Dopo due anni di duro lavoro e instancabili speranze arrivano i primi risultati: il vaccino funziona!
All’Ospedale Pediatrico Bambin Gesù di Roma, l’immunoinfettivologo, Paolo Palma, dell’equipe del professor Paolo Rossi, Direttore di Cattedra di Clinica Pediatrica e Coordinatore Dottorato di Immunologia e Biotecnologie Applicate -Università degli Studi di Roma Tor Vergata, ha testato il vaccino su 10 bambini affetti da infezione da HIV trasmessa in epoca perinatale dalla genitrice.
I dieci bambini cui è stato somministrato il vaccino hanno sviluppato «un significativo aumento della reattività al virus», a differenza del gruppo che non lo ha ricevuto (altri dieci bambini con Hiv). Con il vaccino viene somministrato il Dna di una specifica proteina del virus. La cellula umana che lo riceve inizia a sintetizzarlo, migliorando la risposta immunitaria. La vaccinazione terapeutica è una strategia innovativa, che punta a «educare» il sistema immunitario della persona infetta a reagire contro il virus. Purtroppo questo è un vaccino terapeutico: ad oggi non esiste un vaccino profilattico che possa evitare il contagio dell’HIV.
È come se, spiega Palma, «il vaccino congelasse il virus Hiv, impedendogli di replicarsi». Un’analoga azione è svolta dagli attuali farmaci antiretrovirali, cui la vita delle persone con Hiv è legata a doppio filo, ma con una differenza fondamentale: «Mentre il farmaco agisce direttamente sul virus, impedendogli appunto di replicarsi – spiega Palma -, il vaccino agisce sul sistema immunitario, educandolo a controllare il virus Hiv, con lo stesso risultato di impedirgli di riprodursi. In questo modo, in futuro, si potrà rendere possibile la sospensione dell’assunzione dei farmaci, prima per periodi limitati e poi, si spera, per sempre». Un vantaggio non da poco considerando che, sottolinea, «molti adolescenti con Hiv difficilmente continuano a prendere regolarmente i farmaci, con un rischio elevato che la malattia diventi conclamata». Un passo fondamentale per cercare di ridurre l’uso delle terapie antiretrovirali, molto efficaci nel tenere sotto controllo il virus ma che rischiano di causare tossicità nel lungo termine.
La sperimentazione è stata condotta senza contributi da parte delle case farmaceutiche e i risultati sono pubblicati sulla rivista open source Plos One, per permettere a ricercatori di ogni Paese di accedere ai risultati della ricerca e magari proseguirne la strada.
Oggi di HIV o AIDS non se ne parla tanto, ma questo non vuol dire che il virus sia stato contenuto, gestito o eliminato! Purtroppo succede il contrario; fino a oggi sono stati scoperti più di 60 diversi ceppi epidemici di HIV-1 in tutto il mondo, ma notizia di questi giorni, è stato scoperto un nuovo ceppo molto aggressivo, in grado di favorire lo sviluppo dell’Aids in tempi decisamente più brevi rispetto agli altri: si parla di circa cinque anni.
Al momento, il nuovo ceppo è stato identificato soltanto in Africa occidentale, tuttavia altri studi hanno dimostrato che la diffusione globale di diversi ricombinanti è in aumento. Il problema principale che interviene nella diffusione di questi nuovi ceppi è l’immigrazione, che in Paesi come gli Stati Uniti e l’Europa è in continuo costante aumento. La tendenza è dunque verso una sempre più mista e complessa flora di HIV, a differenza di ciò che accadeva all’inizio dell’epidemia, quando padroneggiavano un piccolo numero di varianti non-ricombinanti del virus: questo è uno dei motivi per cui, secondo gli scienziati, è bene non abbassare la guardia.
Giuseppe Ippolito dal 1998 direttore scientifico dell’Istituto nazionale per la malattie infettive “Lazzaro Spallanzani” lancia l’allarme. “La guardia si è abbassata perché si pensa che i farmaci guariscano dalla malattia. Ma non è così”.“Il vero rischio oggi è per i giovani uomini che fanno sesso con altri uomini”. Preservativo e test le due armi per fermare la crescita dei contagi.
Domenica 1° dicembre la Giornata mondiale contro l’Aids, malattia che dal 1981 ha ucciso oltre 25 milioni di persone, diventando una delle epidemie più distruttive che la storia ricordi. Quest’anno lo slogan è «no alle discriminazioni». «Per la prima volta possiamo vedere la fine dell’epidemia, possiamo dire che siamo iniziando a controllare la malattia – ha affermato Michel Sidibè, direttore di UnAids, organizzazione delle Nazioni Unite che si occupa della lotta all’Aids -. Eppure lo stigma, i pregiudizi, l’emarginazione dei malati sono ancora tra noi».
In occasione della Giornata mondiale di lotta contro l’Aids, domenica gli esperti del telefono verde Aids e Ist (infezioni sessualmente trasmesse) del Ministero della Salute saranno a disposizione dei cittadini dalle ore 10.00 alle ore 18.00 per rispondere a quesiti, chiarire dubbi e fornire indicazioni in merito ai centri diagnostico-clinici e alle organizzazioni non governative che si occupano di Hiv, Aids e Ist. Il numero è 800.861.061 e funziona in quattro lingue (italiano, inglese, francese e portoghese). È prevista, inoltre, la presenza di un esperto consulente in materia legale.
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