detto di no: per me era un onore.
Vito è stato presenza lieve, un uomo che ha dato lustro al nostro paese, che lo ha molto amato e lo ha dimostrato in ogni modo.
Il mio vuole essere un ricordo delicato, non riesco ad essere barocca, non riesco a tributargli il ricordo che merita, elencandone titoli, opere, riconoscimenti. Nessun dato, neanche un numero. Il tempo fermo al tempo felice.
La sua biografia, per me, racconta di un ragazzo che sognava un mondo migliore, in una casa magica di via Sant’Antonio a Novoli.
Vito, tu amavi le parole.
E queste mie, umili povere sincere e piene di emozione, sono per te.
Ci mancherai tantissimo.