Novoli (Le) – Ironica, divertente, frizzante, ritmata, con un finale inaspettato, dalla morale semplice e pure profonda. Questa la commedia dialettale in tre atti di Mario Seclì, definita in pillole. In realtà l’opera prima del giovanissimo novolese, ‘SULAMENTE A NA COSA NUN C’è RIMEDIU’, racchiude in sé molti significati.
Innanzitutto impossibile non considerare l’età dell’autore che proprio il 7 maggio, giorno della prima portata in scena dalla compagnia teatrale Mario Teni nel teatrino parrocchiale ‘Maria SS del Pane’ di Novoli, festeggiava i suoi 22 anni. Nipote d’arte, il giovane infatti ha avuto un nonno illustre di cui porta il nome di battesimo: il mai dimenticato Professor Mario Teni, autore anch’egli di numerosi testi teatrali che hanno fatto la storia popolare del nostro paese.
Il Professore, amico della sua gente, profondamente innamorato della vita e del suo paese, curioso come pochi, e che proprio nel maggio di 6 anni fa, si congedava da questo mondo, lasciando un gran vuoto nel cuore della sua famiglia e dei tanti che gli avevano voluto bene. Anche il papà di Mario, Aldo Seclì, vanta un nutrito curriculum come interprete di commedie dialettali, dunque questa esperienza del giovane novolese non coglie del tutto di sorpresa.
La commedia, replicata domenica 8, ha avuto uno straordinario successo di pubblico. Interpretata da Paola Errico, Alessandro De Tommasi, Dalila Arnesano, Francesca Santo, Stefania De Luca, Carmen Attanasio, Lina Antonaci, Cesare Seclì, Vincenzo Sebaste, tutti bravissimi nei propri ruoli; con le scenografie a cura di Alessandro Calabrese e Francesco Bacca, ha raccontato spaccati di vita in modo molto divertente, ma ha proposto, tra una risata e l’altra, temi su cui riflettere.
In primis l’ansia dell’egoismo che ci induce spesso a vivere troppo concentrati su noi stessi e ci impedisce di godere di ogni momento con serenità, condizionando chi ci vive accanto; la paura della morte e quanto questa idea ci tolga gioia; ha ironizzato sul pettegolezzo di paese, ha esacerbato l’uso dei social che un po’ ci danno e molto ci tolgono. Ogni atto si è concluso con un’interpretazione suggestiva: quella della morte, che appare alla protagonista tra sogno e realtà, che dispensa poche ma significative parole, che induce a vivere per gli altri e con gli altri, prima che sia troppo tardi ed evitando che ad un certo punto la vita si trasformi in inutili rimpianti. Mario ci racconta che la commedia è nata da sé, nel senso che, da un seme di idea, ha camminato sulle sue gambe, senza canovaccio predefinito. È bastato osservare attentamente la realtà che ci vive attorno, partire da lì ed il resto ha trovato parole e situazioni come condizione quasi naturale.
In realtà non è così facile scrivere, sceneggiare, dirigere, ma il ragazzo è un infinito di modestia che trova il suo massimo quando ci dice che ‘no, non si arrivi automaticamente e in tutta fretta a dire che io sono l’erede di Mario Teni: il nonno era altro, lui era immenso’. Ci emoziona quando racconta le immagini dolcissime di lui ancora bambino che entrava nello studio del nonno, e lo vedeva intento a ‘inventare’ le sue commedie, chino sulla macchina da scrivere. È molto contento del successo dei due giorni, ma non ne fa motivo di vanto. Ci dice che ha voluto portare un messaggio chiaro, che è il valore del dono di sé agli altri, nelle forme più svariate; l’esortazione garbata ad uscire dal proprio guscio, a lasciare da parte titubanze e paure, e tuffarsi nella vita, godendone appieno. CON gli altri. Il finale della commedia può lasciare l’amaro in bocca; lo stesso autore, durante i saluti finali, si rivolge al pubblico chiedendo simpaticamente un parere sulla conclusione. Di solito opere di questo genere hanno il lieto fine, anche un po’ banale. In questa, la protagonista così terrorizzata dall’idea della morte, vive la situazione che il pubblico non si aspetta. Noi non la sveliamo, a beneficio di chi domenica 15 maggio andrà a vederla, sempre al teatrino ‘Maria SS del Pane’.
Riportiamo solo una frase semplice, che racchiude però il senso della commedia e della vita stessa: ”le foto sbiadiscono, i fiori seccano, le tombe si sgretolano. Solo l’amore resta”. Mario, che intende proseguire sulla via della creatività con nuove opere, ci dice che dedica questo primo lavoro a tutta la sua famiglia, nessuno escluso, ai presenti e a chi non c’è più. Quel grande albero Seclì-Teni da cui lui ha preso la linfa per crescere e l’esempio ad impegnarsi e a dare sempre di più.
Complimenti vivissimi e l’augurio di un radioso cammino colmo di successi e gioia, giungano al ‘nostro’ ragazzo e alla sua famiglia, da parte dell’intera comunità novolese e del nostro giornale. Ad maiora, Mario!